Il fatto è che del film di Oswald si sono perse le tracce fino alla fine degli anni ‘70, quando un primo restauro di una copia russa ha rimesso in circolazione una versione a dir poco frammentaria del film. Ma a lungo si è continuato a parlare di questo testo senza cognizione di causa, anche dopo i suoi numerosi passaggi a vari festival gay-lesbici. [2]. Per trovare un commento significativo al film dobbiamo attendere le pagine ben documentate che gli dedica Richard Dyer nel 1990 [3]. Il nuovo restauro curato dal Filmmuseum München nel 1998 [4] permette oggi di tornare a fare ulteriori considerazioni su un film di cui troppo a lungo si è dovuto parlare per ipotesi e senza una diretta conoscenza del testo [5].
Racconto: il contesto, la polemica, la proibizione
Il film che vediamo oggi non è quello originalmente concepito dal regista. L’Anders del 1919 misurava 2200 metri, che corrispondono a una durata superiore all’ora e mezza: più del doppio della versione attuale, che dura circa 40 minuti. La scarsità di copie, e la loro sconfortante brevità, si spiega con la sfortunata vicenda distributiva del film, pur prodotto in un’epoca breve quanto intensa di libertà che sembra garantire la possibilità di scegliere senza condizionamenti gli argomenti da trattare.
Nel 1919 la Germania, uscita dalla guerra in condizioni disastrose, si trova isolata anche dal punto di vista del mercato cinematografico, sia per ciò che riguarda le importazioni (fino alla fine del 1920 rimane in vigore una legge protezionistica risalente al 1916) sia per quanto riguarda le esportazioni (i film tedeschi non sono ovviamente molto richiesti e fino al 1922 faticano a uscire dai confini nazionali). Nel pubblico è vivo il desiderio di opere che si distacchino dalle convenzioni edificanti del cinema degli ultimi anni e la produzione cinematografica si trova a poter usufruire di una condizione del tutto speciale: il 12 novembre 1918 la censura in Germania viene ufficialmente abolita, e sarà reintrodotta solo nel maggio del 1920 [6]. E’ per questa singolare congiuntura, che si colloca in un periodo di fermento culturale nel quale, secondo Kracauer, «per un breve istante lo spirito tedesco ebbe un'occasione irripetibile di superare gli schemi ereditari e di riorganizzarsi completamente», che in questi anni fiorisce la produzione di Aufklärungsfilme, cioè di “film educativi” dedicati a temi sociali talvolta scabrosi, quali le malattie veneree e la prostituzione [7]. Richard Oswald, regista eclettico e prolifico (negli otto anni che separano il suo esordio alla regia da Anders gira una sessantina di film), si distingue in questo genere di opere (talora esportate con successo anche all’estero [8]), intese a coniugare intenti pedagogici e allettanti richiami scabrosi. In un intervento sulla rivista Film-Kurier Oswald reagisce violentemente nei confronti di chi lo attacca per la scelta scandalistica degli argomenti dei suoi film, minacciando persino querele contro chiunque lo accusi di fare «film osceni sotto mentite spoglie» [9]. Certo i film di Oswald rappresentano la punta di diamante di questo tipo di produzione, ma per gli spettatori del tempo il nome del regista non doveva significare granché: dalla rilettura delle reazioni e dei commenti seguiti all’uscita di Anders è possibile vedere come spesso il pubblico si attendesse contenuti scabrosi dagli Aufklärungsfilme, Anders incluso. In una lettera indirizzata a Magnus Hirschfeld, ad esempio, un anonimo spettatore si dice sorpreso di non aver trovato nel film di Oswald le «pikanten Szenen» [10] che si attendeva di vedere, così come uno dei detrattori del film, il pastore Martin Cornils, avverte che chiunque «si aspetti di vedere qualcosa di piccante rimarrebbe deluso. Da questo punto di vista il film non offre occasioni di particolare eccitamento» [11]. Le ragioni dell’arte, quelle sociali e quelle economiche camminano quindi di pari passo.
E’ in questo ambito del tutto particolare che si inserisce la produzione di Anders, che del Aufklärungsfilm ha tutte le caratteristiche: su un intreccio finzionale sceneggiato con tensioni drammatiche vengono oculatamente inserite pause illustrative nelle quali si forniscono allo spettatore, mediante didascalie informative accompagnate talora da veri e propri inserti documentaristici, tutta una serie di informazioni tecniche sul problema cui è dedicato il film. Si tratta dunque di opere a tesi nelle quali la vicenda drammatica è tutto sommato pretestuosa e serve solo a indorare l’esposizione dell’argomento prescelto. Nel caso di Anders la tesi è che l’omosessualità è uno stato del tutto normale e che gli omosessuali vivono male non perché omosessuali ma perché la società li perseguita in quanto omosessuali: l’oggetto della polemica è in particolare il § 175 del codice tedesco, che considerava fuori legge gli atti omosessuali tra maschi [12].
Il fatto che in questi anni non esista censura non significa che non esistano censori, vale a dire frange moraliste e conservatrici sempre pronte a sollevare polemiche di fronte a film di questo tipo. Nel caso di Anders le polemiche sono particolarmente violente, tanto da conseguire l’effetto di una vera e propria censura, accompagnata da vivaci proteste durante alcune proiezioni [13]. Non stupisce altresì che il film, nonostante un cast di ottimi attori [14] e uno sforzo produttivo di alto livello, non venga distruibito all’estero. Eppure Oswald aveva previsto le diatribe che il suo film avrebbe sollevato: non a caso aveva chiesto e ottenuto la consulenza di Magnus Hirschfeld (fig.3), uno dei punti di riferimento del primo movimento omosessuale, già ben noto alla stampa e alla comunità scientifica [15]. Oltre a collaborare alla sceneggiatura, Hirschfeld sostiene nel film la parte del sessuologo che rassicura il protagonista circa la normalità delle sue tendenze. In una lunga sequenza quasi interamente perduta teneva persino una conferenza. Hirschfeld presenta inoltre il film alla prima berlinese del 28 maggio, all’Apollo-Theater, introducendolo con un discorso [16] che riassume contenuto e scopo dell’opera e allo stesso tempo il senso e le convinzioni che stavano alla base della lotta del movimento gay di quegli anni. Due giorni dopo, il 30 maggio, il film viene presentato al Prinzeß-Theater, sempre a Berlino, quindi ad Amburgo.
