Chi pensa che i nostri bisnonni facessero sesso solo al buio, nella posizione del missionario e in due alla volta, è tempo che si ricreda. Negli ultimi anni è tornata alla luce tutta una serie di film pornografici risalenti alle origini del genere, vale a dire alle origini stesse del cinema, talora con tanto di restauri e relativi passaggi in festival cinematografici. La loro circolazione continua tuttavia a essere occasionale e, almeno da noi, priva di ricadute in campo critico e storico. Insomma questo tipo di cinema è ancora difficile da vedere e soprattutto da studiare [1].
"Serate nere" e maitresse proiezioniste: le origini del cinema pornografico
L'esaustività del catalogo offerto dai film hard delle origini sembra lasciare poco spazio all'immaginazione successiva. Questi film, che dall'inizio del '900 fino agli anni '50 mantengono invariati i loro caratteri formali essenziali (un rullo di lunghezza, quindi durata variabile tra i 5/6 minuti e il quarto d'ora, fotografia in bianco e nero, assenza del sonoro), esibiscono infatti già ogni possibile pratica sessuale attraverso un linguaggio molto simile a quello del porno odierno.
Una cosa di certo mancava a questi incunaboli della pornografia, rispetto ai loro discendenti odierni: la plurivocità dei destinatari. Oggi il mercato pornografico è segmentato in una serie di offerte, per tutti i gusti e per tutte le tendenze, e una buona fetta (secondo qualcuno addirittura il 40%-60%) del pubblico è costituito da donne, ivi compresa una consistente, seppure minoritaria, rappresentanza di lesbiche. Nei primi decenni l'offerta era invece indirizzata a un solo "spettatore modello": quello del maschio eterosessuale. Anche il corrispettivo più "rispettabile" della pornografia, cioè il cinema erotico soft, nei primissimi anni del '900 era oggetto di serate destinate a un pubblico di soli maschi (da noi si chiamavano "serate nere"), per quanto i «quadri piccanti» promessi dalle locandine in realtà fossero estremamente prudenti, tanto che talora il pubblico reagiva senza troppi complimenti, rasentando la rissa [2], a questi film che lasciavano le scene ardite all'immaginazione dello spettatore [3].
Ma nonostante ricerche, recuperi, restauri, ridistribuzioni, delle origini del cinema porno si continua a sapere poco e i dati storici si sovrappongono a una quantità di voci: si dice che il sultano Faruk avesse una buona collezione privata già a fine '800, si racconta che il re di Spagna Alfonso XIII abbia commissionato film porno negli anni '20, si favoleggia di un archivio segreto di film porno in Vaticano, e così via. Di certo ci sono i film rimasti, che testimoniano di produzioni non sempre improvvisate, ma che anzi talora coinvolgevano tecnici competenti e energie da studio di produzione di primo livello (la prestigiosa Pathé già nei suoi primi anni era dotata di un settore produttivo segreto per film pornografici). Anche il fronte distributivo era più complesso e variegato di quanto si è a lungo pensato: non solo bordelli (soprattutto in Europa), party privati, confraternite universitarie e club maschili (soprattutto negli Stati Uniti), ma anche vere e proprie sale cinematografiche, sia pure in orari e proiezioni particolari [4].
Altro problema non da poco, le quantità: filmografie e archivi arrivano a schedare per il periodo del muto decine di film pornografici, fino alle soglie dei duecento. Ma quanti ne saranno andati perduti? Se del cinema muto "ufficiale" si conserva oggi una quantità irrisoria, che gli ottimisti fissano intorno al 10% di ciò che era stato prodotto, per questo cinema sommerso e non documentato è lecito pensare che la proporzione del sopravvissuto sia ancora minore.
L'omosessualità nel porno delle origini
In tanta incertezza non si può stabilire se la presenza di scene omosessuali nel porno delle origini, certo minoritaria, fosse solo occasionale o avesse dato luogo a un vero e proprio filone [5]. La ricerca del peregrino e dell'alternativa era frutto di commissioni "particolari" o del gusto personale dell'"autore", o ancora rispondeva semplicemente a esigenze di varietà, per sfuggire alla noia della ripetizione?
Di certo le scene di sesso lesbico sono già ritenute eccitanti per il maschio eterosessuale, per quanto il loro statuto sia piuttosto ambiguo e variamente interpretabile [6], soprattutto se si considera il fatto che non sono sempre preparatorie all'entrata in campo del maschio, anzi talora esplicitano una certa valenza antimaschilista, soprattutto quando l'accento viene posto sul tema del piacere della donna e della sua soddisfazione psicofisica. È ciò che accade in due fantasiosi film francesi degli anni '50, Petit conte de Noel e La femme au portrait, ma anche in una certa misura già nell'italiano Saffo e Priapo (1921 ca.) [7].
