recensione diGiovanni Dall'Orto
Tre mesi di febbre. Andrew Cunanan, il killer di Versace
Nella mia vita mi è capitato di leggere libri mediocri, libri noiosi, e libri cattivi. Raramente mi è capitato di leggere libri assolutamente pessimi. Tre mesi di febbre. Storia del killer di Versace è uno di questi.
Credo che poche volte il mio tempo passato a leggere un libro sia stato sprecato tanto quanto in questo caso. Finito il libro, non ho in pratica capito cosa avessi finito di leggere.
L'autore, un assoluto "genio", ha avuto la "geniale" idea di compilare un romanzo sugli ultimi tre mesi di vita del il serial killer che assassinò Versace, Andrew Cunanan (1969-1997), in ordine non cronologico, saltellando di flashback in flashback e da un periodo all'altro della sua vita, senza fornire un quadro generale nel quale collocare gli episodi narrati. E ovviamente senza iniziare dall'inizio: sarebbe stato troppo banale.
Oltre a ciò, ha mescolato documenti e testimonianze a narrazioni di fiction inventate da lui, senza mai specificare dove finiscano le une e dove inizi l'altra, per cui alla fine non si capisce più cosa si stia leggendo.
Come se non bastasse, ha ridotto tutto a coriandoli mischiando un pezzo di fiction e un pezzo di documentazione uno di fiction e uno di documentazione: "uno strato di fiction, e uno strato di documentazione, uno strato di fiction"... come direbbe Alessandro Fullin.
Dulcis in fundo, l'autore è convinto che l'assassino non conoscesse Versace (non più di quanto l'assassino di John Lennon conoscesse la sua vittima) e quindi liquida l'evento (che è probabilmente il motivo per cui il 99% dei lettori ha comprato il libro) in poche pagine frettolose e superficiali, e che non spiegano assolutamente nulla.
Aggiungiamo la traduzione atroce (una di quelle in cui le melochecche (opera queens) diventano misteriose "regine dell'opera") e il quadro è completo.
Dal marasma che mi ostruisce la mente dopo la lettura ho più o meno compreso che il 27enne Andrew Cunanan non era una vera e propria "marchetta" bensì un mantenuto d'alto bordo, che si legava di volta in volta per lunghi periodi a ricchissimi clienti a prezzo estremamente salato.
E che era pazzo, e questo "spiega" il fatto che sia diventato un serial killer assassinando alcuni suoi amanti (Jeffrey Trail, Lee Miglin, David Madson) e come bonus, già che c'era, anche Versace. E questo è quanto.
Un "quanto" che però riempie ben 312 pagine con una prosa pedante, che si sofferma per pagine su dettagli irrilevanti (specie se deve inanellare considerazioni "psicologiche"... profonde quanto acqua su una pietra), salvo poi sorvolare sui buoni, solidi, "banali" fatti.
Alla fine del libro sappiamo tutto quel che pensa Indiana di quello che ha fatto Cunanan, ma nulla o quasi di cosa abbia fatto Cunanan.
Sinceramente, non sentivo il bisogno di una biografia di questo tipo.
Se non altro, dai giudizi che Indiana scaglia sul mondo gay e gli stili di vita omosessuali (spesso fraintesi dal traduttore, decisamente non a suo agio col gergo o il lifestyle gay Usa), l'autore sembra conoscere dall'interno la sottocultura gay che descrive.
Ma ciò non basta a giustificare l'acquisto di questa schifezza di "romanzo" biografico, noiosissimo e pedante come romanzo, e del tutto inutile come biografia.
Bleah.