recensione diGiovanni Dall'Orto
Being boring (Pet shop boys, 1990)
Nel periodo in cui la televisione restava l'ultimo dei grandi media di massa a resistere all'arrivo della tematica omosessuale nel dibattito, su questo argomento le riviste di moda, per il loro carattere elitario, avevano nel frattempo potuto evolvere, quasi inosservate, un approccio originale.
Un approccio che riusciva a conciliare l'interesse per la bellezza maschile (che tanto appello ha sul numeroso pubblico gay che segue - e popola - questo mondo) con la necessità di non terrorizzare la maggioranza eterosessuale mostrando apertamente il babau dei froci. Questo mondo alludeva, faceva l'occhiolino, insinuava, richiamava, in un gioco teatrale senza fine in cui l'omoerotismo era sempre più presente, e lo era sempre più sfacciatamente, però sempre dietro alibi tanto risibili quanto rispettati in modo ferreo. L'omosessualità restava (e in gran parte resta) innominabile e tabù, ma in attesa di sdoganare lei si poteva iniziare a sdoganare la bellezza dei giovani manzi ignudi, rendendola socialmente accettabile, rendendola "glamour", rendendo accettabile l'idea che anche i maschi (etero!) potessero esibire i loro corpi nudi e andarne fieri. E lo si fece.
Questa evoluzione era stata resa possibile dall'opera d'un gruppo di fotografi di genio, del quale faceva parte Bruce Weber, che avevano inventato un linguaggio, un immaginario, un approccio alla bellezza maschile, che da un lato strizzava l'occhio all'immaginario erotico gay, e dall'altro non perdeva mai di vista il fatto che la foto di moda è un'ancella del marketing, e deve sempre affascinare i potenziali clienti, e mai spaventarli.
Arruolare questa pattuglia d'innovatori per la realizzazione d'un prodotto destinato anch'esso al marketing, qual è il videoclip, era quindi una mossa del tutto naturale: tant'è che oggi non si contano più ormai i fotografi di moda che girano videoclip.
La scelta dei Pet Shop Boys d'affidare proprio a Bruce Weber la realizzazione di tre loro video, in quel periodo, si rivelò una mossa tempestiva e azzeccata.
Va aggiunto che il duo inglese dimostrò una notevole pazienza di fronte al capriccio egolatrico del fotografo, accettando di fare uscire i clip con la buffonesca dicitura: "Un film di Bruce Weber. Musica dei Pet Shop Boys", come se la canzone da promuovere fosse in realtà la colonna sonora d'un cortometraggio. Ovviamente oggi dell'ego smisurato di Weber (che graziosamente "dedica" ai Pet Shop Boys il clip) non si cura nessuno, quaggiù nel mondo reale, e tutti considerano (ovviamente) questi filmati come i clip delle canzoni dei Pet shop boys, e non il contrario.
Il risultato finale è comunque valso la pazienza. Questo "Being boring", nato dalla collaborazione fra Weber e i Pet Shop Boys, si rivela infatti d'enorme impatto visivo, qualificandosi come uno dei più riusciti e convincenti tentativi dell'epoca di sdoganare il tema dell'erotismo (che dopo tutto è IL tema delle parole delle canzonette) oltre la barriera delle censure delle tv. Elegante, mai volgare, ma al tempo stesso molto erotico, era l'esatta mistura fra l'Arte (necessaria come alibi per aggirare la censura) e l'Eros (necessario per attirare l'attenzione del gentile pubblico e incentivare gli acquisti).
Weber ha fatto tesoro degli anni trascorsi a contrabbandare il desiderio e lo sguardo omoerotico nella foto di moda, ripetendo la stessa operazione nel campo del videoclip.
In questo non fu ovviamente né il primo né l'unico (attorno a lui i registi di clip a tematica eterosessuale stavano a loro volta tutti cercando freneticamente di bucare la censura, per il banale motivo che il sesso vende, e fa vendere) ma grazie ai Pet Shop Boys il tentativo, in questo caso, si applicò all'universo molto poco frequentato (all'epoca) del desiderio gay.
Non si trattava d'un accidente, ma del risultato d'una strategia deliberata, come dimostrano il precedente di "Domino dancing", nonché i loro video successivi, anch'essi a sensibilità omoerotica. Una volta è un caso, quattro, una precisa strategia. Che inffatti sarebbe stata completata, nel 1994, dal coming out di Neil Tennant.
