recensione diGiovanni Dall'Orto
Confini dell'Eros, I. La sodomia a Venezia nei secoli XIV e XV.
Nota: la presente recensione riguarda unicamente il capitolo di quest'opera relativo alla sodomia; per una recensione generale si veda l'esaustiva recensione di Stefano Bolognini.
L'opera, dedicata a "Crimini sessuali e sessualità nella Venezia del Rinascimento", dedica l'intero capitolo 6 (pp. 181-240) a: "Sodoma e Venezia" (in parte già edito come: William (sic) Ruggiero, Sexual criminality in Early Renaissance: Venice 1338-1358, "Journal of social history", VIII 1974-1975, pp. 18-37, ora interamente inglobato nella presente opera).
Si tratta di un ottimo saggio sulla sodomia a Venezia nel Trecento e Quattrocento.
L'autore inizia con una lunga analisi della retorica della paura (della punizione divina) che emerge in leggi e verbali di processi, facendo alcuni esempi.
Definisce poi cosa intendessero per "sodomia" i tribunali, osservando che la masturbazione non rientrava fra i comportamenti considerati (contrariamente a quanto previsto nella teoria dalla casistica dei teologi dell'epoca): neppure quella omosessuale, se non c'era stato contatto fisico (p. 191-192).
(Nota in margine: tra i processi appare quello di Rolandina, alias Rolandino, Roncaglia, riconoscibilissimo come transessuale).
Passa poi ad analizzare casi conservati nei verbali dei "Signori di Notte" e in quelli del Consiglio dei Dieci.
Sempre definendo il trattamento della sodomia Ruggiero nota come quella eterosessuale (pp. 196-200) non fosse affatto punita con la severità di quella omosessuale, anzi: di solito gli imputati erano assolti: le autorità
"dopo essersi impegnate a condannare i rapporti anali nel matrimonio come una forma di sodomia, si trovarono loro stesse in difficoltà ad adempiere tale impegno" (...)
"c'era molta più titubanza nel modo di trattare i casi eterosessuali definiti sodomitici, anche quando comportavano l'uso della violenza, e non veniva mai riservata loro la stessa fermezza destinata a situazioni omosessuali analoghe" (p. 199).
Un altro aspetto della concezione della sodomia a Venezia è il ruolo sessuale: il passivo è di solito punito in modo più clemente; questo perché di solito si tratta di un minorenne, e poi perché l'"attivo" è percepito come "aggressore", come vero "attore" dell'azione, che il "passivo" si è limitato a subire (p. 201).
Nelle pagine seguenti l'autore esemplifica con una serie di casi come la tenera età garantisse (non senza contrasti) pene più miti, anche in un caso in cui i pueri (ragazzi) erano stati "attivi" (p. 206).
Il che non impedì che i giovani venissero anche torturati brutalmente (sintomatico il caso citato a p. 207).
Lo stupro omosessuale (pp. 208-210), era punito con molta maggiore severità di quello contro donne e bambine: segno ulteriore della scarsa importanza della donna in quella società.
Le pagine successive sono dedicate alla repressione giuridica della sodomia, con particolare attenzione (pp. 211-219) all'enorme scandalo che scoppiò nel 1407, quando fu in pratica sgominata la sottocultura omosessuale di venezia, arrestando un folto gruppo di sodomiti, fra i quali numerosi nobili, creando complicazioni di politica interna e addirittura col Papa.
Il caso fu utilizzato dal Consiglio dei Dieci per togliere la competenza dei processi di sodomia ai Signori di Notte, giudicati inefficienti (in realtà erano stati troppo efficienti, continuando ad arrestare, confessione dopo confessione, l'intera rete della sottocultura dell'epoca, arrivando così inevitabilmente ai nobili, alcuni dei quali delle massime famiglie al potere. Il loro "torto" fu di non aver capito che di fronte alla politica la giustizia deve smettere d'indagare, come ancor oggi afferma espressamente il buon Berlusconi).
I Dieci, in effetti, iniziarono una campagna repressiva più capillare di quella dei Signori di Notte, ma più attenta a fermarsi di fronte alle stanze del potere.
L'aumento dei processi, aggiunge Ruggiero, potrebbe però essere interpretato anche in altro modo: cioè in una crescita della sottocultura sodomitica a Venezia (pp. 224-234): in effetti nel XV secolo almeno 32 casi riguardano tre o più persone (l'analisi di tale sottocultura è fra gli aspetti più originali e interessanti di questo libro).
In precedenza l'omosessualità era stata anche comune, ma in quanto "aspetto della tarda infanzia e adolescenza maschili", una sperimentazione sessuale che non creando gravidanze indesiderate era marginale e di nessun interesse per le autorità.
Ora invece l'omosessualità emergeva come stile di vita, con una sua sottocultura, con suoi luoghi deputati: taverne, terreni abbandonati, pasticcieri, scuole, negozi di barbiere, ed altri che Ruggiero elenca.
La repressione si scatenò contro questi luoghi, che vennero pattugliati o chiusi, arrivando al punto di proibire le cene in case private fra persone di età diversa o il gioco d'azzardo in privato!
Ruggiero parlando di questa repressione la qualifica di vera e propria
"paranoia che a volte sembra avere certe affinità con la caccia alle streghe che avrebbe invaso l'Europa in breve tempo" (p. 232).
Le autorità arrivarono ad arrestare penitenti che si erano denudati nel corso di pratiche devozionali!
Una spina nel fianco delle autorità fu sempre la punizione dei religiosi sodomiti (pp. 235-239), che ricadeva sotto la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici. A loro giudizio essi furono sempre troppo miti, e gli esempi citati da Ruggiero mostrano che non avevano tutti i torti (in certe cose la Chiesa non cambia mai...): il massimo della pena per un religioso si rivelò nei fatti essere il bando da Venezia!
Per le autorità il clero divenne così
"un grave problema perché seduceva i giovani con l'omosessualità senza dover seriamente temere gravi condanne e serviva, così, come importante centro di reclutamento di una sottocultura della sodomia che minacciava di inabissare la città" (p. 239).
Un ultimo cenno all'omosessualità adolescenziale è infine a p. 261.
Come utile complemente all'analisi di Ruggiero, che comunque rimane un "classico" per nulla invecchiato, si vedano ora anche: Gabriele Martini, Il "vitio nefando" nella Venezia del Seicento, Jouvence, Roma 1988 e la sintesi operata da Romano Canosa in: Storia di una grande paura. La sodomia a Firenze e Venezia nel Quattrocento.