Tre saggi sulla sessualità

23 luglio 2006

In questo celebre scritto, pubblicato nel 1905, Freud espone una prima teoria complessiva sull'omosessualità, affrontata con prudenza, lasciando ampio spazio alle teorie altrui e relegando la propria addirittura in una nota. Tutti segni delle insicurezze che circondano una teorizzazione considerata ancora provvisoria e basata su osservazioni troppo episodiche per dare luogo a un quadro soddisfacente, al quale in effetti non sarebbe mai arrivato: Freud infatti non è mai giunto all'elaborazione di una teoria definitiva e coerente sull'omosessualità, tanto che ne ha spiegato l'eziologia in almeno quattro forme diverse in altrettanti scritti, per altro non privi di contraddizioni.

Le prudenze di Freud non hanno però scoraggiato i suoi adepti i quali, soprattutto sulla base dei Tre saggi sulla teoria sessuale, nel secolo a seguire hanno esibito sicurezze decisamente maggiori. Ma Freud non è privo di colpe: alcuni limiti delle sue teorie offrono con generosità spunti in direzione normalizzante.


Come molti suoi predecessori, Freud parte da un tentativo di catalogazione, basato sulla distinzione preliminare tra perversioni e inversioni, due forme di deviazione dalla "norma", che per Freud (è bene tenerlo sempre a mente) è rappresentata dal solo rapporto eterosessuale genitale. E infatti, nonostante certe aperture considerevoli, in numerosi saggi (non ultime le lezioni raccolte nell'Introduzione alla psicoanalisi) ha parole piuttosto pesanti nei confronti sia delle perversioni sia delle inversioni, parole che rivelano non pochi residui pregiudiziali.

Perversioni e inversioni riguardano rispettivamente il modo in cui si ottiene la soddisfazione sessuale e con chi. Le prime (rapporto orale, anale, masturbazione, voyeurismo, feticismo, sadismo, masochismo, ecc.) sono dunque deviazioni relative allo scopo sessuale, cioè il tipo di pratica erotica da cui si trae piacere. Le seconde, invece, sono deviazioni rispetto alla scelta dell'oggetto sessuale (cioè del partner), che anziché una persona del sesso opposto diventerà una persona dello stesso sesso, un animale o un individuo prepubere.

Freud suddivide poi gli omosessuali in tre categorie: "integrali" (esclusivamente omosessuali), "anfigenici" (bisessuali) e "occasionali" (eterosessuali che, in condizioni particolari, si prestano a rapporti omosessuali). La tripartizione è piuttosto tradizionale, ma sorprendono i rimandi a Hirschfeld, che altrove deriderà, e poco oltre a Ulrichs, che era invece comunemente deriso dalla comunità scientifica.


La notizia buona, per i nostri antenati di inizio secolo, è che Freud si rifiuta di considerare l'omosessualità come una degenerazione. Su questo punto ha mantenuto una posizione piuttosto coerente negli anni, opponendosi categoricamente alla criminalizzazione dell'omosessualità. Anche quando attaccherà apertamente le teorie di Hirschfeld e soci sul "terzo sesso", riconoscerà sempre la legittimità della loro causa civile.

Ma anche su questo punto vi sono ambiguità e risvolti normalizzanti che è bene cogliere appieno. Freud ritiene che l'omosessuale non possa essere colpevolizzato solo perché la sua non è una scelta e perché l'omosessualità non porta di norma a compromettere "la capacità di prestazione e di esistenza" dell'individuo. In altre parole, l'omosessuale non è socialmente pericoloso (concessione non da poco, viste le teorie circolanti in quegli anni), e la sua inversione non ne debilita le facoltà intellettuali e morali, per cui egli è in grado di contribuire - e spesso in sommo grado - all'avanzamento sociale e culturale della collettività. Questo è l'obiettivo che devono prefiggersi tutte le persone adulte e mature, e l'omosessuale, nonostante la sua omosessualità, bene o male ci arriva comunque.

Qui risulta implicito il limite maggiore della teoria freudiana: l'omosessualità è pur sempre una situazione anormale, e anche se non è sociopatica, non può essere considerata equivalente alla norma eterosessuale.


In tutte le sue teorie, Freud ritiene alla fine che l'omosessuale abbia subito una qualche forma di arresto (quando non di regressione) del normale percorso di sviluppo edipico. Dubbioso circa la natura congenita dell'omosessualità, Freud è più propenso a ritenerla la conseguenza di una serie di concause. Qui ne abbozza una (pensata, come buona parte delle teorie sulla sessualità di Freud, per i maschietti): l'omosessualità deriverebbe da una fissazione infantile per una donna (normalmente la madre) che, anziché venire superata secondo le normali dinamiche edipiche, porterebbe il bambino a identificarsi con lei. Inglobando in sé la madre, egli riuscirebbe a non perderne l'amore, esercitandolo in prima persona. Ciò lo indurrebbe a cercare come oggetto sessuale una persona che potrebbe essere amata dalla madre, quindi non solo un altro maschio, ma un maschio che assomigli a se stesso. Se infatti il rapporto omosessuale punta a ricostituire il rapporto privilegiato madre-figlio, e il figlio assume ora la parte della madre, ovviamente il partner prescelto dovrà assumere il ruolo prima ricoperto dal figlio stesso. Come Freud scriverà qualche anno dopo nel saggio su Leonardo, l'omosessualità consiste dunque in buona sostanza in una regressione allo stato narcisista dell'autoerotismo.


Le ambiguità del pensiero freudiano rispetto all'omosessualità portano anche a posizioni variabili circa la possibilità di curare con la psicanalisi gli omosessuali. Freud è pessimista al riguardo, ma proprio perché - pur non essendo "normali" - in buona sostanza gli omosessuali sono socialmente innocui, ritiene che non sia nemmeno necessario sottoporli a terapia. A meno che l'omosessualità non causi loro stati patologici aggiuntivi (ad esempio la paranoia, che Freud ritiene propria degli omosessuali incapaci di accettarsi come tali, teoria esposta nel caso clinico del presidente Schreber, del 1910). Nondimeno, Freud lascia anche intendere che se l'omosessuale è ben disposto a farsi curare, la psicanalisi può aiutarlo (di qui discenderanno numerose scuole di pensiero che, soprattutto negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, promuoveranno terapie di ogni tipo per curare gli "invertiti"). Inoltre, secondo Freud gli omosessuali hanno provato anche istinti eterosessuali da piccoli, anche se molti di loro non se lo ricordano (ma l'ipnosi aiuterebbe a riportare alla luce questa origine eterosessuale): ecco pronte le basi su cui altri ricameranno nella convinzione che l'omosessualità sia reversibile.
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