recensione diGiovanni Dall'Orto
Storia dell'Inquisizione spagnola [1979]. Quando i preti bruciavano i "sodomiti".
In questo libro io ho trovato particolarmente interessante la ricostruzione della persecuzione inquisitoriale dell'opinione secondo cui la "semplice fornicazione" (ossia l'atto sessuale in sé, senza stupro e fra adulti consenzienti) non è peccato. La Chiesa cattolica perseguitò quest'idea, che era di casa nel pensiero libertino (e non "protestante", come sembra pensare Benassar) anche nei ceti più bassi. (Una preziosa analisi di questa persecuzione in Italia è oggi disponibile in Canosa, Sessualità e inquisizione; cfr. anche il suo Storia dell'inquisizione in Italia).
In quest'opera non manca comunque un capitolo, opera del curatore stesso, dedicato alla repressione della sodomia da parte dell'Inquisizione di Aragona (pp. 297-323) cioè Barcellona, Valencia e Saragozza.
Benassar opportunamente osserva che fra le varie Inquisizioni di Spagna quelle di Castiglia e di Maiorca (in Aragona -- oggi Catalogna) non trattarono questo reato, e che anche negli altri casi si trattò di un reato "di misto foro" (cioè giudicabile sia dal potere civile che da quello ecclesiastico).
Si noti che, contrariamente a quanto molti gay credono oggi, questa fu una situazione tipicamente spagnola, dato che nel resto d'Europa (perfino nei possedimenti spagnoli in Italia, come Napoli, Sicilia, Sardegna e Ducato di Milano; ed anche su questo tema cfr. Romano Canosa) il reato di sodomia continuò ad essere giudicato e punito dai tribunali e in base a leggi laiche.
Paradossalmente, in diversi casi il tribunale inquisitoriale si rivelò più mite coi sodomiti di quello civile, prevedendo una serie di scappatoie e immunità che la legge civile non contemplava.
L'inquisizione di Aragona, occupata nella persecuzione degli ebrei e dei marrani prima, dei moriscos e dei luterani poi, scatenò la caccia ai sodomiti solo verso il 1560.
Il periodo di più forte normalizzazione sessuale post-Concilio di Trento è del resto quello che comprende gli anni 1560-1590.
A Saragozza i processati per sodomia sono tendenzialmente giovani, di tutte le classi sociali (vi appare anche un senese, Giulio Piccolomini, nobile cavaliere, morto in carcere il 13/12/1571). Numerosi anche i sacerdoti (10 su 107); e perfino (pp. 304-305) una lesbica (Juana de Martines, morisca, nel 1549).
A Valencia sono numerosi gli stranieri (fra cui anche un soldato napoletano, Nicolas Mont, che adesca minorenni alle latrine pubbliche) e i "paria".
Benassar elenca qui (pp. 308-313) alcuni casi, che rivelano il solito carattere di tutta l'omosessualità antica: disparità d'età fra "attivo" e "passivo" e reclutamento dei partner più giovani (destinati ad essere "passivi") con offerte di denaro o con la violenza (coi bambini).
Appaiono anche alcuni casi di rapporti intercrurali e masturbazione (catalogati come "atti di mollities tendenti alla sodomia").
Le pp. 313-323 trattano poi delle condanne: dalla semplice reprimenda, alla condanna a remare nelle galere, fino al rogo: a Valencia nel 21% dei casi).
L'autore nota che l'uso della tortura era normale negli interrogatori, ma che resistere alla tortura portava di solito all'assoluzione o a pene leggere; che le pene appaiono più miti per i minori di 25 anni; che la pena di morte è comminata solo a sodomiti recidivi, e infine che il rigore delle condanne si allentò nella seconda metà del Seicento.
Per concludere, alle pp. 322-323 appare un breve elenco di nomi di condannati.