L’accoglienza turbolenta riservata al film da alcune sezioni del pubblico offre ai suoi detrattori un comodo punto di avvio per le polemiche. Alcuni si dicono indignati dall’immoralità dell’argomento stesso: è il caso del reverendo Cornils, urtato dal tentativo di far passare quelli che, senza complimenti, definisce «esseri umani degenerati e malati» come uomini di pari dignità, avanzando a suo dire «una pretesa intollerabile per tutti coloro che abbiano a cuore un salutare sviluppo della nostra gente» [17]. Altri danno sostanza alle loro critiche anche mediante il ricorso a rilievi squisitamente cinematografici, come nel caso di Ludwig Marcuse, che definisce Anders un film «miserevole, spoglio, una spazzatura senza fantasia fatta con i più seri intenti scientifici», un «pasticcio laboriosamente cementato di importanti, seri materiali medici e intrecci infantili privi di fantasia», nonostante una «tecnica cinematografica straordinariamente avanzata». Riconosce solo che «è assolutamente immotivata la definizione di “film sconcio” per Anders als die Andern. Non contiene né rozze oscenità né raffinatezze erotiche» [18].
Altri ancora fondono in modo piuttosto arbitrario vari oggetti di polemica e disprezzo, unificando l’attacco contro gli omosessuali con quello contro gli ebrei. Lo scopo finale era comunque per tutti uno solo: sfruttare l’occasione di scandalo offerta da Anders per invocare la restaurazione della censura, intento denunciato senza mezzi termini da Walther Friedman già nel luglio del ’19 dalle colonne del Film-Kurier [19] in un articolo dedicato a commentare un intervento antisemita pubblicato sul Deutschen Zeitung, che si concludeva ricordando come «siano state avanzate alle centrali di polizia e ad altre autorità competenti [20] richieste circa la proibizione di questi film spazzatura, senza successo» (anche il già ricordato intervento del reverendo Martin Cornils si chiudeva con un esplicito invito alla restaurazione della censura). «Senza successo», può scrivere Friedman a luglio. Purtroppo proteste e polemiche avrebbero presto avuto la meglio: Anders viene infatti proibito dalla polizia in alcune città importanti (come Vienna, Monaco e Stoccarda), mentre già il 9 novembre viene sottoposta alle autorità politiche la bozza per l’istituzione di un nuovo istituto censorio, che entra in vigore il 29 maggio del 1920.
L’”offesa” arrecata da Anders, e in generale dagli Aufklärungsfilme, si misura proprio dagli strascichi della polemica successivi alla restaurazione della censura, affidata ora a una commissione di “esperti” insediata a Berlino. Occorre tenere presente che la costituzione tedesca garantiva la libertà di epressione, per cui si era reso necessario aggiungere un articolo specifico per consentire l’”eccezione” del cinema, che a differenza di teatro e letteratura doveva essere ora sottoposto all’esame della censura e poteva quindi essere bandito. Si specificava in particolare che un film poteva essere vietato nel caso in cui potesse «compromettere l’ordine o la sicurezza del pubblico, offendere le sensibilità religiose, sortire un effetto di degenerazione morale, danneggiare la reputazone della Germania o le relazioni tra la Germania e gli stati esteri» [21]. L’interpretazione di queste norme generali dà luogo a un acceso dibatitto nei mesi successivi al maggio del 1920. Uno degli interventi più significativi, quello di Albert Hellwig, giudice della corte municipale di Francoforte, utilizza come esempio dei film da vietare proprio gli Aufklärungsfilme, che a suo dire rischiano di offrire all’estero un’immagine dannosa della Germania e quindi non devono essere esportati. Per dimostrare quanto possano essere pericolosi, Hellwig ricorda che proprio nel caso di Anders «le autorità stabilirono che era stato provato che come conseguenza della proiezione del film un giovane era rimasto vittima di un libertino» [22]. Ma soprattutto, com’è facile intuire, per Hellwig sono proprio questi i film che possono «sortire un effetto di degenerazione morale», cioè «esprimere il fine di suscitare un eccitamento sessuale o un gusto per l’oscenità sessuale in un modo tale che è, visto oggettivamente, di una natura tale da recare offesa al senso del pudore di imparziali terze parti», e qui Hellwig pensa soprattutto alle donne, che «in generale possono essere più facilmente offese dal punto di vista sessuale che gli uomini, e come l’esperienza insegna costituiscono la più parte del pubblico cinematografico», sicché non si dovrebbe proiettare alcun film che «una donna rispettabile non possa vedere senza arrossire» [23].
In una lettera inviata a Hirschfeld da uno spettatore emerge in realtà un quadro diverso del pubblico femminile: a suo dire infatti la vena drammatica del film era tanto riuscita che «le donne - era tutta gente del popolo - sedute tutt’intorno a me piansero […]. Sono convinto che con il film lei abbia contribuito al miglioramento della posizione sociale degli omosessuali e che ancora più persone aderirarnno alla vostra causa: via il § 175». L’entusiasta autore della lettera, che si firma W.R., conferma l’efficacia del film sia dal punto di vista pedagogico, sia dal punto di vista drammatico e offre un ritratto più attendibile (e più concreto) del pubblico femminile rispetto a quello, del tutto idealizzato, descritto da Hellwig: un pubblico meno preoccupato delle questioni di contenuto e propenso piuttosto a farsi coinvolgere dalle vicende melodrammatiche. Le lacrime sono il sintomo dell’efficacia del film, che era stato pensato proprio per smuovere il pubblico popolare che seguiva la proiezione. W.R. prevede entusiasmanti conseguenze in seguito alla proiezione del film, ma purtroppo sottovaluta la pressione della censura. Un film come Anders, sì è ormai intuito, offendeva tutti i canoni della rinnovata censura tedesca.
