Fjòdor Mikhàjlovich Dostòevskij e il lesbismo nel romanzo Nétochka Nezvànova

30 settembre 2004, Babilonia, ottobre 1997

Fjòdor Mikhàjlovich Dostòevskij (1821-1881), fine indagatore dell'animo umano, è famoso, tra l'altro, per averci lasciato quadri mirabili della psicologia femminile.

 

Nei primi mesi del 1849 escono sulla rivista Annali patrii le prime tre parti del romanzo Nétochka Nezvànova, che rimarrà incompiuto per via dell'incarcerazione e della deportazione, a cui l'autore va incontro per aver frequentato un circolo socialista. Se la prima parte rientra nella corrente filantropica della letteratura russa, la seconda tratta un argomento alquanto insolito per la Russia ottocentesca: rappresenta vividamente un amore lesbico.

 

Si tratta certamente di un testo potente, caratterizzato dalla quella forte tensione emotiva, che costituisce uno dei tratti tipici dell'opera dostoevskijana. Se fosse stato ultimato, non sarebbe stato relegato tra le opere giovanili, come putroppo è accaduto, ma avrebbe meritato un posto di rilievo tra i romanzi maggiori.

 

Nétochka, la protagonista, che narra in prima persona, è una figura tormentata, che preannuncia le fiere donne dostoevskijane: Dùnja di Delitto e castigo, Aglàja de L'idiota, Katérina Ivànovna de I fratelli Karamàzov. Trascorre l'infanzia nella miseria, insieme alla madre tiranna e all'infelice patrigno, violinista fallito, che lei chiama padre. È interessante osservare il nome che l'autore ha dato al suo personaggio: Nétochka può ricordare "net", "no" in russo, Nezvànova può essere reso come "non chiamata". Fjòdor Mikhajlovich intende così suggerire che si tratta di un'"esclusa", di un'emarginata.

 

La piccola eroina, avendo perso i genitori, trova rifugio nella lussuosa casa di un magnanimo principe pietroburghese. Il passaggio repentino dal misero tugurio della sua infanzia al palazzo sfarzoso lascia segni profondi nella psiche della poverina: ella è sconcertata da tale splendore, tanto da distinguere a fatica il sogno dalla realtà.

Nel nuovo ambiente estraneo e indifferente, Nétochka trova un solo raggio di luce: Katja, la vispa e graziosa figlioletta del principe, di cui si invaghisce al primo sguardo.

Se Nétochka s'innamora subito, Katja all'inizio è fredda e capricciosa. Però non mostra alcuna esitazione quando il suo cuore inizia ad aprirsi. Con la maestria tipica di Dostoevskij, sono descritte le varie fasi di questo amore intenso.

 

Il primo incontro, che avviene al risveglio della protagonista dopo uno svenimento, si presenta come una visione estasiata:

 "...Avendo riaperto gli occhi, vidi il volto, piegato verso di me, di una bambina, una ragazzina della mia stessa età, e il mio primo movimento fu protendere le mani verso di lei.

Dal primo sguardo rivoltole, tutto il mio animo si colmò di felicità, come di un dolce presentimento. Immaginatevi un visino idealmente incantevole, una bellezza stupefacente, luminosa, una di quelle davanti alle quali ci si ferma di colpo, come trafitti, in un dolce turbamento, sussultando per l'entusiasmo, e alla quale si è grati perché esiste, perché su di lei è caduto il vostro sguardo, perché è passata accanto a voi...

...Ma quasi non capivo che cosa mi succedesse.Tutto in me si agitava per una percezione nuova, inspiegabile, non esagero se dico che soffrivo, mi tormentavo per questa nuova sensazione.In breve - mi si perdoni questa parola - ero innamorata della mia Katja. Sì, era amore, vero amore, amore con lacrime e gioie, amore appassionato.Che cosa mi attirava in lei? Perché comparve tale amore?

Esso si manifestò dal primo sguardo rivoltole, quando tutti i miei sensi furono dolcemente colpiti dalla visione di una bambina incantevole come un angelo".

Tipica dei personaggi dostoevskijani è la capacità di guardare dentro se stessi. Nétochka, sconcertata dalla forza di questo sentimento, cerca di analizzarlo, arrivando alla scoperta del senso estetico: l'oggetto del suo amore è un essere stupendo, estraneo al vizio e destinato alla felicità, che non può non stimolare il senso del bello.