Più difficile è collocare le scene di sesso tra maschi, decisamente più rare non solo di quelle tra donne (rispettivamente presenti nel 5% e nel 20% dei film), ma persino di quelle con animali [8]. Tuttavia, mancando prima degli anni '60 un pubblico omosessuale di consistenza tale da giustificare (anche semplicemente a livello economico) una produzione pornografica specifica, non stupisce tanto la rarità delle scene con rapporti tra maschi, quanto al contrario la loro abbondanza. In altre parole: se questi film sono destinati a un pubblico di uomini eterosessuali, perché inserirvi scene di sesso tra maschi? L'abitudine odierna a una separazione radicale tra prodotti pornografici eterosessuali e omosessuali rende difficilmente spiegabile una commistione del genere.
L'ipotesi che dei maschi omosessuali si lasciassero semplicemente andare senza preavviso ai propri gusti erotici, come ipotizza Waugh a proposito di Piccolo Pete (1935) [9], può spiegare solo alcune eccezioni. Tali sono anche gli home movies, sul tipo del francese Un pantalon fendu, ma chère (1920), che mostra due minuti di evoluzioni erotiche di una coppia di sadomasichisti, destinate probabilmente «a sollazzare una ristretta cerchia di "amici"» [10]. Eccezioni sono infine i film di travestitismo [11], le cui situazioni sono ricollegabili a tutta una tradizione orale-umoristica sull'omosessualità come disavventura involontaria, più che comprensibile in un contesto, quale è quello del cinema porno dell'epoca muta, abbondantemente legato a un umorismo volgare dalle evidenti venature omofobe [12]. Qualcosa di simile lo troviamo anche nel celebre Buried Treasure (1928-1933), un cartone animato pornografico in cui il protagonista, il signor Everready, tenta in ogni modo possibile di soddisfare il suo enorme pene insaziabile. Quando vede sbucare dalla sabbia la testa di una donna, Everready infila subito il pene nella sabbia, ma centra il sedere di un uomo che vi stava nascosto. L'uomo si arrabbia, ma Everready ci rimane altrettanto male e piuttosto che questa alternativa omosessuale preferisce rivolgersi a un asino per soddisfare le sue voglie.
Tutt'altro problema è posto dai numerosi film nei quali l'atto omosessuale è inserito nella sceneggiatura, cioè integrato nel racconto e pianificato prima di girare un'opera comunque destinata a un pubblico di uomini eterosessuali.
Vediamone un esempio emblematico: La ménage moderne du Madame Butterfly, un film francese della prima metà degli anni '20. La rilettura in chiave pornografica della vicenda della giovane orientale divenuta popolare a fine '800 dura in tutto sei minuti. Mentre il suo marinaio è lontano, Madame Butterfly, anziché macerarsi nel canto e pensando anche meno al suicidio, si consola con un'altra donna. Quando il marinaio finalmente fa ritorno, un giovane servitore giapponese, Pinh-Lhop, gli spiffera tutto ciò che la signora Butterfly ha fatto in sua assenza. Per vendicarsi delle consolazioni saffiche della moglie, il marinaio sodomizza Pinh-Lhop, che dal canto suo si presta ben volentieri: la stereotipa effeminatezza del personaggio non lascia dubbi circa le sue preferenze sessuali, ma per non correre rischi le didascalie esplicitano il fatto che Pinh-Lhop tradisce il segreto di Madame Butterfly proprio con l'intento di indurre il marinaio a vendicarsi a sua volta con un atto omosessuale («Et s'il trahit le secret de Butterfly, ce ne fuit que pour obtenir ce qu'il désirait de puis longtemps...»). Quando il marinaio ritiene di averne avuto abbastanza, sopraggiungono Madame Butterfly e la sua provvisoria compagna di letto. La generale riconciliazione è celebrata con un rapporto a tre che coinvolge il marinaio e le due donne («L'infidèle est enfin revenu... et l'amour fit le reste!»). A Pinh-Lhop non rimane che spiare da un angolo e finire da solo ciò che il marinaio aveva iniziato.
In questo film emergono con una certa evidenza quattro connotazioni, legate da un comune intento repressivo, associate al rapporto tra maschi, presentato come:
- occasionale: risulta evidente che l'eroe è eterosessuale e si presta al rapporto con un altro uomo per la prima volta e in via del tutto eccezionale. Infatti lo sappiamo legato a Madame Butterfly, alla quale si riunisce al termine del film, e sappiamo che Pinh-Lhop da molto tempo desiderava invano il suo rapporto col marinaio.
