recensione diGiovanni Dall'Orto
Patrizia B. Una vita non qualsiasi di una trans qualsiasi
Pubblicato nella collana "i cattivi", questo instant-book è una breve biografia basata su interviste a Patrizia B., all'anagrafe Donato Broco, il transessuale coprotagonista del fatto di cronaca che ha coinvolto il 10 ottobre 2005 Lapo Elkann, erede della dinastia Agnelli.
Il quale è stato salvato in extremis da un'overdose di cocaina dopo una notte passata con tre transessuali da una tempestiva telefonata di una di loro, Patrizia B., per l'appunto.
L'intervista vera e propri occupa in realtà giusto pochi incisi sparsi nel testo, che in massima parte è opera di due giornalisti di cronaca nera... e si vede.
Infatti, anche se rispetto ai decenni passati il tono e l'approccio sono infinitamente migliorati (a tratti nel loro intento di essere "buonisti" gli autori scadono perfino nella melassa retorica dei "buoni sentimenti"), nel linguaggio usato e nel modo di raccontare i fatti emerge a tratti un retrogusto di moralismo e di morbosità, rivelatore di uno sguardo tutto "all'esterno" del mondo omosessuale e di una sua conoscenza tutt'altro che profonda.
Ad ogni modo, gli autori si sono sforzati sinceramente d'essere imparziali e di non giudicare, e proprio quanto rivelato involontariamente dai loro scivoloni qua e là mostra cosa avrebbe potuto essere quest'opera se non avessero fatto questo sforzo.
Che quindi va decisamente apprezzato.
La vicenda in sé è quella d'una persona che dal sud (Bari) si trasferì a Torino agli inizi degli anni Settanta per poter vivere (sul marciapiede) la sua identità di transgender, sia pure senza arrivare al vero e proprio cambio di sesso.
Peccato solo che una serie di fenomeni sociali, come ad esempio la progressiva sostituzione della presenza di transessuali italiani con quelli stranieri nel corso della vita di Patrizia, venga solo accennata in una frase, senza che siano descritti o approfonditi, molto probabilmente per limiti inderogabili di spazio. Peccato, perché in questo modo manca lo "scenario" della vita di Patrizia.
Paradossalmente, la political correctness adottata dai due autori si rivela particolarmente opportuna proprio nello smorzare e smussare i toni e i termini del racconto della vicenda di Patrizia B., che si rivela una persona per molti versi sprovveduta, priva di strumenti d'analisi della sua condizione (particolarmente ridicola, vista la situazione, la sua condanna dei Gay Pride (p. 58) perché "vi si esagera"... ma senti tu da che pulpito!) e vittima dei più scontati cliché della sua generazione, inclusa una disastrosa visione dell'amore uscita senza alcuna mediazione dai fotoromanzi "Lancio story". Tanto che alla fine la sola storia d'amore "vero" che ammetta è quella con un tossicodipendente detenuto.
Quello sì che è amore vero... Povera Patrizia B...
Passati i cinquant'anni Patrizia è priva di prospettive, non ha da parte alcun risparmio, e il futuro le appare decisamente nero.
Infine, la vicenda di Lapo Elkann è comprensibilmente raccontata senza aggiungere alcun dettaglio a quelli apparsi a suo tempo sui quotidiani, anzi se possibile con minori dettagli.
Il libriccino (87 pagine) risulta insomma interessante quale testimonianza d'una vita "qualsiasi" di una trans che se non fosse stato per il fatto di cronaca non sarebbe mai arrivata all'attenzione della carta stampata. Ed è proprio in questa "ordinarietà", se non banalità, in questa mancanza di qualsiasi evento "eccezionale", che sta l'aspetto più interessante di questo libro.
Che se non tramanda certo ai posteri il ricordo d'un fatto memorabile, almeno conserva memoria di una vita come mille altre, e proprio per questo, a suo modo, significativa.