 

Il passo successivo è costituito dalle visite notturne dell'orfanella alla principessina addormentata. La soggezione e la timidezza vengono sopraffatte dalla sensualità:

"...Ricordo che talora di notte mi svegliavo, mi alzavo dal letto e in punta di piedi andavo dalla principessina.Guardavo per ore intere l'assonnata Katja alla fioca luce del nostro lume da notte; talora mi sedevo sul suo letto, mi curvavo verso il suo volto e venivo pervasa dal suo caldo respiro.Piano piano, tremando per il terrore, le baciavo le manine, le piccole spalle, i capelli, il piedino, se il piedino faceva capolino da sotto la coperta...".

Una passeggiata in una fredda giornata invernale fornisce l'occasione per giochi sensuali. In questo caso è Katja a prendere l'iniziativa: segno che non rimane indifferente alle attenzioni di Nétochka.

 "- Avete una scarpa slacciata,- mi disse lei,- ve l'allaccio.

Volevo piegarmi, arrossendo tutta, come una ciliegia, perché finalmente Katja mi aveva parlato.

- Su! - disse impaziente, scoppiando a ridere.A quel punto si curvò, prese a forza il mio piede, lo pose sul suo ginocchio e iniziò ad allacciare la scarpa. Sospirai: non sapevo che fare per un dolce spavento.

Avendo completato l'operazione, lei si alzò e mi squadrò da capo a piedi.

- Avete anche la gola scoperta, - disse, dopo aver sfiorato con un ditino il corpo denudato nel mio collo. - Su, ve la coprirò.

Non mi opposi. Lei sciolse il mio fazzoletto da collo e lo legò a modo suo... Ero fuori di me; non sapevo che mi succedeva e che cosa era successo a Katja. Ma, grazie a Dio, presto finì la nostra passeggiata, altrimenti non mi sarei trattenuta e mi sarei gettata a baciarla per la strada. Salendo per le scale, riuscii tuttavia a baciarla sulla spalla di soppiatto. Lei se ne accorse, sussultò, ma non proferì parola...".

Infine Katja rompe gli indugi e ricambia l'amore dell'orfanella. È proprio una liberazione, un'esplosione di lacrime e baci:

"...Ma in un attimo lei si alzò e, tutta arrossita, in lacrime, mi si gettò al collo. Aveva le guance umide, le labbra gonfie, come ciliegine, le ciocche dei capelli arruffate.

Mi baciò come folle, mi baciò il volto, gli occhi, le labbra, il collo, le mani; singhiozzava come in preda all'isterismo; la strinsi forte, ci abbracciammo con dolcezza e gioia, come amiche, come amanti, che si vedessero dopo una lunga separazione.

A Katja il cuore batteva così forte, che io sentivo ogni colpo...".

Si giunge così al punto culminante: le due fanciulle si coricano assieme e, tra abbracci calorosi e baci appassionati, si dichiarano amore reciproco.

Il "voi", usato nella Russia ottocentesca molto più di oggi, lascia il posto al "tu": segno che cade ogni remora, ogni barriera sociale. Riporto alcuni brani:

"- Andiamo da me, còricati da me! - disse, sollevandomi dal letto. Un attimo dopo ero nel suo letto, ci abbracciammo e ci stringemmo avidamente l'una all'altra. La principessina iniziò a baciarmi sulla pelle lanuginosa.

- Mi ricordo che mi baciavi di notte! - disse, rossa come un papavero.

Singhiozzavo.

- Nétochka! - sussurrò Katja attraverso le lacrime, - angelo mio, ti amo da tanto tempo, ti amo da tanto! Sai quando ti ho amata?

- Quando?

- Quando il mio papà mi ha ordinato di chiederti perdono, tu allora hai difeso il tuo papà, Nétochka...or-fa-nella mia! - proferì lei, colmandomi nuovamente di baci. Piangeva e rideva allo stesso tempo.

- Oh, Katja!

- Cosa, cosa?

- Perché tanto a lungo... a lungo... - non finii di parlare. Ci abbracciammo e per tre minuti non proferimmo parola...

- Katja, Katja! Dio mio, come sei bella!

- Non è vero? Beh, ora fai di me ciò che vuoi! Tiranneggiami, stuzzicami! Per favore, punzecchiami! Colombella mia, punzecchiami!

- Birichina!

- Beh, e poi?

- Stupida...

- E poi?

- E poi baciami.