Marcuse concludeva il suo intervento già citato sostenendo che Anders poteva avere importanza solo per «psicologi e pedagoghi». I censori che il 18 agosto del 1920 mettono al bando il film dovevano essere della stessa idea, visto che stabiliscono che potrà essere proiettato solo come testo di supporto all’interno di conferenze e convegni scientifici. Ma a questa data Anders è in cartellone già da un anno e ha riscosso un successo considerevole, sia di pubblico (nonostante tutti i divieti), sia di critica. Quest’ultima interviene favorevolmente su Anders difendendo il film dalle reazioni isteriche di certe frange del pubblico e sottolineandone la qualità rispetto ad altri esempi di Aufklärungsfilme. All’indomani della prima al Lessing-Theater di Amburgo, per esempio, numerosi giornali pubblicano recensioni in difesa del film criticando le insurrezioni del pubblico. Mi sembra di particolare interesse l’articolo apparso sul General-Anzeiger für Hamburg-Altona [24], firmato k., che inizia avanzando una serie di riserve generali sugli Aufklärungsfilme:
Viviamo nell’epoca dei cosiddetti Aufklärungsfilme. Tra di essi solo pochi posso definirsi buoni. Un Aufklärungsfilme mira di solito a informare il pubblico sull’argomento che tratta, mostrando in particolari dei giovani, e soprattutto delle ragazze, che smarriscono la morale civile nella dorata via di mezzo e conducono una vita piena di gioie rinunciando a se stessi, finché sopraggiunge la disgrazia finale. Perciò non hanno alcun valore educativo, è ovvio; non sono quasi mai in grado di rispettare il loro compito morale. Al contrario; con ciò che mostrano, non solo non mettono in guardia, ma rafforzano il desiderio della gente per quello stesso tipo di vita immatura.Sono rilievi più che sensati, che confermano l’ambiguità latente in questo genere di produzioni, al loro livello più semplice. Si tratta infatti a tutti gli effetti di opere di exploitation [25], concepite cioè per sfruttare argomenti di attualità onde accattivarsi un pubblico curioso, utilizzando l’etichetta educativa come paravento per offrire in realtà vicende intese semplicemente a titillare gli istinti del pubblico. Il finale moraleggiante e punitivo di norma è solo un pretesto per poter mostrare in realtà, nel resto del film, ogni sorta di scabrosità, che è facile immaginare incidano nel pubblico ben più del breve finale. L’articolo prosegue così:
L’Aufklärungsfilme Anders als die Andern che è in programma attualmente non ha nulla in comune con questa spazzatura, anche se recentemente ha suscitato proteste di rifiuto in una parte del pubblico, in quanto secondo una lettera, invitataci da una associazione locale, la nostra gioventù sarebbe sedotta dai film della peggior sorta.Il giornalista loda poi Anders in quanto realizzato con «tatto» e sostiene che nessuno che «lo guardi oggettivamente» può essere indotto a eccitamento e quindi a comportamenti devianti, dichiarando senza mezzi termini che solo chi è contro gli omosessuali può essere contro questo film. In altre parole accusa i rivoltosi del pubblico di omofobia: Oswald e Hirschfeld hanno colto nel segno e non si può davvero dire che il loro film lasci indifferente nessuno.
Documento: la riedizione del ‘27
Sempre con la consulenza di Hirschfeld, Oswald rimette mano a Anders nel 1927, riducendolo in modo tale che possa essere utilizzato come episodio di un nuovo film, Gesetze der Liebe. Anche sui contenuti di quest’opera sono circolate varie leggende, ma si trattava molto semplicemente di un documentario. Sulla base di documenti d’epoca, il CineGraph - Lexikon zum deutschsprachigen Film ne fornisce una ricostruzione attendibile, che possiamo riassumere nel modo seguente:
In quattro capitoli sono rappresentate le leggi della sessualità e dell’istinto materno nell’intero regno della natura, dagli organismi più semplici fino agli esseri umani. Il capitolo 1 mostrava la ricerca del partner in vari animali e le tecniche di riproduzione di diverse specie di piante, insetti, rane, uccelli. Il capitolo 2 mostrava lo sviluppo delle nuove forme di vita, dalla fertilizzazione fino allo svezzamento. Il capitolo 3 si concentrava sull’istinto materno, da quello di uccelli, topi, gatti, cani, pecore via via fino a quello umano. Il capitolo 4, infine, intitolato “del sesso intermedio”, trattava, sempre in forma documentaristica, tecniche minoritarie di riproduzione, la presenza di ermafroditi nel regno vegetale e animale (uomini compresi), e mostrava le diverse forme di quella che Hirschfeld chiamava “sessualità intermedia” tra gli esseri umani, in particoalre donne mascoline, uomini effeminati, travestiti e omosessuali di entrambi i sessi. In due capitoli ulteriori (intitolati Schuldlos Geächtet! – Tragödie eines Homosexuellen, “Fuorilegge senza colpa – Tragedia di un omosessuale”), veniva infine rappresentato, in forma di racconto, il destino di un sentimento omosessuale tra artisti: era la versione abbreviata di Anders [26].A differenza di Anders, Gesetze der Liebe viene esportato, quanto meno in Russia, forse con ulteriori tagli di censura. E’ proprio la versione abbreviata di Anders contenuta in una copia russa di Gesetze der Liebe a essere ritrovata alla fine degli anni ‘70. Il film del 1919, per quanto ne sappiamo oggi, non sembra essere sopravvissuto alla furia prima della censura e poi della persecuzione nazista, che come distrusse il centro di studi di Hirschfeld e il movimento di liberazione omosessuale ad esso collegato, diede altresì la caccia alle copie del film di Oswald.