- punitivo: se il rapporto è occasionale, necessita di una giustificazione, che viene offerta dal desiderio di punire Madame Butterfly, non tanto per l'altro atto omosessuale di cui è stata protagonista (come abbiamo visto, le scene lesbiche incontravano già il favore del pubblico eterosessuale), quanto piuttosto per il tradimento che con esso si è consumato. Al suo rientro in scena al termine del film, infatti, Madame Butterfly è definita senza mezzi termini «l'infidèle».
- inconcludente: il rapporto omosessuale è sempre transitorio, prepara e introduce un rapporto eterosessuale, e in sé non porta nessuno dei partecipanti al raggiungimento del piacere (cioè all'eiaculazione). Ciò contribuisce ovviamente a rimarcare i punti precedenti: riconferma l'occasionalità del rapporto e il suo carattere punitivo, quasi che la sodomizzazione fosse un "atto dovuto" (praticato in questo caso per vendetta nei confronti di un tradimento, più spesso per esigenze di "educazione sentimentale" della vittima) e in quanto tale non fosse previsto alcun piacere. Anzi laddove serva a educare la vittima per reintrodurla a una pratica sessuale "normale", è essenziale che il piacere si raggiunga solo con il passaggio dal rapporto omosessuale a quello eterosessuale. Anche nel caso (raro) in cui il partner sia "senza speranza", come accade in La ménage moderne du Madame Butterfly, poiché Pinh-Lhop è presentato come omosessuale, il rapporto tra maschi rimane comunque inconcludente: se il marinaio si unisce infine a Madame Butterfly e alla sua compagna, al povero Pinh-Lhop non rimane che finire da sé mentre spia il suo desiderato marinaio [13].
- gerarchicamente determinato: tra i due praticanti si stabilisce sempre una distanza gerarchica, dovuta soprattutto al carattere punitivo del rapporto. Dal momento che l'eroe eterosessuale si presta al rapporto omosessuale per punire il proprio partner, i loro ruoli sono ben distinti, in nessun modo reversibili o reciproci, e seguono le convenzioni secolari che assegnano al maschio dominante i ruoli virili di attivo nel rapporto anale e di passivo nel rapporto orale, e al maschio dominato e sottomesso e i ruoli femminili complementari.
Vediamo un secondo esempio: un altro film francese, Tournée des granducs, 1923. In una bettola un uomo di mezza età gioca a carte con una donna, mentre il barista se ne sta dietro il bancone. A un certo punto arriva un gentiluomo vestito di tutto punto: è Adhémar che «déjà gris, cherche des sensations nouvelles». Adhémar è accompagnato dalla sua fidanzata, la quale però, schifata dall'ambiente, se ne va subito. L'uomo che stava giocando a carte manda la ragazza dal nuovo venuto, che viene fatto ubriacare. La ragazza gli presenta allora il suo compare e i due uomini si mettono d'accordo sul da farsi: «Et la vertu d'Adhémar fit ce soir là le grand saut: Le Saut d'homme...». Mentre l'uomo si occupa di Adhémar, in secondo piano la ragazza e il barista si danno da fare fra di loro, finché Adhémar «puis il finit par ou il aurait dû commencer», e cioè dalla ragazza, la quale viene poi pagata per la sua prestazione. Ma anche il suo compare pretende un compenso e Adhémar, ubriaco e soddisfatto, non si fa pregare: poi saluta tutti e se ne va, deriso dai tre, che cominciano un altro rapporto tra di loro. Anche in questo caso il rapporto omosessuale è occasionale (è solo il risultato della curiosità di una sera), punitivo (i tre prendono in giro il giovanotto, in quanto è subito chiaro che si tratta di uno sciocco facilmente raggirabile, e dunque gli danno ciò che cerca - "qualcosa di particolare" - al solo fine di spillargli soldi), inconcludente (sia il giovane che l'uomo finiscono il loro rapporto, e raggiungono il piacere, con la ragazza) e gerarchicamente determinato (tra i due uomini i ruoli sono quelli canonici che abbiamo descritto, e anzi la femminilità della posizione subordinata di Adhémar è esplicitata dal montaggio del film, che alterna costantemente il rapporto tra la donna e il barista e quello tra i due uomini, mostrando puntualmente come Adhémar faccia, e si faccia fare, le stesse cose che fa e si lascia fare la donna, peraltro nello stesso ordine). A rassicurare sul fatto che nessuno è omosessuale stanno le sequenze di apertura e di chiusura: Adhémar arriva con la fidanzata e l'uomo che si presta a soddisfarne la curiosità alla fine ha un rapporto con la donna. La didascalia finale è tanto più esplicita nell'affermare che Adhémar "avrebbe dovuto iniziare" dalla donna, senza farsi venire tanti grilli in testa. L'omosessualità è insomma una fase transitoria in un'"educazione sentimentale" grossolana ma dai significati palesi.