E ci baciammo, piangemmo, ridemmo: le nostre labbra si gonfiarono per i baci.

- Nétochka! In primo luogo, tu verrai sempre a dormire da me. Ami baciare? E ci baceremo. Poi non voglio che tu sia così triste....

...Katja pensò che saremmo vissute così: un giorno lei mi avrebbe comandato e io avrei obbedito, e il giorno seguente il contrario - io avrei comandato e lei obbedito docilmente; poi avremmo comandato l'una sull'altra un po' per uno; e una di noi non avrebbe obbedito apposta, avremmo litigato così, per l'apparenza, poi avremmo fatto la pace in fretta. In una parola, ci attendeva una felicità immensa. Alla fine ci stancammo a parlare, a me si chiudevano gli occhi...".

La partenza dei prìncipi per Mosca costringe le due bambine alla separazione. È un distacco doloroso.

L'interruzione forzata del romanzo tronca bruscamente questa dolce storia. Non sapremo mai come sarebbe andata a finire. Non v'è dubbio però che Dostoevskij volesse svilupparla, dato che le ultime parole della seconda parte del romanzo lasciano intravedere il nuovo incontro delle due fanciulle.

 

Non sorprende che la critica sovietica ufficiale tendesse a sorvolare su questo personaggio, soffermandosi tutt'al più sugli elementi sociali: l'ambiente degradato della prima parte, il contrasto tra la miseria e il lusso.

Leonid Grossman, uno tra i maggiori studiosi di Dostoevskij nell'Urss, parla di romanzo sui bambini e sui loro drammi segreti, evidenziando solo il contrasto tra la fiera e spigliata principessa e la debole orfanella.

 

Tra i critici occidentali v'è maggiore franchezza, almeno negli ultimi anni. Ad esempio Victor Terras, nella sua A history of Russian literature (Yale, 1991), parla apertamente di episodio omoerotico, reso con una forte carica sensuale.

Com'è facilmente immaginabile, l'edizione italiana delle opere di Dostoevskij (1960) evita di commentare la vicenda di Nétochka e Katja.

 

Tra i pochi in Italia a esprimersi esplicitamente su questo testo è Moravia. Nella prefazione a una traduzione (Milano, 1977), egli spiega questa storia lesbica in termini di gioco di forze: tra la povera/debole/emarginata Nétochka e la ricca/forte/integrata Katja si instaura un rapporto di potere, rispetto al quale l'omosessualità è l'effetto e non la causa.

Anche se è innegabile la distanza sociale tra le due eroine, in questo giudizio si può intravedere un tentativo di ridimensionare il fattore omosessualità: in fondo lo scrittore italiano cerca di trovare una motivazione esteriore per un fatto puramente interiore.

 

Va detto che Dostoevskij, nel corso della sua carriera letteraria, non dimostra particolare interesse per la questione dell'omosessualità. Però intende con Nétochka proseguire nella sua ricerca artistica, senza temere di affrontare un tema scomodo per la sua epoca. La figura a tutto tondo dell'orfanella testimonia il passaggio dal primo Dostoevskij, ancora legato al genere filantropico, al Dostoevskij maturo, impegnato nella creazione di caratteri più complessi e problematici.

 

Nella ricca galleria dei personaggi dostoevskijani, non di rado morbosi e "al limite", Nétochka dimostra che l'artista di talento non può essere imbrigliato dai pregiudizi o dalle convenzioni sociali. Fjòdor Mikhàjlovich, esplorando la psiche umana, si incammina su sentieri ignoti, si inoltra in direzioni ancora sconosciute. Nessuno prima di lui aveva mai osato rappresentare un amore omosessuale; e dopo di lui è accaduto raramente.

 

Colpisce inoltre la forte dose di sensualità con cui è descritto questo rapporto lesbico. Le scene, che si svolgono nel letto di Katja, pur nella loro innocenza, rappresentano una rarità assoluta. L'alcova è sempre stata relegata nei confini della letteratura erotica, cui Dostoevskij è sempre rimasto estraneo.

Questa sventurata fanciulla, nonostante la pesantezza della sua situazione, riesce ad abbandonarsi alla sua passione e a essere felice, sia pure per breve tempo.

Destinata, secondo le intenzioni originali dell'autore, a un futuro brillante come musicista, sarebbe riuscita a raggiungere un equilibrio stabile, realizzando appieno la sua personalità.

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