recensione diGiovanni Dall'Orto
Christopher e quelli come lui (1963).
Autoironica e limpida autobiografia degli anni 1929-1939, che con delicato pudore racconta le relazioni d'amore di Isherwood di quegli anni, in particolare con due ragazzi tedeschi di cui avrebbe parlato nei suoi romanzi (ad esempio Addio a Berlino) con i nomi di "Otto" ed "Heinz".
Numerosi gli omosessuali nell'entourage degli amici di Isherwood, tanto che il titolo originale (Christopher and his kind) si riferisce in realtà a "Christopher e la sua razza", cioè a "quelli come lui" (in quale senso, e facile intuirlo).
Fra gli amici e conoscenti omosessuali di cui parla Isherwood appaiono Wystan Auden, Stephen Spender, Klaus Mann, Magnus Hirschfeld, E. M. Forster, Gerald Hamilton ed altri ancora.
Una lettura delicata e affascinante, indispensabile a chi voglia capire il mondo (interiore e non) da cui nascono i romanzi di Isherwood.
Così ne parla l'ottima recensione apparsa su "L'indice", di cui mi permetto di consigliare la lettura:
"Non si deve dimenticare la cosa più ovvia: che Christopher e il suo mondo è un libro gay. Come libro gay, è un capolavoro. L'omosessualità del protagonista non è vezzo o condizione privata, ma costume storicamente significativo, politicamente consapevole.
Isherwood non è per nulla preoccupato di spiegare o di giustificare la sua sessualità, ma lo è unicamente di esprimerla e di viverla apertamente, cioè di trovare degli amanti.
La sua idea di sesso è in perfetto accordo con la sua idea di soggetto: in entrambi casi è un'idea empirica, cosmopolitica. Il sesso non può essere solo una questione personale. Non a caso nel libro si trovano numerosi riferimenti alle condizioni degli omosessuali di vari paesi. Isherwood ricorda pure che in Germania molti di loro finiscono nei campi di concentramento.
Molto stimolante è il suo mettere l'omosessualità in rapporto con la classe sociale: un'intuizione che non trova sviluppo nel libro (dove tutto si interrompe puntualmente, in ossequio all'odio dell'autore per i concetti), ma che meriterebbe di essere discussa non solo in rapporto a tutta l'opera di Isherwood".