recensione diGiovanni Dall'Orto
Wilhelm von Gloeden. Travestimenti, ritratti, tableaux vivants
Finalmente uno storico italiano della fotografia affronta Gloeden senza preconcetti e senza cercare di nascondere sotto il tappeto il fatto che la sua opera appartenne, anche, alla cultura omosessuale di fine Ottocento e inizio Novecento.
Questo libriccino (in-ottavo) è più un saggio illustrato che (l'ennesima) antologia d'immagini: testo e foto si dividono a metà lo spazio. L'autrice fornisce sia una biografia che un agile riassunto della fortuna critica di questo fotografo in Italia e all'estero.
L'opera interessa quindi soprattutto a chi desideri leggere una biografica critico-artistica che superi una buona volta le favole diffuse dal romanzone di Peyrefitte, magari a integrazione del meraviglioso saggio di Mario Bolognari, che ha un taglio storico-antropologico e non biografico-artistico.
L'opera di Perna aggiorna di almeno tre decenni quanto disponibile in italiano sulle vicende biografiche e critiche di Gloeden, svecchiando drasticamente la conoscenza disponibile nella nostra lingua, ed aggiungendo materiale inedito frutto della ricerca originale dell'autrice. La quale per eccesso di modestia non valorizza appieno, segnalandoli come tali, i suoi contributi originali, che il lettore non a conoscenza della letteratura esistente può essere portato a non riconoscere, ma che esistono e sono numerosi: cito fra tutti il testo della sentenza definitiva d'assoluzione dell'erede di Gloeden, Pancrazio Buciunì, qui pubblicata per la prima volta, dimostrando come quella circolata fino ad oggi fosse in realtà la sentenza di primo grado.
Molte sono le lacune riempite da Perna nelle conoscenze (approssimative e spesso intenzionalmente mistificanti) circolate fino ad oggi, con un amorevole lavoro filologico di particolare importanza e interesse, anche se inevitabilmente destinato a sfuggire al lettore non pienamente addentro nel tema.
Si aggiunga il fatto che l'aspetto iconografico non è per niente secondario, dato che Perna ha cercato di proporre immagini per quanto possibile inedite: cosa non facile per un autore, come Gloeden, su cui il mercato ha già proposto letteralmente decine di edizioni, ma in buona parte riuscita, restando alla larga dalle paludi del "visto e stravisto".
La stampa (monocroma in bianco e nero, ma su carta patinata) e la qualità delle riproduzioni sono adeguate al livello d'un libro fotografico a prezzo economico (€ 19) e sono più che all'altezza del tipo di proposta editoriale scelta.
Lodevole l'attenzione (ormai imprescindibile per qualsiasi lavoro che voglia avere, come questo, un approccio filologico) prestata nel riportare sempre il numero di catalogo laddove presente sul retro delle foto, ed anche la competenza che ha permesso all'autrice di non sbagliare neppure un'attribuzione: qui tutte le foto di Galdi e Plüschow sono chiaramente identificate come tali. Qui siamo ormai a ben altro livello, rispetto ad alcune cialtronate di solo un paio di decenni fa.
Il prezzo e le dimensioni contenute (109 pagine, di cui una buona metà d'immagini) fanno di quest'opera l'introduzione ideale a Gloeden ed alla sua opera, e la consiglio come tale.
Il solo limite che riesco a immaginare è che, essendo l'attenzione dell'autrice rivolta con prepotenza alla storia dell'arte, l'importanza sociale e addirittura politica che ebbe l'opera di Gloeden per l'immaginario collettivo omosessuale dell'Otto e Novecento è molto trascurata, salvo laddove abbia avuto influssi su artisti gay contemporanei come Mapplethorpe o LaChapelle, che sono peraltro discussi apertamente e senza nessun falso pudore. Non si tratta quindi di censura, come nelle opere precedenti di autori italiani (quasi "mitica" resta la devastante omofobia dell'edizione Longanesi del 1980), bensì di focalizzazione, purtroppo necessaria in un libro di dimensioni tanto contenute.
Resta comunque il fatto che è un peccato che un'autrice dall'approccio tanto rilassato all'ottica gay nell'arte non abbia avuto lo spazio per approfondirne l'importanza in Gloeden: di sicuro avrebbe avuto da dare un contributo interessante. Un contributo che, purtroppo, nella critica d'arte italiana continua a mancare, con la sola eccezione del lavoro di Eugenio Viola.