L’edizione del ‘27, quella che possiamo vedere oggi, non è solo più breve rispetto a quella del ‘19, ma è anche completamente rimontata. Basandosi sulla sinossi pubblicata nella rivista dell’istituto di Hirschfeld, Dyer [27] riassume nel modo seguente quello che doveva essere l’intreccio del film del ‘19:
Il famoso violinista Paul Korner legge sui giornali notizie relative al suicidio di alcuni giovani e intuisce che tali gesti disperati sono dovuti all’omosessualità. In una visione assiste a una lunga processione di figure eminenti, perseguitate nel corso dei secoli per la loro omosessualità. Su di loro incombe una spada con stampato sopra “§175”.Al di là di alcune imprecisioni, il riassunto di Dyer ci consente di fare un interessante confronto tra le due edizioni. Nell’edizione del ‘27 viene eliminato tutto ciò che non è indispensabile all’azione (per esempio la sfilata di personaggi illustri) e, forse anche per non rischiare che l’accorciamento del racconto rendesse faticosa la comprensione della vicenda, gli eventi vengono rimessi in ordine cronologico. Ecco di seguito come si presenta l’intreccio nella versione recentemente restaurata del film:
Korner accetta di insegnare l’arte del violino a un giovane allievo, Kurt Sivers, di cui si innamora. Durante una passeggiata nel parco, Paul e Kurt incontrano Franz Bollek, un uomo già noto a Paul, che li segue per un breve tratto infastidendoli. Pur riluttanti, i genitori di Kurt accettano che il ragazzo si trasferisca a casa di Paul. I genitori di Paul, dal canto loro, conoscendo le tendenze del figlio, cercano inutilmente di convincerlo a sposarsi. Si rassegnano solo quando un medico spiega loro che quella di Paul non è una fase momentanea e che non c’è nulla da fare per cambiarlo.
Mentre Paul e Kurt suonano insieme in un concerto, Franz irrompe nell’appartamento di Paul. Viene sorpreso da Kurt, di ritorno dal concerto, e quindi da Paul. Franz insulta Paul e soprattutto Kurt, il quale realizza così la vera natura dei sentimenti di Paul, mentre questi continua la lotta con Franz. Kurt fugge inorridito e lavora come barista. Paul, disperato, ripensa alla propria esistenza: l’amore per un compagno di collegio; il tentativo di “correggersi” in un bordello, da cui era fuggito disgustato; il suo colloquio con un illustre scienziato (Hirschfeld), che gli aveva spiegato che la sua omosessualità non era una malattia e che poteva dare grandi contribuiti all’umanità; il suo tentativo inutile di curarsi con l’ipnosi; infine il suo incontro con Franz, conosciuto a una festa in maschera e rivelatosi poi un ricattatore. Else, la sorella di Kurt che si è innamorata di Paul, accompagna il violinista a una conferenza scientifica dedicata all’omosessualità tenuta dallo stesso Hirschfeld: finalmente Paul si accetta per ciò che è. Nel frattempo Franz lo denuncia alla polizia ed entrambi finiscono in carcere. Una volta tornato in libertà, Paul scopre di aver perso gli amici e non riesce a trovare lavoro: decide così di suicidarsi. Quando viene a sapere della morte di Paul, Kurt si pente e cerca di suicidarsi anche lui davanti alla bara del maestro. Ma un dottore lo trattiene e lo convince a impiegare meglio il suo dolore, partecipando al movimento per la soppressione del § 175.
1. In collegio il giovane Paul passa tutto il suo tempo con il compagno Max. Lo vediamo assistere Max mentre svolge dei compiti di punizione, suscitando le ire di un maestro (fig.7).Così ristrutturato, l’intreccio sacrifica gli accorgimenti drammatici per favorire la linearità del racconto. Nel film del ‘19 la ricerca di effetti emotivi risulta evidente fin dall’apertura sulla scena della lettura delle notizie di suicidio, seguita da una sfilata, perduta, di gay illustri. La sequenza anticipava il dramma e funzionava da prologo, mentre nella versione del ‘27 si trova a metà film e commenta piuttosto ciò che è già accaduto (il ricatto di Franz). Allo stesso modo, nella versione del ‘19 l’incontro con Franz nel parco era la prima sequenza nella quale il personaggio appariva in scena. Franz infastidiva dunque Paul e Kurt, senza che lo spettatore comprendesse le motivazioni di tale gesto. Ciò doveva introdurre una certa suspense, che si cercherebbe invano nella versione del ‘27, la cui linearità rinuncia a qualsiasi effetto di tensione per concentrarsi sull’efficacia dimostrativa del racconto, che deve servire come una sorta di caso clinico emblematico per sostenere argomentativamente il fine istruttivo del film.
2. La sera Paul conforta Max, depresso per i continui maltrattamenti cui è sottoposto dal maestro. «Se non fosse per te, Paul, mi sarei già suicidato...». Paul consola affettuosamente Max (fig.8). In quel momento entra il maestro che, scandalizzato, minaccia i due ragazzi, assicurando a Paul l’espulsione (il padre di Max è un finanziatore del collegio e quindi il giovane non verrà trattato con la stessa severità di Paul) (fig.9, fig.10).
3. Il consiglio di disciplina della scuola si riunisce e decide l’espulsione di Paul (fig.11).
4. Sono passati alcuni anni e Paul continua altrove gli studi universitari. Mentre studia, cinque amici irrompono nella sua camera e lo costringono ad andare a divertirsi con loro.
5. La combriccola si reca in un bordello, «ma il modo in cui i giovani studenti si godono la vita non è adatto ai gusti di Paul». Quando viene baciato da due prostitute, Paul scappa disgustato (fig.12). La maitresse si accorge del fatto e commenta: «possa finire impiccata se quel ragazzo non nasconde qualcosa».
6. Paul intraprende infine la carriera di virtuoso del violino. Durante un concerto vediamo un giovane entusiasta nel pubblico: è Kurt, che «non mancava a nessun concerto». Dopo l’esibizione Kurt ottiene un autografo da Paul.
7. Il giorno successivo Kurt si reca da Paul e lo convince a prenderlo come allievo (fig.13).
8. Paul si reca a un ballo in maschera per soli gay e viene abbordato da un uomo, Franz (fig.14, fig.15).
9. Paul e Franz si recano a casa dell’artista (fig.16). Questi si attende una notte di piacere, ma scopre che Franz in realtà vuole solo ricattarlo. Minaccia di denunciarlo, ma Franz lo minaccia a sua volta in nome del § 175: si fa dare tutti i soldi e se ne va.
10. Paul, depresso, legge su vari giornali le notizie di diversi casi di inspiegabili suicidi, che egli intuisce dovuti all’omosessualità (fig.17).
