recensione diGiovanni Dall'Orto
You are my world (Communards, 1985)
Anche in questo video il solito problema di tutte le (sempre più numerose) canzoni gay di quegli anni: come trattare in immagini un tema che all'epoca era tabù nel mondo dell'immagine? La risposta fu quella tipica di quell'epoca: facendo uso dell'ambiguità, e contando sul fatto che la massa degli spettatori, distratti, non avrebbe badato alle parole, o le avrebbe prese per la solita (ennesima) cover da Donna Summer cantata senza modificarne il testo.
Un testo che peraltro è abbastanza melenso, perfino al di sotto del tasso glicemico tipico delle canzonette:
Non c'è nulla, ragazzo, che possa fermare la mia rotta
ti stringerò forte e non ti lascerò mai andare via,
la festa del domani non finirà mai:
come un bocciolo in primavera il nostro amore
fiorirà e crescerà.
Il video che deve presentare questa canzone alterna immagini dei due Communards (l'effimero complesso formato da Jimmy Somerville dopo la sua dipartita dai Bronski Beat) che si esibiscono attorniati da musiciste e coriste (tutte donne), con quelle d'un ragazzo passabilmente carino, che torna in una "casa da studente", disordinata oltre ogni dire, e ci trova un biglietto "Ci vediamo alle otto. Cena? Baci".
Guarda l'orologio e trasecola: ha meno di mezz'ora di tempo per sistemare la casa, lavare il vestito, fare il bagno e cucinare! (All'epoca non c'erano i telefonini per supplicare: "Vieni mezz'ora più tardi, ho avuto, ehm, un contrattempo!").
La regia segue fondamentalmente, con una serie di gag visive terra-terra, il disperato tentativo del giovanotto di cavarsela.
Per esorcizzare il sospetto di omosessualismo, le scene di potenziale nudo (il ragazzo che entra nella vasca da bagno, il ragazzo che toglie il vestito per metterlo in lavatrice) vengono radicalmente censurate, e non un centimetro quadrato di satanica pelle maschile è esposto allo sguardo lubrico di potenziali spettatori gay. Nemmeno quando la narrazione avrebbe giustificato un rapido abbaglio di carne nuda: niente! Questo serve a dare l'idea dell'ottica con cui questo video è stato confezionato.
Nulla viene detto mai del sesso della persona attesa, che quando arriva è mostrata nel solo dettaglio d'una mano che picchia un batacchio.
E a questo punto, ovviamente, il vestito non è ancora asciutto. Che fare?
Niente paura: il ragazzo prende il vestito che Jimmy Somerville indossava mentre cantava (era visibile su un televisore portatile), e con quello addosso apre alla persona amata...
Ze end.
In base a qualche misteriosa proprietà transitiva della frociaggine, il fatto che il ragazzo indossi il vestito di Somerville e che Somerville cantasse il suo amore per un uomo, permette d'identificare la persona in arrivo con l'uomo per cui cantava Somerville. E questo bastava (all'epoca) a rendere soddisfatta l'audience gay. (E anche se non la soddisfaceva, era giocoforza accontentarsi, perché o questa minestra, o saltare dalla finestra).
Ma ovviamente per arrivare a questa conclusione occorre una serie di contorcimenti logici che solo i gay, all'epoca affamati di qualsiasi cosa permettesse loro di rispecchiarsi, avevano voglia di compiere. Mentre gli spettatori etero, vivendo in un mondo in cui tutto ciò che non è etichettato come gay è di default etero, erano autorizzati dalla consuetudine a identificare la persona in arrivo con una donna. E con questo, la casa discografica tirava un sospiro di sollievo.
In conclusione, questo video è fondamentalmente un'occasione mancata: come tutti gli altri video di Somerville/Bronski Beat/Communards su testi a tematica gay, non rientra fra quelli che hanno aperto strade e possibilità sulla tematica lgbt.
Come tutti gli altri video di Somerville & c. si mantiene infatti nel territorio grigio dell'ambiguità, che all'epoca era il più sicuro, ma anche quello meno passibile d'innovazioni e sperimentazioni.
Per un complesso dal nome tanto rivoluzionario, ritratto a iosa con bandiere rosse e falciemartello, nonché composto da due dei gay più dichiarati della Terra, direi che il gap fra le promesse e il risultato sia stato enorme.
Ahimè.