recensione diGiovanni Dall'Orto
De maribus... effeminatis [1778]. La "malattia femminile" (théleia nòsos) degli "enarei" della Scizia
Interessante dissertazione su cosa costituisse mai il théleia nòsos ("malattia femminile") degli Sciti, di cui parla lo storico greco Erodoto (490/480-430/420 a.C.) nelle sue Storie (a I 105 e IV 67).
A torto, afferma l'autore (che è il filologo tedesco Christian Gottlob Heyne, 1729-1812), si è pensato che questo fosse un eufemismo per indicare coloro che subiscono la sodomia.
Per dimostrare che si trattava di altra cosa, Heyne esamina quindi tutte le attestazioni antiche della "malattia femminile" (liquidando però un po' alla chetichella lo pseudo-Longino, che nel Del sublime, XXVIII 4, la pensa diversamente da lui...), verificando che si trattava di un fenomeno diverso.
Per dimostrare il suo punto, l'autore stabilisce anche interessanti paralleli etnografici coi popoli "barbari" della Russia del suo tempo (dai mongoli ai camciàtchi), notando come anch'essi conoscessero forme di sciamanesimo simili a quello degli Sciti, andando facilmente affetti da "accessi isterici o epilettici".
Ciò detto, Heyne conclude che quanti tra gli Sciti furono affetti dal "morbo delle donne" furono semmai vittime di malattia "melancolica o isterica o di altro tipo nervoso" che perturbava loro la mente, spingendoli a vestirsi e comportarsi da donne.
Malattia mentale, dunque, non vizio sodomitico (p. 36).
Al contrario, i cosiddetti "ermafroditi" osservati fra gli indiani d'America (pp. 39-44) non furono altro che turpi uomini che subivano l'atto sessuale della donna, e che da donna si travestivano (il che implicava, aggiungo io, che bene fecero i bianchi a sterminarli per punirli del crimine).
È qui notevole per la storia della cultura il modo in cui Gottolob arrivi a conclusioni opposte per quel che riguarda l'interpretazione di fenomeni etnologicamente analoghi (si tratta in tutti e due i casi di travestitismo sciamanico), negando per la "classica" e "pre-Europea" (di lì ad appena qualche anno la si sarebbe detta "ariana"...) Scizia quanto invece ammette senza problemi per i popoli "barbari" come gli indiani americani. Siamo insomma di fronte alle radici razziste della cultura filologica europea (la cui nascita in quel giro d'anni è stata splendidamente illustrata da un testo ormai "classico" come Atena nera) perfino per quel che riguarda i comportamenti omosessuali...
Incredibilmente, il testo di questa dissertazione è ora interamente online in formato immagine sul sito dell'università di Göttingen (anche come file unico, in formato .pdf, di ca. 1,2 Mb: fare clic sul bottone in fondo alla pagina per scaricarlo).
Una copia cartacea è presso la biblioteca nazionale marciana di Venezia (la paginazione del volume delle "Commentationes societatis regiae scientiarum gottingensis", riparte da pagina 1 diverse volte: occorre quindi un poco di pazienza per trovare le pagine pp. 28-44 giuste).
Infine, per uno studio più recente sul fenomeno degli "enarei" scitici si veda: Storie degli Sciti, di Georges Dumézil.