recensione diGiovanni Dall'Orto
Ragazzo della porta accanto, Il [1998]. Storia di un pedofilo serial killer
"Immagine postuma di ragazzo" è la traduzione letterale del titolo giapponese di questo volumetto, macabro e inquietante quanto il titolo.
La vicenda inizia con l'arresto di un maestro elementare modello, che ha ucciso diversi ragazzini, tutti molto giovani e tutti prostituti.
Un flash-back ci porta poi indietro, al suo incontro con un giovane prostituto, che ha appena assistito al suo penultimo delitto, ed ha trovato sulla scena del delitto un collarino di metallo con il nome dell'iguana (e il numero di telefono) del maestro. Di che permetterne l'arresto.
Ma il ragazzo non intende denunciare l'assassino. Vuole essere aiutato da lui a liberarsi dalla schiavitù in cui lo tiene il suo protettore. E dopo aver sedotto il criminale, passerà un periodo di sesso (non mostrato nei disegni -- questo tecnicamente è uno shoujo manga, un "fumetto per ragazze", non uno "shonen ai") e amore con lui, prima di essere riacchiappato dallo sfruttatore.
Nel frattempo abbiamo appreso che il serial killer uccide i prostituti perché vede nei loro occhi lo sguardo della madre, prostituta anch'essa, uccisa a coltellate da un cliente sotto gli occhi di lui bambino. Che ne è uscito comprensibilmente traumatizzato.
Il giovane prostituto riappare infine, drogato e sofferente, con una pistola in mano e l'ordine di uccidere il maestro, colpevole di aver privato lo sfruttatore dei redditi dei ragazzi assassinati.
Il maestro vede infine nello sguardo del ragazzo "quello sguardo" e uccide anche lui.
Salvo scoprire che la pistola era scarica.
Ma ora il ragazzo è stato finalmente liberato.
Condannato all'ergastolo, il serial killer avrà un tracollo psichico.
Quando le sue condizioni migliorano un poco, viene portato a prendere aria sul tetto di una specie di ospedale, dal quale si lancerà nel vuoto verso l'immagine (...postuma?) del ragazzo che gli appare e gli propone di raggiungerlo.
C'è in questa vicenda un costante intreccio fra sesso e morte, sottolineata dal disegno spesso volutamente "sporco". Nessuno spiraglio di speranza per i personaggi, tutti schiavi del loro destino, tutti destinati ad essere liberi solo nella morte.
Non conosco la signora Kaori Yuki, ma con una mentalità di questo tipo immagino che lei sia in guai seri...
Questa è un'opera che senza dubbio un depresso cronico con rimuginazioni suicidali potrà indubbiamente trovare molto bella.
Non essendo io momentaneamente in tale stato d'animo, però, l'ho trovata inutilmente compiaciuta della morte e del dolore, nichilisticamente incapace di vederne il vero aspetto negativo, ostentatamente in posa decadente.
Corteggiare la morte e la sofferenza poteva in effetti essere una posa estetica. Ma nel 1890... Da allora, la cultura ne ha fatta di strada... O sono io che mi sbaglio?
[N.B. Il fumetto in questione occupa solo metà dell'albo, che è completato da due confuse storie, una di vampiri e una poliziesca, che però non toccano il tema gay].