Mercanti dello spazio, I [1952]. L'arte ormai persa dell'allusione.

10 gennaio 2011

Romanzo di fantascienza, del 1952.

Mi rendo conto del fatto che sto un po' per discutere del sesso degli angeli, dato che oggi come oggi abbiamo testi di tutt'altro spessore da recensire...

Ciò nonostante mi diverte far notare come, a p. 74 di questa edizione, gli autori abbiano nascosto un'allusione all'omosessualità con uno di quei tipici giri di parole in codice a cui si faceva ricorso negli anni Cinquanta (quando scrivere d'omosessualità era tabù), che penso possa risultare divertente far notare ai lettori più giovani, non più abituati a decodificare questi indizi, molto usati nella letteratura del passato.

Il romanzo è una divertente e paradossale satira (purtroppo tornata attualissima) della natura priva di freni del capitalismo:

"Gli Indietristi dichiaravano che la moderna civiltà avrebbe causato la rovina del nostro pianeta.

Affermazione assurda.

La scienza precede sempre di un passo l'esaurimento delle risorse naturali. Infatti, quando i normali generi commestibili avevano cominciato a scarseggiare, c'erano già pronti gli alimenti sintetici.

Quando la benzina non era stata più sufficiente, la tecnica aveva pensato ai tassì a pedali!" (p. 16).

Il protagonista, il responsabile d'un'agenzia di pubblicità abilissimo nell'obbligare i "consumatori" nella camicia di forza di un capitalismo senza freni né scrupoli, viene rapito, e dotato d'una falsa identità, allo scopo di fargli vivere sulla pelle cosa voglia dire essere un lavoratore-"consumatore".

Al suo arrivo nel campo di lavoro, che appare un inferno, gli viene proposto il dormitorio sette:

"Un bel ragazzo come voi si troverà bene in mezzo ad altri bei ragazzi"...

È una trappola: un tentativo di mandarlo in una sezione per omosessuali.

Al rifiuto del protagonista, il tentativo viene ripetuto col dormitorio dodici, dove ci sono "bei giovanotti" anziché "bei ragazzi".

Ovviamente anche questa proposta ottiene un rifiuto.

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