recensione diGiovanni Dall'Orto
Omosessualità (1958). Un bizzarro ma anche interessante pamphlet sul "terzo sesso"
L'ingegnere Gino Olivari fu un curioso ma anche generoso personaggio che, garantatosi l'agiatezza con una serie di brevetti nel campo automobilistico per la Maserati e ritiratosi in pensione, si trovò per caso e addirittura controvoglia coinvolto in una crociata personale per la difesa delle persone omosessuali, nonostante lui stesso non fosse gay.
Purtroppo, alla base della sua battaglia egli pose improvvidamente il ripescaggio delle teorie, ormai superate, che volevano che quella omosessuale fosse una condizione fisiologica, intermedia fra quella maschile e quella femminile (un "terzo sesso", insomma).
Essendo a suo dire una condizione che non dipendeva dalla volontà dell'individuo, ma solo dalla fisiologia, Olivari ne concludeva che non aveva senso perseguitare le persone che si trovavano in tale condizione.
Nel corso degli anni il nostro ingegnere seguì e consolò decine e forse centinaia di omosessuali che si rivolgevano a lui come unica persona disposta ad ascoltarli, nonostante certi suoi bizzarri tentativi di renderli almeno funzionalmente eterosessuali attraverso caserecce pratiche di autosuggestione ed autoconvincimento (lo aveva molto impressionato la teoria dei "riflessi condizionati" di Pavlov e s'industriò di trarne profitto per "ricondizionare" le checche vergonose).
Ho conosciuto di persona Oliari, la cui sincerità era totale, al punto da impedirgli di capire perché mai il neonato movimento gay (Mario Mieli in prima fila) avesse preso di mira con tanto accanimento lui, la sua "pietà", la sua comprensione verso la condizione anormale degli omosessuali, i suoi goffi e pasticciati tentativi di aiutarli a "cambiare"...
Il suo era il classico caso di via dell'Inferno lastricata di buone intenzioni.
Eppure, la sua disarmante sincerità, la sua bontà di fondo, fecero sì che fino alla fine della sua vita avesse attorno a sé una cerchia di frequentatori ed anche amici gay, nonostante non fosse cambiato di una virgola il giudizio negativo sulle sue bizzarre teorizzazioni.
Che Olivari si premurò di tramandare in questo libro, che fu stampato a proprie spese e personalmente distribuito alle principali biblioteche italiane affinché chi ne avesse bisogno potesse leggerlo.
(Nota: alla morte di Olivari, per sua volontà la sua biblioteca fu donata dagli eredi al Centro d'Iniziativa Gay di Milano (di cui all'epoca ero presidente) e si trova tuttora lì).
Paradossalmente questo libro, che dal punto di vista scientifico nacque vecchio e superato già al momento di andare in stampa, oggi riveste un interesse storico, grazie al materiale documentario (come lettere e memoriali) relativo alla condizione omosessuale dell'Italia del primo dopoguerra, coscienziosamente registrato e classificato dall'alacre ingegnere automobilistico.
Sono voci di persone sofferenti, sole, isolate, senza alcun punto di riferimento, per le quali la mano tesa del buon Gino era un faro nella notte.
La sua opera riviste quindi a mio parere un notevole, quanto involontario, valore storico sulla condizione umana dei gay di quell'epoca.