11. Paul riceve una lettera di Franz che vuole altri soldi.
12. Paul si sottopone a una seduta di ipnosi nella speranza di guarire dalla sua omosessualità (fig.18).
13. Fallito il tentativo dell’ipnosi, Paul si reca da un sessuologo (Hirschfeld), che cerca di incoraggiarlo: «L’amore per una persona dello stesso sesso può essere tanto nobile e puro quanto quello per una persona del sesso opposto. Si osserva questa tendenza presso persone di tutti i livelli, e in tutte le categorie sociali. Solo l’ignoranza o l’intolleranza possono condannare irrevocabilmente questa sensibilità» (fig.19).
14. Franz si reca da Paul e gli estorce altro denaro.
15. Durante una passeggiata nel parco, Paul e Kurt incontrano Franz, che li importuna (fig.20).
16. Kurt consegna a Paul una lettera nella quale Franz chiede ancora soldi.
17. In un bar gay, un uomo fa notare a Franz la notizia che Paul e Kurt si esibiranno per la prima volta insieme quella sera stessa (fig.21). Franz riceve anche una lettera di Paul che gli comunica di non volerlo più pagare.
18. Durante il concerto, Franz irrompe nella casa di Paul per rapinarlo. Ma sopraggiunge Kurt che lo ferma. Poco dopo arriva anche Paul, che ingaggia con Franz una lotta furibonda. Prima di andarsene, Franz insulta Kurt dicendogli di non darsi tante arie: «Anche a te ti compra!». Kurt scappa inorridito (fig.22).
19. Stanco della situazione, Paul ha denunciato Franz, che a sua volta ha accusato Paul di pratiche omosessuali. I due si ritrovano così in tribunale e vengono entrambi condannati, anche se Paul deve scontare solo una pena simbolica (un giorno di carcere): evidentemente il giudice comprende l’ingiustizia del § 175, che pure non può ignorare (fig.23).
20. Paul, messo al bando dalla società, non trova altro rimedio alle sue sofferenze che suicidarsi.
21. Hirschfeld tiene una conferenza contro il § 175.
E’ insomma un po’ come se Oswald prendesse atto di ciò che la sua opera ormai è, e soprattutto di ciò che non è più: pensato come un film, pedagogico sì, ma pur sempre di finzione e destinato all’intrattenimento delle platee delle normali sale commerciali, come abbiamo visto Anders fu costretto dalla censura a servire solo come supporto scientifico. La versione del ’27 assolve proprio questo compito: fa da supporto a un documentario. Paradossalmente, proprio questa versione più “scientifica” ancora della precedente ha assicurato a Anders un pubblico successivo: superato un oblio durato mezzo secolo, il film ci è stato restituito come una sorta di monumento, traccia storica e reperto archeologico, rovina e frammento utile ai curiosi, tanto del cinema quanto del movimento di liberazione omosessuale di cui fu diretta espressione.
L’esigenza di semplificazione dell’intreccio nella versione del ’27 si fa sentire nel modo più pesante sul personaggio di Kurt (a tutto favore della vicenda del ricatto di Franz), che perde molto del rilievo e della funzione drammatica che gli erano assegnati nel film del ’19, tanto che vengono eliminati i personaggi ad esso collegati: i genitori (fig.4) e soprattutto la sorella Else, che aveva un ruolo piuttosto significativo e dava a Paul l’occasione di dimostrare la totalità, la sicurezza e la coerenza della sua passione (rifiutava infatti un accomodamento proprio con Else, che gli aveva confessato di amarlo), aiutandolo in seguito a prendere decisioni importanti (era lei ad accompagnarlo a una conferenza di Hirschfeld) e difendendolo da una folla ostile (fig.5) [28].
La lacuna più significativa nella nuova edizione riguarda però il finale: il film si chiude sulla morte di Paul, cui segue un breve frammento della conferenza di Hirschfeld, che dovrebbe servire da sintesi della morale dell’opera, affinché il suicidio del protagonista non venga letto come atto di semplice vittimismo rassegnato, bensì come emblema di una situazione di disagio indotta da una legge sbagliata che si invoca di emendare. Lo stesso significato, ma con un’efficacia drammatica ancora maggiore, aveva nella versione del ’19 la “conversione” di Kurt. Alla notizia della morte del maestro, il giovane si pentiva della sua reazione sprezzante e impaurita, e in fondo egoista, e si sentiva in qualche modo parzialmente responsabile per la tragedia di Paul. Anziché sprecare l’esperienza di Kurt con un secondo suicidio, in una sequenza visivamente forte (che mostrava Kurt riverso sulla bara aperta di Paul nella camera ardente, fig.6), un medico convinceva Kurt a unirsi al movimento di Hirschfeld per la richiesta dell’abolizione del § 175. E’ dunque evidente che il personaggio di Kurt doveva funzionare da oggetto di identificazione per lo spettatore, cui doveva fornire un esempio di comportamento civile da assumere con responsabilità.
Nella versione del ‘27 risultano anche meno evidenti i rapporti tra Paul e Kurt. Intuiamo, per esempio, che Kurt vive con Paul solo dalla sequenza 16, ma ciò non è mai chiarito in modo esplicito. Non possiamo sapere quanto la loro relazione fosse chiara nella versione del ’19: alcuni commentatori hanno inteso che Kurt fosse impegnato in un rapporto con Paul, ma sia dalla versione del ’27 che dai riassunti rimasti di quella del ’19, nonché da alcuni commenti dell’epoca, mi pare evidente che l’attrazione di Paul per Kurt non solo non fosse ricambiata, ma non fosse nemmeno percepita da Kurt, che prendeva coscienza dell’effetto suscitato nel maestro solo nella scena dello scontro con Franz (fig.22): altrimenti tutta la parte successiva, con Kurt che fuggiva da Paul e cercava di dimenticare maestro e violino, non si spiegherebbe. Dyer la interpreta come la reazione dell’amante deluso che ha scoperto di essere stato tradito, ma mi sembra una lettura troppo cerebrale, comunque non comprovabile.