Considerazioni analoghe si possono fare su Mr. Abbott Bitt at Convent (1925), nel quale Dupedé, il cuoco di un convento, spia da una finestra della cucina due suore che dopo il pasto si concedono uno svago. L'abate Bitt, che sopraggiunge nel frattempo, punisce il cuoco incastrandogli la testa nella finestra, alzandogli la tonaca e sodomizzandolo. Nessuna educazione sentimentale, qui, ma solo una punizione autoritaria: «L'abbé Bitt, dans ces parages, surprit notre trio et ce fuit Dupedé qui paya le premier». Nella sequenza successiva il cuoco entra nella stanza e chiede alle due suore di coinvolgerlo nei loro giochi, ma di nuovo arriva l'abate che caccia il cuoco e pensa lui a «benedire in serie» le due suore.
Talora le implicazioni punitive sono tutt'altro che motivate dal punto di vista narrativo, eppure sono attestate con inequivocabile severità dalle didascalie, come nel caso di La maîtresse du Capitaine de Meydeux (1924), nel quale il capitano di una nave sorprende la propria segretaria indaffarata con un giovane marinaio. Le didascalie affermano senza possibilità di equivoci che il capitano costringe il giovane a prestarsi al solito tipo gerarchico di rapporto omosessuale per vendetta, neanche avesse sorpreso la moglie a letto con un amante.
Anche quando sono assenti riferimenti esplicitamente sprezzanti, non è comunque mai concesso che l'omosessualità possa costituire in sé un'alternativa soddisfacente. Prendiamo il caso piuttosto interessante di A Stiff Game, un film americano degli anni della grande depressione. L'eroe è Bill Hangnuts, stanco della disoccupazione e della crisi generale, e deciso a prendersi una rivincita tramite la sperimentazione di nuovi piaceri. Il suo primo incontro è con un portiere di colore, Sambo. I due giocano a strip poker e Sambo «perde al gioco, ma vince la bologna», come si legge nella solita didascalia umoristica. Ma non appena una donna entra nella stanza, il rapporto tra i due si interrompe e l'attenzione di entrambi è rivolta tutta alla nuova arrivata. Quando si aggiunge una seconda donna, ognuno ha la "giusta" compagna e la loro avventura può giungere finalmente a soddisfacente conclusione. Allo stesso modo nel più convenzionale The Chiropodist, degli anni '20, il giovane che sopraggiunge a disturbare l'uomo più maturo impegnato nelle sue effusioni con una donna viene inizialmente coinvolto solo in un rapporto omosessuale. Ma poi viene "promosso" a comprimario e da questo momento le attenzioni dei due sono tutte per la donna (una vicenda analoga si trova nel francese La télégraphiste, della metà degli anni '20).
Anche se il carattere punitivo è più blando, in questi ultimi esempi i rapporti omosessuali rimangono comunque occasionali, inconcludenti e gerarchicamente determinati.
Nel complesso, dunque, i rari esempi di rapporti tra uomini nel cinema porno delle origini reiterano con sistematicità una visione dell'omosessualità che, anche quando non è propriamente repressiva e omofoba, rimane pur sempre critica e sospettosa. Questi film appaiono finalizzati all'esaltazione della virilità eterosessuale e l'alternativa omosessuale, sempre temporanea, non viene mai rappresentata in modo neutrale e paritario, nemmeno se il malcapitato accetta con un sorriso la sua disavventura non ricercata, per quanto al limite non del tutto spiacevole. Il rumoroso pubblico dei bordelli, che secondo le testimonianze dell'epoca assisteva ai film commentando, vociando, ridendo e promuovendosi spesso a protagonista nel raccontare esperienze private richiamate alla mente dal film, con tutta probabilità si doveva lasciare andare a sfoghi derisori di fronte a questo genere di scene. Come notano giustamente Di Lauro e Rabkin [14], il rapporto tra maschi rimane il tabù più forte nel cinema pornogafico, e si può dire non venga pressoché mai superato. Semplicemente il "problema" emigra in una produzione specifica negli anni '50-'60. La riprovazione per l'omosessualità maschile è rintracciabile persino in uno dei rarissimi film all male prodotti prima dell'avvento della pornografia gay: in Three Comrades (un film americano degli anni '50), tre giovani sono impegnati in vari tipi di attività omosessuale, mentre le didascalie commentano in modo sprezzante le loro imprese, fino a una conclusione che non lascia spazio ad ambiguità di sorta: «Aw Shit. I'm Disgusted. So let us QUIT».
