Fautori e garanti della prosperità hollywoodiana agli inizi degli anni Cinquanta furono gli studios e i loro proprietari, i Louis B. Mayer, gli Harry Cohn, i Darryl Zanuck. Costoro avevano tutto il potere sulle loro star pagate settimanalmente (e profumatamente!), per le quali i giornalisti scrivevano articoli che servivano da mediazione tra il "potere" e il pubblico.
I columnist più quotati avevano i nomi di Sheila Graham, Louella Parson e di Edda Hopper. Erano celebri in tutta l'America perché a loro spettava il raro privilegio d'avvicinare i divi del cinema.
I pettegolezzi che distillavano erano amabili, decentemente inquisitori e saggi rispetto alla bomba giornalistica che di lì a poco tempo sarebbe esplosa.
Nelle loro storielle inoffensive sui divi tutto è bello, tutti sono puliti e gentili.
Come si poteva immaginare che all'ombra di questo mondo idilliaco un nemico stesse per scatenare una guerra senza quartiere, approfittando dei piccoli scandali di una società all'apparenza troppo saggia e virtuosa?
Questo nemico fu Confidential, una rivista come oggi non se ne fanno più, basata sui pettegolezzi, su segreti inconfessabili e debolezze umane. Come una iena avventata su una carogna, aveva un'insaziabile appetito di scandali e un esercito d'informatori pronti a vendere in esclusiva qualsiasi notizia degna d'interesse. La grossa chance di Confidential fu quella di potersi muovere con rara intelligenza giornalistica in un terreno fertile sino ad allora inesplorato.
La forza degli studios era quella d'avere il diritto assoluto sulla vita pubblica e privata dei loro attori. Tutti, in effetti, al momento di firmate il loro contratto s'impegnavano a rispettare la clausola "di moralità" che li esponeva al licenziamento immediato in caso d'infrazione al regolamento.
Nelle sue memorie Ava Gardner ne riportò le righe salienti: "Io, m'impegno solennemente per rispetto delle convenzioni e della pubblica morale, a non commettere atti o proferire parola che potrebbe nuocere alla mia reputazione. M'impegno solennemente a non espormi al disprezzo, al rimprovero e al ridicolo, a non scioccare, insultare o offendere la comunità e a non oltraggiare in niente la morale e la buona creanza. Ugualmente, mi asterrò dagli atti che potrebbero pregiudicare la reputazione del mio produttore, del mio studio e dell'industria cinematografica in generale".
Il pubblico apprendeva dalle riviste cinematografiche le informazioni sui suoi beniamini e dietro una facciata idilliaca tutti gli attori potevano condurre la loro vita privata in piena discrezione.
Bisogna tener conto, infatti, del fatto che gli studios investivano somme immense per la "creazione" di un divo e che il minimo scandalo avrebbe nuociuto al loro "valore di mercato".
Ma Confidential si preparava a far tremare la virtuosa cittadella del cinema con la pubblicazione d'articoli sempre più indiscreti: "Ava Gardner e Lana Turner condividono lo stesso amante: Frank Sinatra", "Dan Dailey fa il travestito", "Dean Martin ama Jerry Lewis", "Marlene Dietrich ci dà dentro con le lesbiche a Parigi", "Caro Victor Mature, ricordi quella brunetta che frequentavi a Londra? Ebbene non era lei. Era un lui".
Una particolarità mal sopportata all'epoca era proprio l'omosessualità.
Quando uno scandalo minacciava un divo, il proprietario della casa cinematografica provvedeva affinché lo si vedesse con una starlette tra le braccia per tre o quattro mesi. Oppure lo si obbligava a convolare a giuste nozze con attrici segretamente lesbiche (come accadde tra Robert Taylor e Barbara Stanwyck). Si pensava in questo modo di poter rassicurare il pubblico. Così gli studios stavano tranquilli e vegliavano affinché non ci fossero intoppi.
Il primo numero di Confidential apparve nel dicembre del 1953 e non venne preso sul serio a Hollywood. Humphrey Bogart si vantava, dicendo che non aveva nessun amico o collega che lo leggesse, e che se lo si trovava per caso nella villa di una star, era perché ce lo aveva portato una domestica. Quello che dimenticava Bogart era il fatto che il pubblico amasse i pettegolezzi mostrandosi falsamente scandalizzato delle pruriginose rivelazioni sui suoi idoli. E in più quanti spunti per le chiacchiere tra amici!
Gli articoli e le foto pubblicate non erano di gusto squisito.
Un malessere incominciò così a espandersi nella comunità hollywoodiana. Coloro che non avevano niente da rimproverarsi incominciarono ad essere insicuri e ad aver paura nel rivelare involontariamente qualcosa che avrebbe potuto metterli alla berlina. La celebrità non bastava più a metterli al riparo.
Sin dall'inizio, la forza di Confidential consisteva nel lavorare su materiale "reale".
Molte storie e leggende s'erano diffuse da anni nell'ambiente dello spettacolo hollywoodiano ma a nessuno era mai venuto in mente di controllarne la veridicità e pubblicarle.
Confidential non aveva che da tendere le orecchie e poi divulgare le vicende un poco "gonfiate".
