recensione diGiovanni Dall'Orto
Roma criminale [2005]. Quando i gay sono vittime, o carnefici.
Ecco un altro volume che, partendo da casi di cronaca nera avvenuti in una città, diventano occasioni per descrivere frammenti e momenti di storia italiana.
In questo libro su Roma lo spunto di partenza diviene talmente vasto che vi sono trattati perfino casi di terrorismo negli "anni di piombo".
Il libro è piuttosto voluminoso e spazia dagli anni post-Unità alla cronaca recente.
Inaspettatamente, gli autori hanno un'ottica di sinistra, e non esitano quindi a sollevare il velo sui torbidi intrecci fra criminalità comune, estremismo neofascista e servizi segreti cosiddetti "deviati" che caratterizzarono gli anni della "strategia della tensione".
Quest'intreccio emerge, a detta degli autori, anche nel caso del celebre delitto di cui fu vittima nel 1975 Pierpaolo Pasolini (pp. 230-248).
Ed emerge anche grazie all'intervista concessa nel 2005 da Pino Pelosi, l'ex minorenne condannato per l'omicidio, che a sorpresa dichiarò che non era stato lui a uccidere Pasolini, ma altre due persone, e di essersi addossato la colpa per la certezza che altrimenti avrebbe fatto la stessa fine dello scrittore.
Gli autori conseguentemente riprendono la tesi del movente politico nell'omicidio Pasolini, individuando i veri assassini nell'ambiente a cavallo fra criminalità comune ed estremismo neofascista di cui ho appena detto. Che forse intendevano solo "dare una bella lezione" al "frocio comunista", ma che una volta "scappatoci il morto" non esitarono a costringere il minorenne ad addossarsi l'intera colpa.
Gli autori riassumono in modo esaustivo le risultanze delle indagini, permettendo al lettore di farsi a sua volta un'idea sullo svolgimento dei fatti, non obbligatoriamente coincidente con la loro.
In questo capitolo sorprende anche l'ottima conoscenza da parte degli autori del dibattito interno al movimento gay italiano sul delitto Pasolini, cosa del tutto insolita fra i giornalisti italiani.
========
L'omosessualità riappare ancora ampiamente alle pp. 362-379, nelle quali vengono trattati alla rinfusa atti di molestia, corruzione, stupro e violenze (fino all'assassinio) di bambine e bambini.
Anche qua gli autori si dimostrano correttissimi, astenendosi dal parallelo abituale fra gli scrittori di destra, secondo cui "pedofili = omosessuali". E qui gli assassini sono assassini, e basta.
Si parte dall'omicidio di Luca Amorese (9 anni, ucciso nel 1994 dai "mostri del Quadraro" in un contesto di degrado umano allucinante, con tanto di padre-padrone che violentava i figli e li costringeva a rendersi complici dei suoi reati (pp. 363-366).
Gli autori annotano in margine come Mario Gargiulo, uno dei figli violentati/complici, condannato, in carcere avesse iniziato un relazione con un altro omicida, Tullio Brigida.
Segue infine il caso dell'ex poliziotto Francesco Marino (pp. 368-371), corruttore seriale di minorenni (peraltro "in maggioranza ragazzi di sedici o diciassette anni"), indotti a prostituirsi facendo leva sul soddisfacimento dei desideri di beni materiali della "società dei consumi".
===========
Il caso successivo (pp. 373-379) è quello di Domenico Semeraro, reso celebre dal film del 2002, L'imbalsamatore, ispirato a questa vicenda.
Semeraro fu ucciso dal suo amante Armando Lovaglio, che era stato assunto nel suo laboratorio di tassidermia, e che riuscì a trovare solo questo metodo di violenza estrema per porre fine alla mistura di blandizie, minacce, ricatti e corruzione con cui Semeraro intendeva impedirgli di proseguire una relazione con una ragazza.
Ulteriori cenni all'omosessualità appaiono alle pp. 396-397 (riporta la tesi del romanzo di Massimo Lacchei, che sosteneva ci fosse una motivazione omosessuale alla base del delitto che coinvolse Alois Estermann e Cédric Tornay, guardie svizzere in Vaticano), e 113.
Un libro apprezzabile per il modo obiettivo con cui tratta la realtà omosessuale, specie tenendo conto di quanto sarebbe stato facile scivolare nell'usuale confusione tra omosessualità e crimine.