recensione diGiovanni Dall'Orto
Justify my love (Madonna, 1990).
Madonna, con il suo fiuto per le tendenze, nel 1990 seppe intuire prima e meglio d'altri che era ormai possibile glamourizzare la rappresentazione visiva dell'omosessualità anche nel campo ritardatario dei videoclip (le radio stavano ormai aprendo al tema gay: erano le immagini a provocare la massima resistenza).
In questo video di "Justify my love" (patinatissimo, ed apertamente ispirato al linguaggio visivo dei servizi di moda: non a caso il regista era il fotografo di moda Jean-Baptiste Mondino) madame Ciccone ha quindi provveduto ad inserire timidi, veloci ma assolutamente espliciti riferimenti visuali al travestitismo e all'omosessualità, benché il testo non contenesse nulla di allusivo a questo tema.
Certo: due decenni e centinaia di videoclip a tematica lgbt dopo, le aperture di Madonna al tema ci appaiono timide timide, e fondamentalmente innocue, tuttavia questo video era decisamente "audace" per l'epoca in cui fu prodotto, tanto da meritarsi il bando da Mtv fino al 2002. (Altre tv si limitarono invece a programmarlo in orario notturno).
La censura, ovviamente, non fece altro che mandare alle stelle le vendite delle videocassette contenenti il filmato...
(Una nota in margine: grazie alla crescita del canale di vendita delle videocassette, da questo momento in poi per un videoclip il bando da Mtv poté considerarsi ormai come il più efficace strumento promozionale - come Madonna aveva capito benissimo. Le etichette più potenti iniziarono quindi a cercare di provocarlo, invece che di evitarlo. Nacque così l'abitudine di produrre due versioni, una integrale da vendere magari con etichette del tipo "FINALMENTE IL VIDEO INTEGRALE BANDITO DA MTV!", l'altra, espurgata, per la normale programmazione televisiva. Come vedremo, nel XXi secolo la Rete avrebbe reso possibile il contatto diretto fra artista e pubblico, lanciando attraverso videoclip azzeccati artisti censurati dalle tv).
In questo filmato vediamo una sorta d'orgia in una camera d'albergo, alla quale partecipano sia donne che uomini, alcuni in vestiario d'ispirazione sadomaso, e qualcuno truccato con gli abiti e il make-up del sesso opposto (cioè uomini truccati da donna e donne truccate da uomo).
Non poca attenzione attrasse fra gli spettatori gay, al momento dell'uscita del film, anche la seminudità del toy-boy di Madonna di quel periodo, il top model Tony Ward, che nel clip si concede anche un bel bacio sulla bocca con un travestito.
Ciliegina sulla torta: la stessa Madonna in persona concesse al pubblico, ebbene sì, un bacio lesbico con la modella Amanda Cazalet (truccata da uomo).
Il bersaglio del video (e del testo della canzone) è la bigotteria morale, che pretende d'avere il diritto di chiedere a chicchessia di "giustificare il proprio amore". Questa bigotteria è soprattutto religiosa, come ribadiscono i crocifissi che ricorrono nelle immagini, ma anche la frase dal tono di sentenziosità biblica che conclude il video:
Questo video ebbe un successo mondiale (anche di scandalo), e giocò ovviamente il suo ruolo nell'imporre Madonna come la diva trasgressiva per antonomasia nel mondo gay.Povero è l'uomo
il cui piacere dipende
dal permesso di un altro.
Se oggi il filmato appare piuttosto scontato (escludendo comunque la cura formale, che è straordinaria anche per gli standard odierni) è solo perché esso si colloca all'inizio d'un movimento di radicalizzazione del linguaggio dei video musicali che nel frattempo è giunto a pieno compimento.
Madonna ebbe un ruolo non piccolo in questo cambiamento, perché seppe individuare il giusto confine tra lo scandalo coltivato ad arte per solleticare i pruriti del pubblico, e l'oltraggiosità eccessiva.
In questo modo riuscì a sfruttare la sua immensa popolarità mondiale per spingere un po' più in là i confini dell'accettabile. Magari con dettagli per apprezzare i quali oggi occorre il fermo-immagine, ma che al di là di tutto ci sono, e ci sono per sua scelta deliberata.