Robert Mitchum era il genere di personaggio che prestava facilmente il fianco a questo genere di storie. Lo scandalo non lo infastidiva in nessun modo. Lui stesso era conscio della sua pessima reputazione.
Fu lui che raccontò all'epoca la seguente storia a un addetto stampa della "Columbia Pictures".
Un giorno, Charles Laughton, famoso attore e regista omosessuale, con il produttore Paul Gregory, anche lui omosessuale, si presentarono a Robert Mitchum per offrirgli un ruolo nel film La notte del cacciatore.
Discutendo durante il pranzo, a un certo punto Mitchum, completamente ubriaco, considerando i due gay che gli stavano davanti, estrasse il suo pene, lo appoggiò sul piatto e lo cosparse di ketchup. Indirizzandosi poi verso i due uomini stupefatti domandò a quale dei due sarebbe piaciuto ingoiarlo per primo. Poi uscì e vomitò tutto ciò che aveva mangiato sulla loro Cadillac.
Un mese dopo Confidential riprese l'informazione, abbastanza manomessa e censurata. Scrissero che Mitchum s'era recato ad un party completamente nudo e cosparso di ketchup. Ma la notizia era ugualmente tanto cruda da essere fin troppo spinta persino per una rivista come Confidential.
Ma come poté nascere una pubblicazione così ben documentata come Confidential?
Il suo fondatore fu un giornalista newyorkese, Robert Harrison, che nel 1952 aprì un ufficio a Hollywood, alla testa del quale mise una sua nipote.
Harrison frequentava i night club, viveva con una stripteaseuse e si dilettava in scandali. Contattò il detective privato Fred Otash, il quale accettò d'essere l'informatore capo di Confidential.
Otash diventò presto celebre per i suoi metodi: intercettazioni telefoniche, pedinamenti, registrazioni magnetiche, telecamere nascoste. "Non c'era bisogno d'inventare storie" dice oggi Fred Otash, "perché c'erano già! Bastava soltanto elaborarle un po'".
Confidential disponeva di una rete d'informatori fin nell'interno degli studios e non lesinava né sul tempo né sul danaro per avere notizie "piccanti".
Nel 1955, Confidential si preparò a rivelare che Rock Hudson, il più grande divo campione d'incassi di quei giorni, era gay.
Per la "Universal" poteva essere una catastrofe. Senza esitare lo studio prese contatto con il redattore capo di Confidentíal offrendogli 10.000 dollari per il suo silenzio. Siccome la somma sembrò insufficiente, la "Universal" gli offrì spontaneamente anche un'altra storia scottante su un altro dei suoi divi più celebri se si fosse accettato il silenzio su Rock Hudson.
La moneta di scambio fu Rory Calhoun, che guarda caso era rappresentato dallo stesso agente di Hudson: il famigerato gay Henry Willson. Calhoun da adolescente aveva avuto dei guai con la legge e aveva trascorso anche dei periodi in prigione. Il pericolo per Rock Hudson era comunque sempre presente e perciò fu urgentemente maritato con Phyllis Gates, la segretaria del suo agente.
Tutto ciò accadde nel novembre 1955.
Ma nel frattempo un'altra star era stata letteralmente linciata su Confidential, perché omosessuale, sul numero di settembre. Una specie di "ciclone scandalistico" rovinò la vita e la carriera dell'attore Tab Hunter. La sua immagine di "celibe coriaceo" e di "fidanzatino di tutte le ragazze d'America" crollò a causa di un articolo dal titolo: "Accusa di condotta disordinata a carico di Tab Hunter".
La velenosissima rivista raccontava di come Tab fosse il frutto di una laboriosa costruzione pubblicitaria ad opera dell'agente Henry Willson e di come in realtà l'attore fosse un "abbietto". Come prova veniva allegato l'estratto di un verbale della polizia di Los Angeles. Vi era descritto come il diciannovenne Arthur Gelien, futuro divo ma all'epoca disoccupato con soli 20 centesimi in tasca, fosse stato arrestato la notte del 14 ottobre 1950 insieme con altri 26 ragazzi "dal polso molle" durante un pigiama party in un'abitazione privata.
Tab Hunter se la cavò, nel processo per direttissima effettuatosi nel 1951, grazie all'indulgenza del giudice, con un'ammenda di 50 dollari e di 30 giorni di cella con la condizionale perché incensurato. Tutti gli altri partecipanti alla festicciola furono "schedati". Erano in maggioranza studenti, rappresentanti di commercio e comparse cinematografiche. Eppure il nome di nessuno di loro veniva fornito, nemmeno quello del proprietario dell'appartamento, e ciò risulta abbastanza sospetto.
La verità è che Confidential pubblicava notizie stravolte ma con pur sempre un fondo di "verità".
Se Tab Hunter si fosse infuriato per questa notizia trapelata, c'era da essere certi che Confidential avrebbe rivelato altre storie ancor più piccanti sul divo. Per esempio furono ritrovate foto porno gay in cui forse appariva il bellissimo Tab Hunter agli esordi hollywoodiani... ma non vennero mai pubblicate neppure da Confidential.
