recensione diGiovanni Dall'Orto
Ruby Red (Marc Almond, 1986)
Nonostante nei primissimi anni Ottanta Marc Almond fosse una delle persone più notoriamente omosessuali al mondo (il suo modo di presentarsi, da vera flaming queen, lasciava pochissimi dubbi a chicchessia), la sua strategia di marketing ha sempre evitato le dichiarazioni troppo aperte, alla Bronski Beat.
Almond ha semmai privilegiato nelle sue canzoni un approccio più alla don't ask, don't tell, evitando le prese di posizione più militanti, ma ficcandoci sempre dentro qualche elemento, qualche richiamo, qualche allusione più o meno sfacciata che strizzasse l'occhio all'interpretazione gay.
Oggi può forse apparire strano, ma questa strategia funzionava, dato che il mercato discografico offriva talmente poco e talmente di rado, nel campo glbt, che anche queste piccole allusioni venivano tesaurizzate ed apprezzate come se fossero grosse novità. Figuriamoci poi nei videoclip, che all'epoca erano ancora impantanati a scontrarsi con la bigotteria del medium televisivo.
E a dire il vero il gioco della decrittazione delle allusioni nelle canzoni di Almond era tanto diffuso all'epoca che mi ricordo che si diceva in giro che questa canzone parlasse in realtà, sotto metafora, del fisting... ("Era il gioiello più prezioso / che io potessi darti. / Colorami di rosso quando mi sento blu/triste").
Il clip per "Ruby red" ("Rosso rubino", una delle migliori canzoni di Almond) non fa eccezione, rispetto a questa strategia.
Girato interamente sotto un filtro rosso e popolato di diavolacci e diavoletti rossi, affastella una serie d'immagini che tendono ancora a seguire pedissequamente il testo, trasponendolo in immagini, com'era di moda alle origini del videoclip (per esempio, se il testo dice che il cuore della persona amata era "rosso come la fiammata dalla pistola d'un killer"; ecco che ci viene mostrata diligentemente una pistola, e lo sparo).
Ciò toglie una coerenza narrativa propria al filmato, dato che il testo procede per accumulazione d'immagini poetiche e metafore.
Anche così, comunque, l'allusioncina non ci scappa. Che ci fa il bel marinaio in canottiera sul letto, che si disegna "ODIO" e "AMORE" sulle nocche, come i pregiudicati, mentre a pochi metri di distanza Almond canta d'amore accanto a un vistoso lampione, come una falena notturna?
Ci fa quel che io e voi abbiamo pensato: allude. Ma senza mostrare, senza dichiarare. Così come altri dettagli nel clip, pensati per essere decrittati in modo diverso, e allusivo, dagli spettatori gay.
Fra tutti i videoclip dell'epoca con allusioni gay, questo è quello che maggiormente si avvicina all'universo d'immagini di Pink Narcissus, film che peraltro all'epoca non aveva ancora raggiunto lo status di cult di cui gode oggi. Potrebbe quindi anche essere più un caso di "evoluzione parallela" che di citazione deliberata di James Bidgood.
Da parte sua, il testo della canzone (peraltro di buon livello) contiene allusioni che, se si vuole, sono chiaramente leggibili in chiave omosessuale (per esempio, il rimprovero verso la persona amata di aver picchiato l'io narrante fino a farlo diventare "black and blue", ovvero coperto di lividi, non si applica certo a una gentile signorina, casommai a un tamarro maschilista come il marinaio nel letto: fa parte di un certo immaginario omoerotico che non disdegna l'S&M).
Resta in ogni caso il fatto che se è difficile considerare questo come un vero e proprio videoclip a tematica gay, la sua estetica strizza l'occhio alla sensibilità gay (ovviamente a quella camp) in modo assolutamente sfacciato.