recensione diRosanna Fiocchetto
Virginia Woolf e le sue amiche
Il titolo originale del saggio di Vanessa Curtis, Le donne di Virginia Woolf, trasformato nell'edizione italiana in Virginia Woolf e le sue amiche - è per dichiarata ammissione dell'autrice "spudoratamente ambiguo". Infatti
"può essere interpretato in tanti modi diversi, ognuno dei quali ha una certa pertinenza rispetto a Virginia Woolf e ai suoi rapporti con la miscela eterogenea di donne che hanno attraversato la sua vita",
dalla sorella Vanessa alle amiche, dalle amanti alle maestre e alle sue eroine immaginarie:
"si può applicare sia alle protagoniste della sua narrativa, quanto alle donne che le hanno dato l'affetto e le cure di cui aveva bisogno".
L'amicizia femminile era per Virginia, come lei stessa scrisse,
"una relazione così segreta e intima, in confronto alle relazioni con gli uomini" ("Diario", 1924).
Diceva:
"Mi piacciono le donne. Mi piace il loro anticonvenzionalismo. Mi piace la loro completezza".
E tante donne, osserva Curtis,
"sono state attratte da lei, trovando irresistibile la combinazione fra la sua intelligenza affilata come una lama di rasoio e la sua bellezza vulnerabile, piena di sensibilità".
Durante gli anni formativi di Virginia, il suo sviluppo viene plasmato da "una sequela di donne insolite, enigmatiche, talvolta tragiche", dalla volitiva ed eccentrica prozia Julia Margaret Cameron, pioniera della fotografia, alla madre bellissima e massacrata dai parti, "dal superlavoro e dalle pretese di un marito autoritario", prematuramente scomparsa a 49 anni "affondando come un nuotatore esausto".
Quest'ultima, insieme all'adorata sorellastra Stella, le trasmette con la sua stessa esistenza un modello estremamente realistico e negativo dell'eterosessualità, rafforzato dai suoi fratellastri con le molestie sessuali imposte a sua sorella Vanessa e a lei, che ebbero pesanti conseguenze psicofisiche sulla sua vita.
Al complesso rapporto con Vanessa, la sorella pittrice, è dedicato un capitolo del libro. Una testimonianza di Angelica Garnett, nipote di Virginia e figlia di "Nessa", lo descrive efficacemente:
"Si capivano alla perfezione tra loro e probabilmente erano al loro meglio quando stavano insieme. Erano legate dal passato e forse anche dalla sensazione di avere due temperamenti opposti e che quello che a ciascuna mancava potevano trovarlo solo nell'altra".
Ma, al di fuori della famiglia, la prima amica e complice di Virginia fu Violet Dickinson, "a lungo oggetto dei suoi desideri".
Dopo una "cotta" adolescenziale per sua cugina Madge Vaughan, Virginia, quasi ventenne, sviluppa rapidamente una "attrazione appassionata e struggente" per Violet, 17 anni maggiore di lei, lesbica soddisfatta di esserlo, indipendente e grande viaggiatrice.
Dal 1902 le scrive firmandosi "la tua amante", "la tua capretta innamorata", o con il vezzeggiativo "Sparroy".
La dimensione sessuale del loro rapporto è dimostrata chiaramente da frasi come questa:
"E' sbalorditivo quali profondità - profondità vulcaniche - il tuo dito ha agitato in Sparroy" (lettera di Virginia a Violet, luglio 1903).
Violet assiste Virginia quando le sue condizioni di salute si aggravano, la sostiene, le trova lavoro come critica letteraria presentandola a Margaret Littleton del "Guardian" e ad altre sue conoscenze, la avvia alla carriera di scrittrice.
Si dimostra per lei una presenza "leale e costante": l'accompagna in Grecia nel 1906, incoraggia i suoi primi tentativi di romanzo, nel 1912 approva il suo matrimonio con Leonard Woolf; e quando l'anno dopo Virginia tenta il suicidio, come sempre le è accanto.
Virginia ammira la generosità e il nativo e perenne anticonformismo di Violet, rievocato ironicamente in una lettera del 1937 che si riferisce alla statura dell'amica:
"Non ho ragione se dico che essere alta 6 piedi [m.1,80] all'epoca della Regina Vittoria era equivalente ad avere un figlio illegittimo?".
Nel 1907 le dedica un omaggio letterario personale, una sorta di anticipazione di quell'Orlando del 1928 che dedicherà a Vita Sackville-West.
Si tratta di Friendship's Gallery, manoscritto in inchiostro viola e rilegato in pelle viola: e con inchiostro violaceo Virginia scriverà "per tutta la vita, a perpetuo ricordo di Violet e della sua influenza". Curtis conclude:
"è innegabile che Violet sia stata il primo vero amore, sul piano fisico ed emotivo, della prima età adulta di Virginia".
Il loro affetto durò fino alla morte della scrittrice nel 1941; Violet le sopravvisse di 7 anni, continuando una calda corrispondenza epistolare con Vanessa.
