recensione diGiovanni Dall'Orto
Winckelmann [1982]. Finalmente una biografia che parla di omosessualità senza terrore.
Biografia del grande critico d'arte tedesco, autore della "riscoperta" dell'arte antica che fu alla base del neoclassicismo.
Il solo difetto di quest'opera, per altri versi ben scritta e interessante, è che, per rendere la vicenda più attraente per il lettore non specialista, non segue uno stretto criterio cronologico, ma raggruppa gli eventi per vicende tematiche, creando così un poco di confusione su quanto viene prima e quanto viene dopo.
L'omosessualità di Winckelmann è trattata a volte in modo un po' sfuggente, ma è affrontata in modo esplicito, e utilizzata (senza le remore tipiche dei critici italiani) per spiegare il comportamento di Winckelmann ogni volta che si lancia in voli pindarici decisamente eccessivi parlando della bellezza maschile.
L'assassinio di Winckelmann è, curiosamente, discusso in apertura e non alla fine.
Sul possibile carattere omosessuale del movente l'autore non si pronuncia, e visto lo stato della documentazione ha anche ragione a farlo.
A mio parere ci azzecca però laddove (p. 14) definisce "mezzano" l'assassino, un dato che ben concilia il carattere "pasoliniano" del suo delitto con l'età e la bruttezza del volto butterato dell'omicida, che difficilmente gli avrebbe permesso di essere un "ragazzo di vita" lui stesso.
Non so dove Leppmann abbia preso questo dato, però si tratta del medesimo sospetto che ho avuto io leggendo gli atti del verbale di condanna dell'assassino.