In ogni caso di certo nella versione del ’27 nulla fa pensare che Kurt abbia mai concesso alcunché a Paul. Nelle sequenze iniziali, relative al loro incontro in teatro e poi alle prime lezioni di violino (fig.13), si nota un’evidente disparità di sguardi: durante le lezioni, Paul osserva con evidente piacere il suo allievo, i cui sguardi non ricambiano mai quelli del maestro ma al contrario sono sempre persi nell’aria: egli è tutto concentrato nella musica e quando osserva felice il suo maestro ha lo sguardo adorante dell’allievo che ha di fronte un genio, non del ragazzino innamorato. Ma probabilmente decisiva per dirimere la questione era la sequenza perduta tra Paul e i genitori di Kurt, comunque tagliata da Oswald nel ’27.
Monumento: un’analisi della versione restaurata, e due letture contrapposte
Comprendere se Kurt sia stato pensato come gay non è questione secondaria: tutta la lettura che Dyer fa del film si basa sul fatto che Kurt sia omosessuale. In pagine molto interessanti lo studioso analizza i personaggi dell’opera alla luce dei diversi modelli di omosessuale maschio che erano in voga nella Germania postbellica, così come si possono evincere, per esempio, dalla riviste gay dell’epoca. La lettura di Dyer vuole dimostrare come Anders si presti a essere interpretato in senso contrario a quello inteso dai suoi autori (le cui buone intenzioni non sono ovviamente in discussione): a suo dire, «genre, star and conventions also made it easy to read the subject-matter, homosexuality, as itself the problem, inextricably tied to a way of life at once sinister and tragic», in quanto Paul segnerebbe il suo destino cedendo all’impulso della carne e tradendo Kurt, con cui avrebbe una relazione «basically happy», sicché la sua non sarebbe una tragedia personale, «but a consequence of a certain form of social organisation, the gay underworld, breeding ground to blackmail» [29]. Il dualismo del film, che lo segnerebbe in modo inquietante, sarebbe sostenuto in particolare dalla scelta di Veidt come protagonista, in quanto egli sarebbe in sé l’emblema della duplicità, essendo un esempio di bellezza riconosciuta in quegli anni, ma essendo allo stesso tempo segnato da una fisicità inquietante (magro, di più emaciato, occhi sporgenti, nervoso), che lo rende adatto non a caso a una serie di ruoli profondamente inquietanti in film dell’orrore. Ciò segnerebbe nello spettatore la convinzione di un personaggio velato, che vive la sua sessualità in modo nascosto rispetto ai legami affettivi, e sarebbe dunque una delle fondamentali cause di un supposto «negative feeling» percepibile nel film, altresì motivato dalla duplicità di stile della messinscena, sospesa tra realismo e canoni del cinema fantastico del tempo.
Al di là del problema del rapporto Paul-Kurt, che abbiamo già commentato, anche gli altri rilievi di Dyer non mi sembrano convincenti: nulla prova che, ad esempio, l’inquietante duplicità di Veidt (in realtà dovuta per lo più a ruoli che egli ha interpretato dopo Anders) non servisse, per esempio, a sostenere anche di più il fatto che la sua doppia vita fosse una conseguenza dei condizionamenti sociali (cioè del § 175) anziché del modo in cui è organizzato il “mondo sotterraneo gay”, che è tale proprio a causa del § 175. In sintesi: il film non dà una visione univoca (e tantomeno univocamente negativa) del mondo gay; non è vero che la fisicità del rapporto omosessuale è limitata all’incontro Franz-Paul; non è detto (lo abbiamo visto) che tale incontro rappresenti un tradimento di Kurt, con il quale comunque il rapporto, se c’era, era solo platonico, e nel fatto che Paul cerchi sesso altrove non vi è alcuna implicazione moralista, né è il caso di pensare che vi fosse nelle intenzioni di Oswald o Hirschfeld, e invece serve a dimostrare sempre i danni del § 175; il dualismo stilistico del film non connota negativamente “il mondo sotterraneo gay”, ma semmai il contrario; infine delle molte reazioni dell’epoca che ci sono rimaste, nessuna, tra quelle da me consultate, consente di ritenere che qualcuno, tra il pubblico o tra la critica, abbia letto a suo tempo il film nel modo in cui lo legge Dyer, subendo cioè sollecitazioni omofobe anziché il contrario.
E’ vero che la vicenda del film, tutto sommato, è piuttosto semplice, soprattutto nella versione del ’27, ma non è però così “infantile” o semplicistica come la liquidava Marcuse. A ben vedere il film mostra uno spaccato della realtà omosessuale contemporanea tutt’altro che univoco e monolitico. Vengono infatti messi in campo vari “modelli” e vari livelli di esperienza omosessuale, nonché vari contesti in cui tali modelli possono agire. Dal punto di vista affettivo troviamo due situazioni tipiche: quella del rapporto (corrisposto) che lega due adolescenti compagni di scuola, e quello che lega il maestro all’allievo, sulla scorta dell’esempio classico erastes-eromenos [30]. Dal punto di vista sociale, vengono mostrati diversi ambienti e diverse occasioni di incontro, altrettanto tipici eppure pressoché inediti: la scuola (fig.7) e in particolare le camere dei collegi (fig.8) [31]; le feste private (fig.15); i locali per omosessuali (fig.21).
Con una disponibilità in sé notevole, Oswald rappresenta dunque tanto il lato affettivo quanto quello sensuale dell’omosessualità: supera così quel limite platonico che a lungo frenerà in seguito la tematica omosessuale nel cinema e tiene le due realtà solo relativamente separate. Qui già divergo dalla lettura di Dyer: la scena in collegio, trattenuta fin che si vuole, mi sembra si spinga ben al di là di quanto era stato fatto, e soprattutto di quanto sarà fatto per parecchio tempo, nel mostrare un legame affettivo che si completa nel contatto fisico, e in ciò che del rapporto (non solo omosessuale) si poteva allora rappresentare, cioè abbracci nella prima sequenza (fig.7), carezze nella seconda (fig.8). Non si tratta solo di attrazione fisica, ma di affetto reciproco destinato a rimanere a lungo un unicum nel cinema [32]. Si mostra poco (si fa per dire: due ragazzi a letto che si accarezzano dolcemente non è poco [33]), ma si allude molto. Ciò che non è mostrato sulla scena è lasciato intendere attraverso la reazione del maestro: mentre Paul carezza la testa di Mark, che gli confessa il suo affetto, che solo lo trattiene dal suicidio, il maestro irrompe nella stanza. Oswald stacca sul maestro, isolato da un mascherino che ne sottolinea lo sguardo scandalizzato e sconvolto (fig.9). La didascalia non lascia dubbi: «E’ la seconda volta che vi becco! Adesso so cosa si nasconde dietro la vostra grande amicizia!». Dyer definisce la relazione tra Mark e Paul una «spiritual unity» e sostiene che «there is no physical expression of feeling shown between Paul and either Mark or Kurt» [34]: per quel che riguarda Mark, a me pare esattamente il contrario, mentre è vero per ciò che riguarda Kurt (il che potrebbe confermare il fatto che nel loro caso non è necessario pensare a una relazione affettiva).