L'esistenza di queste foto non è leggendaria: io stesso sono riuscito a procurarmene un paio a Hollywood.
Ancor oggi non si sa per nascondere quale altro divo si sia sacrificata la "stella" di Tab Hunter. Per salvare dallo scandalo Danny Kaye, Van Johnson o Marlon Brando? Oppure Montgomery Clift o Anthony Perkins?
Si poteva essere certi del fatto che Bob Harrison fosse in possesso di una verità ben più scandalosa della mezza menzogna che aveva scritto. Ammettiamo, ad esempio, che avesse pubblicato la storia dell'attore XY la cui moglie era stata sorpresa in un corridoio a baciare il cantante ZV. E che fosse una calunnia. Con novanta probabilità su cento la calunnia avrebbe significato che la persona sorpresa a baciare il cantante ZV non era la moglie dell'attore, ma lo stesso attore XY! Di qui nasceva il ricatto. Se l'attore avesse protestato o querelato, Harrison avrebbe pubblicato la cruda verità.
Sempre nel 1955 una nuova storia sensazionale non tardò ad esplodere: quella che implicava Frank Sinatra, Joe Di Maggio e la sua ex moglie Marilyn Monroe. Senza esitare Confidential pubblicò la vicenda. Lo Stato della California citò a giudizio Sinatra (che per discolparsi giurò il falso in aula) e Joe Di Maggio, entrambi accusati di violazione di domicilio, danni materiali e morali.
In questo modo la rivista si procurò due nemici pericolosi: Frank Sinatra, che non sopportava d'essere pubblicamente messo in ridicolo, e il Pubblico Ministero che ebbe il piacere di esaminare i metodi di Confidential e di trovarli più che disgustosi.
Tuttavia ciò contava poco, anche se per Sinatra l'esito fu favorevole. Tutti avevano paura di dare pubblico spettacolo in un'aula di tribunale.
Il primo che trasgredì a questa barriera della paura fu il pianista cantante Liberace. Fino ad allora era restato sordo alle insinuazioni sulla sua omosessualità. Era l'idolo delle ragazzine e se la vide brutta a Londra, quando durante un suo concerto i teddy boys si misero ad urlare: "Torna a casa frocio! Non vogliamo checche in Inghilterra!".
Quando però la rivista dichiarò a chiare lettere che lui aveva insidiato un bel giovanotto con assidue avances sessuali, la prospettiva di vedere i propri concerti boicottati o sospesi anche in U.S.A. diedero l'audacia a Liberace di citare Confidential per diffamazione.
Dei 25 milioni di dollari richiesti non ne otterrà che 40 mila. Ma la breccia era aperta e molte altre "vittime" seguirono l'esempio di Liberace.
Due altre "rivelazioni" di Confidential valsero delle grane: quella sull'attrice di colore Dorothy Dandridge, la vedette del film Carmen Jones, accusata d'essersi fatta "sbattere" (questo il vocabolo usato nell'articolo) da un musicista bianco nel bosco sul lago Tahoe, e il pettegolezzo su Maureen O'Hara, di cui si diceva che la si era vista fare l'amore con un giovanotto sulla sedia numero 35 al Grauman's Chinese Theatre di Los Angeles.
Sfortunatamente per Confidential il governatore della California aveva in simpatia la Dandridge e irritato citò a comparire la rivista per diffusione di materiale osceno. Troppo contenti per questa iniziativa, anche gli studios diedero il loro appoggio e da parte sua Dorothy Dandridge si costituì parte civile. Purtroppo la Dandridge ebbe la peggio, Confidential fu assolta perché aveva sede legale a New York, fuori dai poteri territoriali del giudice californiano.
Nel maggio 1957 però s'aprì a Los Angeles il processo ufficiale dello Stato della California contro Confidential, la quale in un primo momento non manifestò l'intenzione di difendersi.
Consigliata dai suoi avvocati, la rivista riconsiderò la sua posizione e servendosi di Fred Otash vennero chiamate a deporre tutte le celebrità. Immediatamente si scatenò il panico perché si sapeva che almeno il 99% delle storie di Confidential erano certo rielaborate ma vere. Ci fu un fuggi fuggi di portata biblica da Los Angeles, nessun divo citato dagli avvocati di Confidential si fece vivo in aula.
Dal momento in cui gli studios compresero che Confidential aveva tutte le carte a suo favore non cercarono altro che un punto debole su cui insistere.
Il processo durò cinque mesi.
Alla fine la giuria non riuscì a mettersi d'accordo sul verdetto. Furono in sette contro cinque a sfavore della rivista. La difesa la considerò una vittoria, anche se non ci fu nessuna condanna.
Malgrado questo verdetto, Confidential aveva le ore contate, a cominciare dalle perdite finanziarie dovute alle spese legali e ai risarcimenti per le sue illustri vittime, patteggiati poi in privato.
Confidential ebbe il suo colpo di grazia qualche mese più tardi. Quando fu costretta a firmare una clausola secondo la quale s'impegnava a non pubblicare più notizie sulla vita privata altrui.
Un fatto che veniva a togliere il pane di bocca a Confidential e a segnarne definitivamente il destino.