L'onanismo del signor Tissot

28 aprile 2005

Letto nella riedizione Paris, Le sycomor, 1980.


Il titolo della prima edizione italiana suona oggi involontariamente comico visto che sembra attribuire proprio all'autore del trattato quella pratica sessuale che egli si sforza con grande serietà di descrivere come una delle più pericolose malattie che possano colpire l'uomo. Tissot è convintissimo: nell'introduzione all'edizione del 1760 giustifica la scelta di tradurre in francese il suo trattato, pubblicato l'anno prima in latino, con la persuasione che questo suo libro sarà di grande utilità per l'umanità.

Come dargli torto, visto che riteneva la masturbazione una malattia spesso letale? E infatti le pagine successive sono a dir poco funeree e i morti per eccesso di masturbazione, tra i casi clinici che rievoca, non si contano.


I motivi di interesse di questo testo sono molteplici, senza contare il fatto che di tutti i trattati sull'argomento fu quello che godette di maggior fortuna, anche perché quando lo scrisse Tissot era già un medico noto. In tutta Europa il trattato conobbe infatti decine di edizioni e anche in Italia è stato ristampato numerose volte per tutto l''800 e ancora all'inizio del '900. Certo ormai era divenuto solo una curiosità, ma in fondo è proprio la sua ampia circolazione a livello popolare che conta forse anche più della sua credibilità scientifica, che ebbe vita corta: nel giro di vent'anni le teorie mediche (e le terapie) sarebbero cambiate radicalmente, ma non sarebbe certo cambiata la convinzione della gravità della masturbazione, cui Tissot diede il suo contributo tutt'altro che indifferente (per un inquadramento storico più approfondito del testo, della sua accoglienza nella comunità scientifica e del suo successo popolare rimando alla ricerca di Laqueur, Solitary Sex, o alla più sintetica prefazione all'edizione che citiamo, scritta da Théodore Tarczylo; per un parere contrario si veda invece la recensione di Giovanni Dall'Orto in questo stesso sito).


Anzitutto Tissot prende le distanze dal testo più importante scritto sull'argomento fino ad allora, opera di un quacchero e pubblicato anonimo nel 1712 con il titolo Onania. Lo liquida infatti senza troppi complimenti come "l'ouvrage le plus indigeste qui se soit écrit deupis longtemp", utile solo per i casi descritti, mentre il resto sono solo "trivialités théologiques et morales" (p. 39). Più avanti ribadirà il concetto sostenendo che per spiegare i danni della masturbazione non occorre tirare in ballo argomenti metafisici perché "sono sufficienti le leggi della meccanica del corpo e della sua unione con l'anima" (p. 72). Un riflesso significativo del percorso che la medicina moderna sta compiendo per rivendicare la propria competenza su soggetti prima affidati alle cure dei pastori d'anime.


Quello che conta, sostiene insomma Tissot, non è il peccato ma la malattia, che tuttavia non è solo malattia del corpo (e Tissot descrive con dovizia di particolari tutte le malattie a suo dire connesse alla masturbazione) ma anche della mente: infatti a risultare dannose sono tutte le pratiche sessuali non stimolate dalla natura. E parlando di natura Tissot non fa riferimento alla finalità procreativa (data per scontata), ma a precise cause fisiologiche: cioè il riempimento delle "vésicules séminales" (p. 72) che necessitano di essere svuotate.

Secondo Tissot si può fare sesso solo per due motivi: o perché il corpo ci avverte che è tempo di "svuotarsi" (quindi alla fine è il maschio a stabilire i tempi del rapporto!) o perché si cede allo stimolo dell'immaginazione, che produce abitudine dannosa.

L'idea che l'immaginazione produca malattia (idea di lunga fortuna, in forme diverse) testimonia di un tentativo di spingere la medicalizzazione ben al di là della semplice cura del corpo (a dispetto delle prese di distanza da Onania), mentre la connessione tra sesso e pura meccanica fisiologica spinge nella risaputa direzione di un controllo (e di un repressione) del piacere, giustificabile solo se c'è amore (e ovviamente l'amore si può avere solo tra un uomo e una donna) perché allora l'amore restituisce al corpo quelle energie e quelle forze vitali che perde ad ogni rapporto. Viceversa tutti gli atti sessuali compiuti senza amore un po' alla volta debilitano il corpo e lo consumano, fino a condurre alla morte.


In questi anni si va anche fissando l'idea che masturbazione e omosessualità siano intimamente collegate. Tale legame in Tissot è solo abbozzato, ma proprio per questo motivo le pagine che gli dedica sono particolarmente interessanti.

Se ne trova confusa traccia nel capitoletto dedicato alla masturbazione femminile. La premessa è che la masturbazione provoca indifferenza per l'altro sesso (soprattutto nel caso delle donne) e quindi per la normale sessualità matrimoniale (p. 53). Nella pagina successiva Tissot tenta di accostare più esplicitamente lesbismo e masturbazione definendole due forme di sozzura, rispettivamente "clitoridienne" e "manuelle" (p. 54). Richiama quindi il modello di Saffo e dell'antica Roma, deposito di tutte le possibili degenerazioni, per tirare poi in ballo le donne che la natura ha reso simili a uomini "creando la chimera dell'ermafroditismo". Passa infine a trattare della passione e della gelosia di cui sono capaci le lesbiche, che sarebbe anche maggiore di quella di cui danno prova le donne eterosessuali.

A questo punto, temendo forse di eccedere su questioni anche più scabrose della masturbazione stessa, o comprendendo che il discorso si andava facendo confuso con questa sovrapposizione approssimativa di masturbazione, lesbismo, ermafroditismo e ninfomania (termine ancora da inventare), Tissot taglia corto e interrompe in modo improvviso: "ils est temps de finir de si tristes détails" (p. 55). Passa così all'ultimo capitolo, quelle delle cure possibili (aria aperta, alimentazione sana, ecc.). Ci penseranno i suoi colleghi del secolo successivo ad approfondire la questione.

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Altre recensioni per Onanismo del signor Tissot, L'

titoloautorevotodata
Dell'onanismo [1760]. Mitico testo "genialoide" sui danni della masturbazioneGiovanni Dall'Orto
29/04/2005

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