Correva l’anno 1956 durante l’edizione annuale della Fiera d’Arte di via Margotta a Roma un giovane esponeva i suoi quadri. Era biondo, molto effemminato e vestito in stile post-esistenzialista. Si avvicina una signora che sussurra all’accompagnatore: “E’ una donna vestita da uomo o un uomo vestito da donna?”.
Il biondino ricorderà, nelle sue memorie edite da Sperling & Kupfer ed intitolate La mia vita scandalosa, che udendo la domanda disse rivolto all’uomo “Perché non consiglia alla signora di optare per una terza e più esatta soluzione per i suoi dubbi?”. E continuò così: non sono “né una donna vestita da uomo, né un uomo vestito da donna. Ma molto più semplicemente un frocio vestito da frocio!”.
Folle? Forse, ma certe curiosità morbose meritano risposte di questo tipo. Oppure no?
In quegli anni al passaggio dell’artista nelle vie “meno tolleranti” della capitale “si levavano” esclamazioni “di benevolo interesse” ed era apostrofato, come lui stesso ricorda, con dei ‘simpatici’ “Ah, frocio!…’”.
Non erano molto benevoli ma lui “con flemmatica noncuranza” si avvicinava al gruppetto di bulli che lo aveva insultato e “gentilmente” chiedeva: “In cosa posso esservi utile?”. Presi alla sprovvista dalla inaspettata reazione i giovani rispondevano confusi “Noi nulla. Perché?”. E lui deciso “Perché mi avete chiamato?” E loro sempre più confusi ribattevano “Ma no guarda che ti sbagli”. Ma il nostro omosessuale non demordeva: “Sì che mi avete chiamato. Avete gridato frocio! Io sono frocio, dunque mi avete chiamato”. Le reazioni dei giovani erano solitamente balbettii, arrossamento delle gote, confusione, occhi bassi e sicuramente una voglia inespressa di sprofondare sotto terra. Quanti di noi si comportano come questi bulli quando sono presi in giro?
Non siete ancora riusciti a riconoscerlo? Vi do una mano non sto parlando di Palo Poli, il famoso attore teatrale gay, anch’egli dichiaratosi negli anni cinquanta.
Nel 1959 il nostro omosessuale resosi conto che scandalizzare l’opinione pubblica dichiarando le proprie inclinazioni sessuali poteva rendere molto di più della pitture decise di pubblicare alcuni libri sui gay e la loro vita. Lo scandalo era così assicurato.
Nel 1959 pubblicò Roma Capovolta una vicenda, come dice la copertina, “vissuta nell’assurdo mondo del ‘terzo sesso’. Il testo autobiografico, che racconta le sue folli scorribande nella Roma della cafè-society e gli amori del biondino, è stato ‘regolarmente’ “sequestrato processato e condannato al rogo – dalla polizia - con l’accusa di propagare idee contrarie alla pubblica morale e dannose per il costume”. Inutile dire che Roma capovolta face parlare tutti i giornali scandalistici e consacrò quello che ormai era considerato l’omosessuale più famoso d’Italia. Per gli altri omosessuali che vivevano una condizione decisamente più sofferta il nostro gay dichiarato era un punto di riferimento anche se purtroppo pochi riuscirono a leggere i suoi testi che attualmente sono un’irrinunciabile raccolta di dati storici.
Oltre a questo testo pubblicò Meglio l’uovo oggi in cui accenna con coraggio all’omosessualità di re Umberto II e Roma Erotica entrambi sequestrati poco dopo la loro uscita nelle librerie.
Ma non si fermò qui. Gestì più di un locale fashion, inspirò Fellini facendo il bagno nella fontana di Piazza di Spagna prima di Anita Edgberg??? ed ebbe una parte, quella dell’omosessuale nel film affresco di Fellini La dolce vita. Non lo ricordate ancora?
Diva? Lui era molto di più. Nel 1961 fu interrogato dalla magistratura nell’ambito dello scandalo dei “Balletti verdi”, un’inchiesta che vide coinvolti 187 omosessuali che vivevano nel silenzio la loro condizione e che non avevano fatto nulla di criminale se non amare altri uomini durante alcune festicciole organizzate in case private. Si presentò in pretura vestito da donna a lutto sferruzzando un gomitolo di lana nera. Tutto questo “in sdegno alla magistratura” dice.
Sul finire degli anni sessanta divenne collaboratore di un giornale scandalistico etero Men, che di scandalistico mostrava soltanto alcune donne in costume da bagno, nel quale rispondeva alle lettere dei lettori omosessuali in una rubrica che chiamava Il salotto di Oscar Wilde. Eccovi in esclusiva un esempio della nutrita corrispondenza. “Siamo quattro studenti…e alcune sere fa…dopo esserci trattenuti a lungo a discutere su di un articolo di Men sull’omosessualità…stranamente eccitati…siamo andati nella camera di un nostro collega notoriamente omosessuale…A un certo punto uno di noi cacciò fuori il membro…l’eccitazione dilagò fra noi…il timore e il ritegno erano spariti…Ora vogliamo sapere se anche noi stiamo diventando omosessuali”. La sua risposta è esplosiva: vi sembra “indispensabile una mia risposta per farvi serenamente digerire i vostri atavici stimoli”? E così via…
Ma chi era mai costui impossibile non ricordarlo vero?
L’omosessuale più famoso prima del movimento gay era Giò Stajano. Purtroppo per gli omosessuali in Italia non esiste memoria storica e questo è il caso di un eroico militante da prima linea dimenticato. Oggi Giò ha settant’anni e negli anni ottanta fece l’operazione per cambiare sesso. Gli omosessuali poco attenti a tutte le diversità lo dimenticarono e lui stesso fece alcune dichiarazioni decisamente contrarie al movimento gay. E’ convinto infatti che sia necessario conquistare spazio tra gli etero e non ghettizzarsi. In effetti oggi la sua visione dell’omosessualità è un po’ invecchiata ma all’epoca fu eroico nel non nascondere nulla di sé.
Peccato, oggi ci può dare una lezione con la sua convinzione che anche nella sofferenza, quando tutta la società ti condanna, basta solo un po’ di coraggio” per essere favolosi/i. Si sbagliava?
Gio Stajano non era l’unico omosessuale dichiarato di quegli anni. Con lui c’era Alberto Arbasino che pubblicò nel 1959 L’Anonimo Lombardo, romanzo che racconta l’amore di due giovani e che è da considerarsi uno dei testi in cui si sono riconosciuti generazioni di omosessuali; Testori che fece scandalo con L’Arialda e Pasolini che subì numerosi processi per omosessualità. Di loro e di tanti altri coraggiosi parleremo in futuro nella speranza di parlare prima o poi di voi.