Se la collaborazione alla sceneggiatura da parte di Hirschfeld rassicura sugli intenti effettivi degli autori, la percezione del pubblico è un’altra questione e come abbiamo visto vi erano state reazioni positive presso il pubblico popolare. Nelle reazioni negative degli intellettuali conservatori si nota invece inequivocabilmente che l’allarme è suscitato proprio dagli intenti progressisti e democratici del film, colti come tali: nessuno di loro ha intravisto appigli omofobi.
Del resto quel poco di eterosessualità che viene mostrato nel film non si trova sotto una luce migliore: si tratta infatti di figure dell’autorità, negative e aggressive, e dei compagni di università di Paul dediti a una vita di divertimenti goliardici, che altro non cercano che pura soddisfazione sessuale in un bordello: non c’è motivo di pensare che Oswald fosse più clemente con i personaggi di questa scena, dal momento che nella sua trilogia già ricordata si era prodigato per mettere in guardia gli spettatori dai rischi della sifilide e aveva già dedicato un altro film al problema della prostituzione, cui torna nel 1919 con un'altra opera ancora, Die Prostitution (fig.24), ancora supervisionata da Hirschfeld. E poi vi sono tutti quei personaggi non presenti in scena che, come Kurt, abbandonano Paul a causa dei loro pregiudizi causandone indirettamente il suicidio.
E’ pure vero che nella festa privata (fig.15) Paul si lascia avvicinare da Franz per semplice desiderio sessuale, ma in questa scena (così come poi in quella del bar gay) la raffigurazione non ha nulla di quel tono cupo, malsano e perverso che avranno in molti film successivi i locali gay. Si tratta anzi di luoghi luminosi e festosi, il che non è affatto scontato non solo in quest’epoca, ma fin quasi ai giorni nostri: è questo il primo film (e, di nuovo, per parecchio tempo l’unico) in cui si vedono coppie omosessuali ballare in un contesto privo di sottintesi morbosi [35]. Anzi solo gli ambienti per così dire omosessuali sono rappresentati in modo realistico: il collegio nel quale Paul ama Mark; la casa di Paul, stracolma degli orpelli kitsch propri dell’arredamento borghese; il luogo della festa gay e il bar gay (fig.21). Tutte le sequenze nelle quali Paul ha a che fare con le figure dell’autorità eterosessuale (nell’ordine: professori, medici, magistrati), che cercano di castrare o inibire le sue tendenze sessuali, sono rappresentate invece su fondali completamente neri: il consiglio di disciplina della scuola che espelle Paul (fig.11); l’ipnotista che cerca di curarlo (fig.18); il giudice che lo condannano al processo (fig.23). Unica eccezione, il caso intermedio di Hirschfeld (fig.19), figura dell’autorità (medico anch’egli, oltre che omosessuale: nel film non viene detto, ma la sua figura era ben nota, senza contare che spesso introduceva il film in sala), ma anche solidale con la posizione di Paul. Sono dunque i luoghi (e i momenti: per esempio quando Paul legge le notizie dei suicidi dei suoi conoscenti gay; fig.17) della repressione a essere raffigurati come cupi e malsani.
I luoghi della vita gay brulicano di persone tranquille quando non festose, che costituiscono però lo sfondo dal quale Paul è sistematicamente isolato, o per la sua collocazione nello spazio della scena, o per il modo in cui viene inquadrato. Oswald imposta tutto il suo film proprio sull’idea dell’isolamento, fin dall’inizio: nelle prime due sequenze, vediamo in primo piano Paul e Mark affettuosamente uniti, che vengono separati dall’intervento del maestro (fig.10), che in entrambi i casi caccia Paul in profondità di campo, frapponendosi tra lui e Mark, che rimane solo e impaurito in primo piano (in camera si nasconde addirittura sotto le coperte!). Al contrario, nella festa tutti si divertono in secondo piano, ballando insieme, mentre solo Paul e Franz rimangono in primo piano, isolati dal gruppo (fig.15), e isolati anche tra di loro dai tagli di montaggio (prima di essere inquadrati insieme, vengono ripetutamente ripresi separatamente, ulteriormente isolati da un mascherino circolare; fig.14). Proprio il mascherino circolare è una leitmotive costante e ossessivo di tutto il film, utilizzato da Oswald per enfatizzare i momenti salienti dal punto di vista drammatico e dal punto di vista emotivo e per accentuare il senso di isolamento psicologico e sociale dei personaggi (soprattutto di Paul). Dyer ritiene che la scena della festa vada a sostegno della sua tesi, in quanto quando Franz abborda Paul, i due si spostano, uno dietro l’altro, verso il gruppo festante e lo attraversano. Secondo Dyer ciò significa che essi si uniscono al “perverso mondo sotterraneo gay” e ciò causerebbe la perdizione di Paul. A me pare piuttosto il contrario: Franz attraversa il gruppo di ballerini (tutti in fila) senza unirsi a loro (Franz e Paul lasciano infatti la festa per andare a consumare il loro incontro a casa del violinista).