Lady Ottoline Morrell fu un altro tipo di relazione. L'aristocratica, vistosamente eccentrica e fortemente religiosa, divenuta vicina di casa delle sorelle Stephen a Bloomsbury, venne subito attratta da Virginia che inizialmente la ricambiò con una maligna e snobistica duplicità.
Secondo Curtis,
"Ottoline, una delle poche donne totalmente eterosessuali nella sua cerchia, affascinava e nello stesso tempo disgustava Virginia", che, "pur trovandola irresistibile d'aspetto (...) rideva di continuo alle sue spalle, criticandone i costumi e le vane velleità artistiche".
Solo molto più tardi Virginia mise in discussione il proprio atteggiamento, imparando ad apprezzare l'indiscutibile generosità di Ottoline.
La quale, però, nelle sue memorie pubblicate postume, annotava un lucido giudizio sulla scrittrice:
"Sembrava certa della propria superiorità. E' vero, ma è una cosa schiacciante, perché sento in lei un grande disprezzo degli altri. Quando ho teso la mano per toccare un'altra donna, ho incontrato solo un bellissimo, chiarissimo intelletto".
E tuttavia ammetteva di sentirsi al suo confronto "estremamente noiosa, vecchia, antiquata e pesante", definendo Virginia "l'intelligenza più fantasiosa e magistrale che abbia mai incontrato in tanti anni".
Curtis analizza nella loro evoluzione temporale altri rapporti di Virginia con "donne speciali" come Katherine Mansfield e Dora Carrington. Katherine ebbe "un impatto profondo" su di lei, "sia sul piano personale, sia soprattutto dal punto di vista professionale". Diversissime per esperienze malgrado fossero quasi coetanee, avevano tuttavia in comune una sconfinata passione per la scrittura che le spinse a superare l'enorme diffidenza reciproca percepita al primo incontro. L'anno seguente, nel 1917, trascorsero alcuni giorni da sole ad Asheham e scoprirono la loro affinità segreta. Katherine scrisse a Virginia una lettera di ringraziamento che inaugurò la loro amicizia: "E' stato bello avere tempo di parlare con te; noi facciamo lo stesso mestiere, Virginia, ed è davvero molto curioso ed emozionante che entrambe, cosi' distanti l'una dall'altra, ci dobbiamo occupare quasi della stessa cosa". E Virginia scriveva nel suo diario: "Con nessun altro posso parlare dello scrivere in modo cosi' disincarnato, senza alterare il mio pensiero". Il loro fu però un legame intermittente e breve, interrotto dall'improvvisa morte della Mansfield: un legame vissuto in modo più evidente e continuativo nei loro libri e nella tessitura dei loro testi, piuttosto che nel quotidiano e nella realtà. Virginia, che a lungo dopo la scomparsa di Katherine cercò di analizzarlo, fu delle due quella che cercò di renderlo più intimo, ma invano. In quella fase della sua vita era troppo tranquilla e "normale" per Katherine, irrequieta bisessuale che "si era innamorata di molte donne e aveva con loro relazioni appassionate". Ne aveva parlato senza mezzi termini nei suoi diari e nel 1907 aveva scritto il racconto lesbico "Leves Amores", ritornando poi sul tema dell'attrazione tra donne nei racconti "Garofano", "Felicità", e nella poesia "Tulipani scarlatti". Virginia, invece, scriverà un racconto dichiaratamente lesbico ("Le spille di Slater non hanno punta", 1927) solo molto più tardi, al culmine del suo rapporto con Vita Sackville-West.
Quanto a Dora Carrington, lei e Virginia fecero lentamente amicizia a partire dal 1916 attraverso "l'affetto che entrambe nutrivano per un uomo difficile, effeminato, omosessuale, Lytton Strachey". Pittrice, Carrington si era innamorata di Strachey e aveva accettato una lunga convivenza casta con lui, sopportando i suoi amanti e anche un pesante "ménage à trois", sacrificandogli una "giovinezza piena di ammirazione e sollecitudine" (V.W.) e suicidandosi nel 1932 subito dopo la sua morte per cancro. Dapprima gelosa dell'intesa intellettuale di Virginia con Lytton, l'aveva però presto accettata, ammaliata dalla sua "anima lesbica", come la chiamava. La univano a Virginia l'indifferenza per gli abiti e per le forme esteriori dell'essere, il rifiuto della maternità, l'amore per la natura e la campagna, l'abitudine di usare nomignoli per sé e per tutte le persone care, il bisogno di appoggiarsi ad un partner con il quale non condividevano la sessualità, i dubbi tormentosi sulla propria creatività "combinati con un perfezionismo spietato", l'attivismo con cui cercavano di "tenere a bada le ombre oscure dell'insicurezza, della disperazione e della depressione", la "tendenza a stati d'animo foschi" che però non impediva loro di "diffondere intorno a sé il buon umore" e di "essere una compagnia ambita" grazie ad un energetico senso dell' umorismo.
