recensione diGiovanni Dall'Orto
Vera storia di Rosa Vercesi [2000]
Col pretesto di raccontare la storia di un delitto del 1930 (quello in cui Rosa Vercesi assassinò la sua amica Vittoria Nicolotti per non renderle una cospicua somma di denaro che le era stata affidata) Ceronetti si diletta in realtà a rievocare la Torino dell'anteguerra. Quella che ha conosciuto da bambino, e che si delizia a descrivere parlando di luoghi e persone oggi non più esistenti.
E come sempre in Ceronetti scrivere un libro è l'occasione per inventare parole o riesumare preziosismi arcaici, al solo scopo di cullarsi nel loro suono. Il che fa sì che, nonostante che questa sia la cronaca di un fattaccio di cronaca nera, si finisce per leggerlo come un romanzo breve.
La tesi di Ceronetti (che ammette: "La congettura è mia" , p. 31) è che l'omicidio della Nicolotti non sia stato causato dal suo desiderio di riavere la somma affidata alla Vercesi (che l'aveva dissipata invece che investirla in Borsa, come spiegò la polizia e come sancì infine il processo). No, si sarebbe trattato di un rapporto lesbico sadomasochista finito male, anche a causa di un eccessi di frenesia causato dall'uso di cocaina.
Ceronetti parla di "clamorosa preterintenzionalità del fatto" (p. 51), sostenendo che:
"la feroce proibizione dell'imputata di mettere al centro la relazione d'amore e l'accidente passionale li [= i suoi avvocati] imbavaglia, li frena, li obbliga a voli sul trapezio, sopra la pista vietata della camera da letto di Vittoria" (p. 51).
Vittoria da parte sua è così descritta:
"Emancipata, omosessuale, libera commerciante, viaggi di lavoro e Parigi, falena: borghese sì, Vittoria, massaia però quanto Rosa, poco in casa, pasti già allora frettolosi, mentre a Torino la cucina richiedeva giornate intere". (p. 65).
Unico neo: ho notato in passato che Ceronetti nelle sue ricostruzioni di fantasia a volte ci azzecca, probabilmente perché ha accesso a fonti "non ortodosse" (in poche parole, pettegolezzi tramandati da persone dell'epoca), ma questa volta mi pare che si esageri con le fonti "non ortodosse", arrivando a chiedere conferma della sua ricostruzione a un... pendolino da medium.
Comunque, anche se alla fine il metodo storico ne esce un po' oltraggiato, resta il fatto che le 76 pagine di questo romanzo in forma d'inchiesta storica si leggono con piacere, tutte d'un fiato.