recensione diGiovanni Dall'Orto
There is a light that never goes out (The Smiths, 1986)
Questo video, affidato al regista gay militante Derek Jarman (già autore all'epoca del rivoluzionario Sebastiane), dimostra che per produrre un bel video non occorre una camionata di soldi, e neppure un carattere istericamente gay che faccia uno scandalo promozionale.
In effetti gli Smiths, interpreti della canzone, non solo non furono mai paladini della lotta di liberazione gay, ma il loro frontman Morissey ha giocherellato in modo altamente stucchevole per decenni col tormentone del "io lo sono, o forse non lo sono, anzi no che non lo sono, e se anche lo fossi sarebbero solo affari miei". Uff!
Ebbene, qui quel che non ci misero gli Smiths ce lo mise di suo Jarman. Riuscendo nel contempo ad aggirare l'eterno problema dell'epoca; la censura omofoba delle tv che, prima dell'epoca d'Internet e di iTunes, erano le uniche destinatarie di questi video promozionali.
Jarman seppe anzi trasformare una seria limitazione (la proibizione di rappresentare l'omosessualità) in una risorsa espressiva, come vedremo.
Il regista gioca sul minimalismo apparente, nascondendo sotto un velo di semplicità - se non addirittura banalità - una realtà complessa, che richiede un piccolo sforzo mentale per aprire lo scrigno del messaggio, il quale però una volta capito si rivela prezioso.
Il testo, da solo, non ha nessuna connotazione omosessuale. Il cantante si rivolge, come in millanta altre canzoni, a un generico "tu" il cui sesso non viene specificato, chiedendogli di renderlo felice:
Portami fuori, stanotte,
oh portami dove vuoi, non m'interessa dove.
Viaggiando sulla tua auto
non vorrei tornare mai e poi mai a casa
perché non ne una
oh non ce l'ho.
Solo un verso, alludendo alla difficoltà fra la persona che parla nei versi e la sua famiglia, lascia trasparire una situazione di conflitto che molti adolescenti gay (ma non solo loro, sia chiaro) conoscevano fin troppo bene, ed in cui si riconoscevano:
Portami fuori stanotte,
perché voglio vedere gente
e voglio vedere luci.
Accompagnandomi con la tua auto
oh, ti prego, ti prego, non lasciarmi a casa,
perché non è la mia casa, è la loro casa,
ed io non sono più il benvenuto.
Il testo prosegue utilizzando la figura retorica dell'iperbole (io infatti sinceramente qui non ci vedo nessuna "riflessione sul rapporto fra Amore e Morte", come ho letto in Rete: a me questa pare solo una banalissima esagerazione retorica) affermando che la felicità del momento è tale che se anche un autobus o un camion si schiantasse contro l'auto, sarebbe solo un piacere e perfino un privilegio morire al fianco della persona che sta guidando.
Jarman ha costruito il commento visivo con la sovrapposizione di tre strati d'immagini.
Il primo è il ritratto, virato in colore blu, amoroso e carezzevole, d'un bellissimo ragazzo in calzoncini, sdraiato sulla pancia mentre prende il sole. Il ragazzo è perfettamente immobile, ma è sveglio, come rivela a un certo punto l'ammiccamento d'un occhio.
Il secondo strato è un increspamento onirico di onde liquide, virate in colore giallo, che appare e scompare.
Il terzo, infine, è un assemblaggio d'immagini in colori naturali ma molto schiariti, che commentano il testo mostrando tipiche abitazioni inglesi, automezzi in moto, scene d'incidente d'auto, veicoli incendiati e quant'altro.
I tre strati formano una continua polifonia, diventando alternativamente più o meno visibili rispetto agli altri due, con un effetto straniante, a metà fra il sogno e l'incubo, che è poi quello della canzone.
L'aspetto rilevante del clip sta nella figura del ragazzo, che dimostra che quando siamo di fronte a un artista vero, è possibile dire mille parole anche facendo silenzio. Il modo in cui la camera lo riprende equivale infatti a una lenta, estasiata carezza. Non un solo gay in tutta la Terra, ammirando il video, non capì all'epoca cosa ci stesse dicendo il regista: "Questo ragazzo è la persona amata, quella per cui la canzone è stata scritta".
E tuttavia nel video appare per due volte una coppia composta da un ragazzo biondo e una ragazza mora che si baciano, necessaria per permettere alla massa dell'audience, quella composta dagli eterosessuali, una chiave di lettura totalmente diversa.
Qui Jarman adopera una tecnica che sarebbe stata molto usata negli anni a venire, per presentare canzoni a tematica gay senza fare uscire di testa gli etero. Il ragazzo è infatti presentato in modo da poter essere visto come colui che sta pronunciando le parole della canzone, e il fatto che chi canta sia un uomo rientra a questo punto nell'assoluta normalità (dà voce al personaggio delle immagini), mentre la scena del bacio è ciò a cui il ragazzo sta - probabilmente - pensando.
Jarman è quindi riuscito a trasformare quello che era un reale impedimento culturale dell'epoca in un'occasione per creare una "opera aperta", che avesse diverse possibilità di lettura a seconda del tipo di spettatore che vedeva il filmato.
Lo ripeto: nessun gay si lasciò all'epoca ingannare dalla coppietta etero che si bacia, percependola semplicemente come parte dello "sfondo di catastrofi" (per l'appunto...) contro il quale si staglia il vero soggetto del filmato, cioè il ragazzo azzurro, che per il narratore costituisce la fine delle catastrofi e l'inizio di qualcos'altro (un verso dice: "E nel buio sottopassaggio / ho pensato: "Oh Dio, finalmente è giunta la mia occasione!").
Viceversa, questo video sfacciatamente omoerotico non incorse in nessuna censura, polemica o bando, grazie al fatto che tutti gli etero scelsero in massa di leggerlo nella chiave di lettura che faceva a meno dell'elemento omoerotico. Geniale!
La differenza fra Jarman e l'esercito delle dodicimila scimmiette che in quegli stessi anni (e purtroppo ancora oggi) costruivano video "ambigui", è che gli altri costruivano filmati né carne né pesce per paura di scontentare qualcuno, mentre Jarman ha prodotto un filmato che è sia carne che pesce, al tempo stesso, a seconda di come lo spettatore desidera che sia.
In conclusione dirò che questo è un filmato splendido, accompagnato da una canzone perfettamente riuscita, dalla bella melodia molto cantabile, eseguita da un Morissey in particolare stato di grazia.
Secondo il mio parere personale resta a tutt'oggi uno dei più bei videoclip a tematica gay mai prodotti.