recensione diFrancesco Gnerre
Sébastien Roch
Quando apparve nel 1890, Sébastien Roch, terzo romanzo “autobiografico” di Octave Mirbeau (1848-1917), fu oggetto di “una vera e propria cospirazione del silenzio” e anche se il libro fu tradotto in altre lingue (esiste una versione italiana del 1902), la fama dello scrittore è rimasta per più di un secolo legata ad altre sue opere come Il giardino dei supplizi o Le memorie di una cameriera.
A fare di Sèbastien Roch un romanzo scandaloso è il tema dell’omosessualità, mai esplicitato, ma presente fin dalle prime pagine, quando si sottolinea la diversa sensibilità del protagonista che porta nel suo stesso nome le stimmate del suo destino.
Sull’omosessualità del protagonista del romanzo e dello stesso Mirbeau si sono soffermati studi recenti che in Francia accompagnano da qualche anno una vera e propria rivalutazione dello scrittore.
Il dramma di Sébastien inizia quando il padre, un vanitoso e ignorante commerciante di provincia, prova a realizzare le sue ambizioni attraverso il figlio e concepisce il grandioso progetto di farlo studiare in un collegio di Gesuiti insieme ai rampolli della nobiltà. Qui il piccolo Sébastien vive le umiliazioni della sua modesta condizione sociale, i soprusi dei suoi educatori che altrove lo scrittore definisce “plasmatori di menti e manipolatori di anime” e le curiosità dei suoi confessori che lo avvicinano al sesso in maniera distorta e morbosa.
L’accostamento del personaggio al santo di cui porta il nome è presente già nella rappresentazione dei primi giorni del collegio quando Sébastien, sottoposto “a una vera e propria tortura fisica”, si sente “ferito” dalle offese che lo colpiscono “come staffilate”, “trafitto” da una infinità di sguardi che gli “penetrano nella carne come agli” ed egli vorrebbe scagliarsi contro i suoi persecutori, schiacciarli sotto i piedi, “oppure acquietarli con la sua dolcezza”.
Quando Padre de Kern, uno dei più gentili degli uomini in tonaca nera che lo circondano, si interessa a lui, nonostante il disagio di certi sguardi languidi che lo riportano a proibite allusioni del suo confessore, Sébastien, attratto e spaventato nello stesso tempo, si lascia conquistare.
La sua reazione all’atto sessuale, ingenua ed esaltata, spaventa il prete che di fronte al pericolo dello scandalo, secondo una tipologia di comportamento molto diffusa negli ambienti ecclesiastici, accusa per non essere accusato e denuncia Sébastien di atti illeciti con Bolorec, uno dei suoi pochi amici.
Il ragazzo prova a dire la verità, ma sia lui che l’amico, malvisto per le sue idee politiche, sono espulsi dal collegio.
Padri confessori e Rettori hanno un’unica preoccupazione: impedire la divulgazione dello scandalo anche a costo di commettere una patente ingiustizia. Si tratta di una superiore “ragione di stato”: il fine giustifica qualunque mezzo.
Il principe machiavellico, rivestito di abiti religiosi, ha trovato cittadinanza nel cattolicesimo gesuitico, dove la stabilità della Chiesa e la potenza dell’Ordine hanno assunto il ruolo che nel Principe aveva “la conservazione dello Stato”.
Tornato a casa, Sébastien vive il “fastidio” e il “disgusto” per il corpo femminile e ripensando agli avvenimenti del collegio si chiede se del “male” lì sperimentato egli non abbia sempre posseduto “il germe fatale”, e spesso si sorprende a rimpiangere il suo accusatore, la sua voce “ dolce e penetrante”.
A venti anni va verso il martirio definitivo sperimentando il terzo dei luoghi normativi (dopo la Famiglia e la Chiesa), che hanno deformato e distrutto la sua vita, la Patria.
Il 19 luglio del 1870 la Francia dichiara guerra alla Prussia ed egli, prima di partire soldato, annota in una pagina di diario: “Non è curioso notare come il popolo vibri soltanto per due sentimenti: il sentimento religioso e il sentimento militare, che poi sono i peggiori nemici del suo sviluppo morale?”
Preceduto da una introduzione di Ida Porfido, responsabile anche della nuova traduzione, il romanzo è molto bello, ricco di ottocentesche atmosfere omoerotiche, di suggestioni simboliche, e colpisce, a distanza di più di un secolo, l’attualità della denuncia dei crimini della chiesa e dell’orrore di tutte le guerre.