recensione diGiovanni Dall'Orto
Il terzo peccato. Wilde e Douglas all'Inferno tra i nuovi sodomiti
Incredibile poema in 23 canti, in rigoroso stile dantesco, dedicato a una visitina nell'Aldilà fra i peccatori di lussuria.
Il canto 17, "i ma' compagni", e dedicato agli omosessuali, dei quali l'autore dà volentieri un lungo elenco storico (accompagnato da prolisse note esplicative) dedicandosi in particolare alla coppia formata da Oscar Wilde e da un anonimo suo "amasio" (Alfred Douglas era ancora vivo nel 1908 e non poteva essere nominato impunemente). Wilde spiega che in vita
...
per quell'amor della Beltà sincera,
ch'ogn'uomo intende, se non fatto ceco,
io le sacrai la penna lusinghiera,
e al giogo feminil sottrassi 'l collo,
e risi 'n fronte alla crudel Chimera.
Già, delle Grazie puberi satollo,
e fastidito dal mio tempo vano,
tutto m'offersi al rinascente Apollo.
Gli omosessuali sono qui legati a due a due (la pena descritta da Dante, guida dell'autore, è stata cambiata perché il girone descritto nella Commedia... era ormai pieno!).
In ogni coppia uno dei due è morto e si putrefa, l'altro è vivo e viene a poco a poco portato a morte dal cadavere cui è legato, che invece torna in vita.
Wilde viene aspramente rimproverato da Dante per la sua vita, ma in quella muore, e risorge il suo "amasio" che, aprendo gli occhi, lancia un grido terrificante.
Quando il Kitsch raggiunge il Sublime!