Un’altra sequenza merita un breve commento, quella in cui Paul porta a casa sua Franz. Inizia con Franz che dà le spalle a un Paul vistosamente eccitato, che lo abbraccia (fig.16). Franz lo ferma e Paul fraintende: dal suo volto deluso capiamo che Paul aveva sperato davvero in un incontro di piacere disinteressato e che ora crede di comprendere che Franz sia invece un prostituto che si aspetta di essere pagato. L’aspetto più sorprendente è che Paul, dopo l’attimo di delusione (ha lo sguardo perso, si mette una mano sulla fronte, sfoggia un sorriso forzato), non mostra alcuno scandalo, estrae dal portafoglio dei soldi che dà a Franz, e ricomincia subito ad accarezzarlo. Franz lo ferma di nuovo, chiedendo altri soldi, e allora Paul capisce che gli è andata proprio male: non solo Franz non lo aveva abbordato per pura e semplice attrazione fisica, ma non è nemmeno un prostituto, è invece ricattatore. Paul desiste e si dispera. La scena è costruita in modo tale da non mostrare alcun moralismo nei confronti dell’eventualità della prostituzione. E anche in questa disponibilità (eventuale) a rappresentare la prostituzione maschile (fatto del tutto inedito) senza inibizioni, da parte di un regista che, come abbiamo visto, aveva già dedicato un altro Aufklärungsfilm al tema della prostituzione, non è fatto da sottovalutare. Certo poi non bisogna dimenticare nemmeno che gli Aufklärungsfilme, nei loro esempi più “onesti”, sono film di educazione sociale e non si può quindi illudersi che il loro sguardo sia troppo progressista: c’è in essi un fondo morale, che senza eccessiva pedanteria e senza i toni censori di tanti film, prende le mosse pur sempre da una serie di valori condivisi. La prostituzione di Die Prostitution è un problema (il film reca significativamente il medesimo sottotitolo di Anders: Sozialhygienisches Filmwerk), come la leggerezza dei comportamenti sessuali, per altro di una donna sposata e madre di una bambina, in Der Ewige Zweifel (1918), per limitarci sempre all’esempio del cinema di Oswald. Non si può quindi pretendere che tutto venga rappresentato in modo completamente neutrale. E’ evidente negli Aufklärungsfilme uno sforzo di razionalizzazione degli istinti, nel tentativo di insegnare a controllare e a dominare le pulsioni (soprattutto sessuali) onde ricondurle a una pratica compatibile con l’istituto sociale borghese, nell’ottica di una società comunque più liberale e più salutare.
C’è ancora un aspetto apparentemente ambiguo, ma a mio avviso tutt’altro che omofobo, che vale la pena di commentare: il fatto che il ricattatore, Franz, sia anch’egli gay [36]. Questa scelta contribuisce a variegare ulteriormente il ritratto della realtà omosessuale: Franz ha tutta l’aria di un gay che sfoga nel ricatto l’incapacità di accettarsi, o di costruire una sua vita equilibrata. Traspare da alcuni suoi atteggiamenti l’invidia nei confronti di Paul e persino di Kurt. E che in un’opera apologetica nei confronti degli omosessuali questi non siano ritratti come mere vittime ma secondo un’ottica più realistica, tanto nella loro capacità di instaurare un’affettività normale quanto nella più elementare ricerca di soddisfazione sessuale, mi pare una scelta ardita. Rileggiamo ciò che, due anni prima dell’uscita di Anders, Freud diceva degli omosessuali ai suoi studenti dell’università di Vienna:
Sono uomini e donne, spesso anche se non sempre di educazione peraltro ineccepibile, altamente evoluti sotto il profilo intellettuale ed etico, affetti solo da quest’unica fatale deviazione. Per bocca dei loro portavoce scientifici essi si spacciano per una particolare varietà della specie umana, per un “terzo sesso” che ha tutti i diritti di essere posto sullo stesso piano degli altri due. […] Naturalmente essi non sono, come amerebbero anche affermare, una élite dell’umanità, ma contano fra di loro perlomeno tanti individui inferiori e buoni a nulla quanti ve ne sono tra le persone di natura diversa dal punto di vista sessuale [37].
A parte l’evidente stoccata contro Hirschfeld, che non nomina (è noto che fra
i due non correva buon sangue), Freud sostiene la “normalità” degli omosessuali
così come Anders, ma premesse e finalità sono opposte: per Hirschfeld e
Oswald normalità significa salute e di conseguenza diritto a vivere liberamente,
per Freud normalità significa solo non eccezionalità (contro le pretese avanzate
da qualcuno), ma gli omosessuali sono comunque “affetti da una fatale deviazione”,
che pur non compromettendone le capacità intellettuali ed etiche (concessione
non da poco), li rende comunque malati.
Il comportamento illecito di Franz è in ultima analisi consentito dall’omofobia
della legge, sicché egli non è che una conseguenza dei vari antagonisti dell’”eroe”
Paul, quegli istituti sociali che opprimono in un modo o nell’altro i rappresentanti
della “sessualità intermedia” attentando fin dall’inizio alla loro normale esistenza
e alla loro felicità: l’autorità scolastica, quella familiare (in due scene
perdute, espunte dalla versione del ‘27), una parte di quella scientifica (l’ipnotizzatore)
e infine quella giuridica. Proprio la scena del processo riprende significativamente,
anche nello stile della messinscena, quella iniziale del consiglio scolastico
che espelle l’adolescente Paul, chiudendo l’intero film in una circolarità soffocante
che è il segno distintivo di tutto lo stile dell’opera, replicato nell’uso
ossessivo dei mascherini circolari: si tratta di due sequenze quasi astratte,
che presentano
le figure umane, illuminate in modo artificioso, su neutri e inquietanti
sfondi neri, che vogliono dare alla situazione un significato emblematico.
Una scelta stilistica indubbiamente ardita, da ascrivere ai meriti di questo
film
coraggioso, che ha rotto una quantità di tabù con una precocità ammirevole e
che purtroppo per le circostanze che abbiamo visto non ha potuto svolgere la
funzione
di modello che avrebbe voluto assumere: il cinema avrebbe preso tutt’altra strada,
quella del silenzio, della negazione, della velatura, costretto dalle censure
di regime (come nel caso della Germania nazista) o da quelle del moralismo (come
nel caso del codice Hays negli Stati Uniti, curiosamente coevo all’ascesa al
potere
di Hitler).