Visibilità, piacere e repressione narrativa
Con tutte le limitazioni del caso, in un certo qual modo questi film finiscono con l'assumere un significato sociale e persino politico, tanto più se si ricorda il valore iniziatico che avevano spesso nei bordelli. Mostrando di accettare la severità repressiva e il gioco derisorio imposto dalla morale eterosessuale, l'omosessualità (gli omosessuali?) si mette in evidenza, facendo arrivare al pubblico un messaggio da non sottovalutare, soprattutto in tempi in cui il cinema ufficiale si sforza in ogni modo di negare l'esistenza stessa dell'omosessualità: Hollywood non osa nemmeno dirlo, i film porno lo mostrano nei minimi dettagli.
Ciò non vale solo per il pubblico omosessuale. Il cinema porno, grazie alla sua natura clandestina, sembra di fatto godere di uno statuto speciale che gli permette di fare vedere tutto [16]. Così, notavano già Di Lauro e Rabkin, il cinema pornografico assolve una doppia "funzione sociale": da un lato, soprattutto per il pubblico più giovane, «offered detailed instructions in sexual technique and expressed vital collective heterosexual concerns», dall'altro «proved a similar experience of male bonding, not so much as a rite of adolescent passage but as a validation of appetites society had forced it to publicly reject. For groups with severe sanctions against extra-marital sex, for middle-aged fearful or incapable of exploring forbidden sexual terrain, the films affirmed their existence as sexual creatures and as men» [17]. Anche se di norma alla fine si riafferma che la forma di sesso "normale" è una sola, il cinema porno documenta l'esistenza di una notevole quantità di variazioni possibili e rassicura il pubblico che si eccita per qualcuna di esse: non siete i soli.
Fin dalle suo origini, dunque, il cinema pornografico assolve anche una funzione documentaria, non solo nei confronti di funzioni biologiche e reazioni idrauliche del corpo, ma anche di modi di interazione sociale taciuti da altri media e da altre forme di cinema, con tutti i possibili risvolti politici del caso, cui è da associare una troppo spesso misconosciuta funzione di vera e propria socializzazione [18], che diventeranno centrali per la generazione di Stonewall [19].
Così facendo, il porno ha organizzato un discorso sul sesso partecipando alla costruzione di quella scientia sexualis che, nei termini posti da Foucault, ha avuto bisogno anzitutto di affermare, distinguere, far emergere ogni possibile perversione [20]. Forse proprio per questo il porno delle origini, benché destinato a un pubblico ristretto e selezionato (maschio eterosessuale), ha mostrato ogni particolarità sessuale, non sottraendosi nemmeno all'esibizione dell'omosessualità maschile che in seguito è divenuta rigorosamente tabù [21].
Nel porno delle origini assistiamo dunque, per quel che riguarda l'omosessualità maschile, a una palese schizofrenia: i film raccontano un rifiuto, esercitando in questo modo un potere che partecipa alla scientia sexualis, ma al contempo per farlo devono mostrare ciò che viene rifiutato, e ciò si traduce in una forma di affermazione addirittura unica per quei tempi, nella quale non è possibile nascondere l'incontro con un piacere. Ovvero, per mostrare la perversione devono dare a intendere di rifiutarla inserendola in contesti narrativi repressivi. L'ambiguità è tanto inevitabile quanto voluta e lascia l'interpretazione finale al singolo spettatore, com'è tipico di tutto il cinema di exploitation (in Three Comrades tale contrasto si presenta nella sua forma più elementare, ma non per questo più semplice da interpretare).
In chiusura è opportuno precisare che non si tratta di un contrasto tra finzione e verità: l'immagine cinematografica non è mai trasparente e restituisce una realtà sempre rielaborata e codificata, e ciò sarà sempre più vero, nel caso del cinema porno, mano a mano che il genere verrà fissando le proprie regole. E' invece un contrasto tra due forme di discorso (la vicenda narrativa e i dati di realtà selezionati e mostrati dall'immagine, che documentano sì l'esistenza di qualcosa altrove negato, ma un qualcosa a sua volta frutto di finzione, di messinscena), e si tratta di un contrasto tra due esigenze e due estetiche diverse, quella del cinema narrativo (il cui fine è raccontare una storia) e quella del cinema delle attrazioni (il cui fine è esibire qualcosa, senza esigenze narrative aggiunte). Ma questa è un'altra (lunga) storia [22].