Ma, se la complessa e tormentata personalità di Carrington fu quella a lei forse più congeniale, le due protagoniste assolute della sfera sentimentale di Virginia furono l'aristocratica scrittrice Vita Sackville-West e la musicista suffragista Ethel Smyth. Vita irrompe come un ciclone nel suo ordinato e ormai platonico matrimonio con Leonard Woolf: la travolge, scuotendo e spronando il suo "personale". Passionale e incostante, la costringe ad accettare la sua libertà, a rinunciare al possesso e alla gelosia; per 19 anni, sarà una presenza fascinosa e stimolante nella sua vita. Ethel invece alimenta il suo "politico" e la incoraggia ad esprimere il suo femminismo e il suo impegno sociale, a confrontarsi con la fine della giovinezza e con l'età matura al di là della seduzione, in un solido legame di confidenza e disponibilità reciproca.
Vita, figlia di un Lord, cresciuta nel più grande castello d'Inghilterra, Knole, dotato di 365 stanze e di un grande parco pieno di daini, era 10 anni più giovane di Virginia. Aveva sposato nel 1913 il giovane diplomatico Harold Nicolson, omosessuale, con il quale conciliava il desiderio di maternità e la reciproca libertà di vivere altre relazioni. Esperta di giardinaggio, poeta e romanziera di successo, aveva narrato in "Challenge" (1919) la sua scandalosa storia d'amore con Violet Trefusis: con lei era scappata in Francia finché i rispettivi mariti, per quanto comprensivi, non erano accorsi a riprenderle. Alla fine del 1922, trentenne, conobbe Virginia ad un pranzo e subito scrisse a Harold: "Darling, m'ha proprio rubato il cuore... Caro mio, come amo quella donna". A sua insaputa, Virginia invece registrava nel suo diario forti dubbi sulla sua nuova conoscenza, giudicando entrambi i Nicolson "inguaribilmente stupidi". Ma capitolò nel 1924, durante un intervallo del turbolento "affair" di Vita con Dorothy Wellesley. Il dono propiziatorio di Vita fu il suo nuovo libro "Seduttori in Ecuador", che consegnò a Virginia perché venisse pubblicato dalla casa editrice che aveva recentemente aperto, Hogarth Press, rialzandone le sorti finanziarie. Dopo essersi concretizzata, la consistenza della passione che uni' le due scrittrici venne da loro accuratamente nascosta per anni sia ad Harold che a Leonard, a scopo di rassicurazione. Virginia cercava eroicamente di ignorare le sue numerose rivali, dalla Wellesley alla bella poetessa Mary Campbell e alle giornaliste Hilda Mateson ed Evelyn Irons. Si concentrava sulla scrittura, producendo "Al faro", "Le onde", la prima stesura de "Gli anni" e "Orlando" (1928), dedicato a Vita e definito da Nigel Nicolson "la sua più elaborata lettera d'amore". E anche Vita, influenzata positivamente da Virginia, scrisse in quegli anni i suoi libri migliori, "La signora scostumata" e "Ogni passione spenta".
Dal 1930 un diversivo alle continue infedeltà di Vita fu, per Virginia, lo straordinario personaggio di Ethel Smyth. Famosa musicista e compositrice, si era invaghita dell'attivista Emmeline Pankhurst e aveva entusiasticamente aderito al movimento suffragista, per il quale creò la "March of Women", che diresse con uno spazzolino da denti dalla finestra del carcere in cui era stata rinchiusa per aver tirato un sasso contro lo studio di un ministro, mentre duecento sue compagne di lotta cantavano il brano nel cortile.
A 72 anni Ethel si infiammò per Virginia, che accettò il suo impeto con naturalezza: "A volte è un sollievo incontrare un animale primitivo come Ethel, un elefante solitario che non obbedisce al gregge". Anche se non ricambiò mai il suo ardore, Virginia si confidava con Ethel "più apertamente che con qualunque altra donna, parlando di sesso, masturbazione e altri argomenti che prima non era mai riuscita a nominare".
Grazie alle accese conversazioni con lei, condensò la lucida rabbia necessaria alla stesura di Le tre ghinee, e rappresentò l'amica nel personaggio della regista lesbica di Tra un atto e l'altro. Vita finì per esserne piuttosto gelosa: l'accusava di monopolizzare Virginia e nelle sue lettere la chiamava con malumore "la tua intima Ethel".
Ma Ethel aveva superato presto l'"aspetto ossessivo" dell'innamoramento per Virginia, sostituendolo con un autentico affetto; anzi, a 80 anni, ebbe persino un altro amore.
Fu sconvolta dal suicidio di Virginia nel 1941 e scrisse a Vanessa: "Io... capisci, non è solo (a lei questo non l'ho detto) che l'amavo, era che la mia vita si basava letteralmente su di lei... era il continuo emozionante contatto con una mente geniale".
Ma aggiungeva: "Credo che abbia deciso con saggezza la propria fine". La seguì nella morte tre anni dopo, spegnendosi a 86 anni.
Pur lasciando fuori dalla sua analisi alcune altre importanti "donne di Virginia", come la sua amica e maestra Janet Case, il libro di Vanessa Curtis mette a fuoco con notevole efficacia divulgativa molte di esse, dipanando "fili diversi di quel gomitolo complesso e variopinto" che era la personalità della scrittrice e restituendone, alla luce dell'amore per le Altre, una insolita e sincera immagine.