recensione diGiovanni Dall'Orto
Pag - The lady is dead (Roy Raz / The irrepressibles - 2010).
Ad esempio questo videoclip, che non è un videoclip in senso stretto, dato che non è stato commissionato né dai musicisti (il gruppo da camera rock "The Irrepressibles", con un vocalist, Jami Mc Dermott, che ricorda molto da vicino Antony) né dalla loro casa discografica.
È infatti opera d'un artista video israeliano, Roy Raz, che ha utilizzato una canzone preesistente ("In this shirt") come base per creare un filmato onirico e surreale, avente per fulcro l'amore omosessuale.
Che Raz abbia fatto centro me lo rivela il numero sorprendente d'amici che me lo stanno segnalando, con una diffusione tipicamente "virale", e questo nonostante il fatto che in Rete non si trovi praticamente nessuna notizia sul regista.
Il video colpisce per due motivi: per l'enorme impatto estetico delle sue immagini, e per la perfetta amalgama fra immagini e musica
Dopo lunghe e "raffinatissime" discussioni esegetiche coi miei amici, sono giunto alla conclusione che le immagini non "significano" nulla. Non esiste, in altre parole, una narrazione: la forza del video si basa interamente sull'impatto estetico e visivo delle immagini stesse.
Anche l'immagine apparentemente più "semplice" da decifrare - due donne che giocano a tennis palleggiandosi un cuore - non è tale: quello che viene palleggiato è infatti un fegato, come si può notare con un semplice "fermo immagine".
La visione della realtà omosessuale di questo filmato tende ad essere al tempo stesso lirica e critica.
Per dirne una, l'intero video è girato con una viratura plumbeo-perlacea che non è certo gioiosa, ed alcune immagini sono alquanto crude, se non violente (un uomo ha la testa trasformata in un ammasso di brandelli di carne, che egli strappa, rimanendo infine senza testa).
D'altro canto un gruppo di tre ragazzi, non stereotipicamente belli ma decisamente graziosi e ritratti in modo assai lirico e affettuoso, si denuda al rallentatore e inizia un rapporto sessuale, che però è simboleggiato da un flusso di liquido nero volteggiante che parte da uno, attraversa il secondo, e si salda al pene del terzo.
Altri due ragazzi (graziosi pure loro) si toccano a vicenda con gran tenerezza, ma con mani sporche di vernice nera, per cui ogni loro carezza sporca sempre di più il corpo dell'altro.
Oltre a ciò due ragazze quasi identiche (due gemelle?), come detto, giocano a tennis con un fegato, mentre altre due donne si affrontano e si guardano e si toccano: una di loro ha il pube trasformato in un triangolo di perle, e la seconda apparirà poco dopo con la bocca ingemmata di perle.
Su tutto incombe un'eccentrica donna anziana vestita da ballerina (in tutù nero, come il cigno nero del Lago dei cigni) che in parte osserva imperturbabile, in parte manovra un tritacarne.
Intervalla la visione un gruppo di tre "classici" bodybuilders bonazzi che lavano un'automobile in calzoncini (un cliché che, assieme all'anziana signora, mi sembra citi direttamente il videoclip francese Wallie Catcha di MaMa) con gesti grossolanamente erotici.
Tutte le immagini sono riprese al rallentatore, una scelta che conferisce al video un andamento solenne, maestoso, assolutamente adatto alla musica, che è a sua volta solenne e malinconica.
Le parole della canzone commentano un amore impossibile e perduto per un ragazzo di nome Jake, e contribuiscono al video con una vena di malinconia, d'amore intenso e disperato:
"Sono perduto nel nostro arcobaleno, ora il nostro arcobaleno è sparito,
oscurato dalla tua ombra, mentre i nostri mondi vanno avanti,
ma in questi panni potrei essere te, per esserti vicino per un poco.
(...)
C'è una spina nel mio fianco: è la vergogna, è l'orgoglio
di te e me, sempre cangianti, che andiamo avanti, andiamo veloci.
(...)
Ma Jake, ho bisogno di dirti che ti amo, che <il dolore> non riposa mai,
ed ho sanguinato tutti i giorni, per un anno, per un anno,
e t'ho mandato un messaggio sul vento perché tu lo leggessi...".
In conclusione.
L'arte non deve necessariamente "dire" qualcosa. Può anche limitarsi a "mostrare", lasciando che siamo noi spettatori a cercare di far "dire qualcosa" alle immagini.
Sicuramente è il caso di questo filmato, che pur non avendo un messaggio strutturato cattura lo spettatore con gli elementi sparsi e non strutturati della bellezza, della grazia, della maestosità, e della tristezza. Tocca ad ogni spettatore decidere come mescolarli, nonché quale significato far scaturire dalle immagini.
Mille di questi video, Roy Raz.