Non ho trovato dati sulle intenzioni con cui questo video fu prodotto, ma direi che sia sufficiente guardarlo per capire come chi lo ha creato abbia voluto inserirvi un filo rosso omoerotico grazie alla continua delibazione della bellezza maschile (a scapito di quella femminile).
Addirittura, il filmato s'apre con un modello muscoloso e completamente nudo (anche se di spalle) che salta su un trampolino elastico accanto a una piscina (di super-lusso).
Sia chiaro: per l'intero video non esiste la minima interazione fra persone che faccia pensare anche lontanamente all'omosessualità: tutti i baci e le strusciate sono rigorosamente fra maschi e femmine. E questo fu l'indispensabile lasciapassare con cui questo video omoerotico si presentò (con successo) per l'ammissione al mondo, dominato dall'eterosessismo e dal puritanesimo, delle tv.
Neppure il testo contiene allusioni che possano essere lette in senso omosessuale, anzi nomina espressamente una "lei".
L'omoerotismo indiscutibile di questo filmato risiede quindi interamente nel taglio delle immagini, a iniziare dalla scelta di presentare molti fotomodelli (maschi) bellissimi in vari stati di svestizione, mentre la vista delle loro partner svestite è sempre ostacolata o dai corpi dei loro partner, o da schiuma, o da accidenti vari. In altre parole: ogni volta che appare una coppia eterosessuale impegnata nella propagazione della specie umana, l'obiettivo del regista si fionda sempre a colpo sicuro sul maschietto. E che maschietti!
Il filmato non possiede una trama: si tratta per la gran parte d'una mandria di ragazzi e ragazze, giovani da fare invidia, belli da far paura e ricchi da far schifo, ammassati in un appartamento di otto ettari - o su di lì - per un servizio di moda.
Non viene fatto nessuno sforzo per celare il fatto che questa non è gente reale e che si tratta di fotomodelli, anzi di top models (che camminano per le stanze solo col catwalk): la cosa viene semmai esibita con orgoglio. Era il periodo in cui la Moda prese seriamente in considerazione l'ipotesi di proporsi come arte-guida della cultura occidentale, e quindi tale sfacciataggine si spiega facilmente pensando all'anno di produzione.
Decisamente esagerata l'ambientazione sardanapalesca come accompagnamento delle parole (che si limitano al luogo comune del quanto fosse bella e spensierata la vita da giovani, e quanto fossero belle e mai noiose le feste a cui si andava allora), però la scelta d'esagerare qui è deliberata. Dopo tutto "Meglio il lusso che niente!" è lo slogan che muove tutta la moda...
Nell'insieme, la cura formale estrema di Weber (che si diverte anche a citare in più punti artisti e fotografi del XX secolo, facendo così del filmato anche un piccolo quiz di storia della cultura dell'immagine) ha dato un ottimo risultato. Che è, come detto, di grande impatto, e lo era ancora più nel 1990, quando la visione del nudo maschile non era ancora inflazionata quanto lo è oggi.
Ciononostante la filosofia che sta alla base del filmato (l'importante nella vita è essere giovani, belli, scopare, e non pensare a nulla) lo ha invecchiato parecchio, perché lo data a colpo sicuro agli anni pre-crisi della "New York da bere". Oggi che la realtà (quella dei "mutui sub-prime" e dei fotomodelli che per campare arrotondano come escort) ha battuto una volta di più i pugni sul tavolo della "favola bella" del mondo della moda, questa mandria di manzi vitaminizzati che frullano e si rotolano nell'appartamento appare fatua, sciocca, persa nel nulla.
Il video appare quindi esteriormente patinato e bello, ma privo di sostanza. Non vi succede nulla, e i manzi che lo popolano non hanno nulla da dire se non che sono belli e scopabili, e nulla da far succedere se non camminare come in passerella per far trasudare la loro bonaggine, e magari concedersi per la scopata di turno.
Sì, càpperi, Mr Weber, sono tutti davvero bonissimi... e quindi?
No, la Moda non salverà il mondo, come implica questo filmato. Anzi, sarà già tanto se il mondo permetterà alla Moda di salvare se stessa...
Però, nell'attesa di sapere come finirà, noi ci godiamo questa gradevole canzone dei Pet Shop Boys, ed il video che l'accompagna.