recensione diGiovanni Dall'Orto
Maurice [1914/1970]. Se il guardiacaccia seduce il signorino...
Maurice è un giovane della classe alta inglese che in un college s'innamora di un compagno, Clive.
Ispirati dall'ideale d'amore, omosessuale ma casto, contenuto nel Simposio di Platone (che allora faceva parte del bagaglio di studi della borghesia colta: si veda come abbia un ruolo centrale anche nel quasi contemporaneo romanzi Vanja di Kuzmin) i due cercano d'imbastire una relazione d'amore che però non "scada" nel sesso. Cosa che Maurice scoprirà essere molto più difficile di quanto sperasse.
Le strade dei due innamorati allora si dividono: dopo vari quanto vani tentativi di cambiare (molto divertente il tentativo di curarsi con l'ipnosi, che effettivamente fu presa in considerazione all'inizio del secolo scorso a questo scopo) Maurice troverà finalmente un nuovo, soddisfacente rapporto anche sessuale con un giovane proletario (magistrale la scena della seduzione da parte del giovanotto, un guardiacaccia di Clive), mentre Clive preferirà rinnegarsi e sposarsi, entrando così nell'ipocrita tran-tran piccolo borghese.
L'"audacia" del soggetto di questo romanzo finì per spaventare il suo stesso autore, che lo condannò alla reclusione in un cassetto, facendolo leggere per molti decenni solo a pochi amici fidati (e gay), al punto che vide le stampe solo dopo la morte di Forster, nel 1970.
Da allora non ha più cessato d'essere ristampato in tutto il mondo, (nonostante il fatto che la società e le problematiche descritte siano legate ad un secolo che fu). Ciò accade un po' per merito del film che ne è stato tratto, ma molto anche per il modo magistrale in cui è scritto.
Forster lo concepì del resto nell'intento di creare un esemplare di quel genere letterario che ai suoi tempi era come l'Araba Fenice: uno scritto che parlasse di omosessualità, ma che avesse un lieto fine.
E il lieto fine in effetti c'è, anche se pare tratto più da una sogno visionario di Walt Whitman che dalla realtà... o per meglio dire, è certamente tratto ed ispirato dalle visioni di Towards democracy di Edward Carpenter (il più importante pioniere del movimento omosessuale britannico) e ancor più che dal suo poema dalla scelta compiuta da lui e dal suo compagno, George Merril, di vivere la vita descritta nel finale del romanzo... che quindi è un omaggio un po' idealizzato alla loro realizzazione.