recensione diGiovanni Dall'Orto
All'amico che non mi ha salvato la vita [1989]
L'"amico" del titolo è Michel Foucault, lo storico e "tuttologo" (gay velato) morto in segreto di Aids, e presente nel libro con il falso nome "Muzil".
Si legge qui un centinaio di "fogli sparsi" di diario, in ordine non cronologico, che percorrono avanti e indietro nel tempo i timori e le speranze d'un giovane scrittore omosessuale che scopre di avere contratto l'Aids.
Hervé Guibert riesce a dosare bene gli stati d'animo, alterando le paure e i timori alle speranza (specie quella, falsa, che lo prese quando il dottor Salck (qui descritto col nome di Mockney) promise un "vaccino" che avrebbe "curato" l'Aids).
Il mestiere letterario di Guibert è sicuro (e forse troppo: egli non cala mai la guardia e non cessa mai di "fare letteratura") e sono quindi sempre gradevoli i ritratti degli amici e dei conoscenti (anche omosessuali) che popolano queste pagine.
Ampio spazio è dedicato all'amicizia con "Muzil"/Foucault e alla sua malattia (fatale).
La rabbia che sarebbe emersa nei suoi libri successivi qui non è ancora apparsa: tutto è più soffuso, civile, tranquillo, al punto che Guibert può ancora permettersi il lusso di "fare letteratura" finanche sull'Aids, "malattia che dava il tempo di morire e che dava alla morte il tempo di vivere, il tempo di scoprire il tempo e di scoprire finalmente la vita" (p. 136).
Prosecuzione di questo libro è Le regole della pietà.