recensione diVincenzo Patanè
Querelle de Brest
Tratto da un celebre e controverso libro di Genet, è l'ultima opera di Fassbinder. Dopo aver rischiato di vincere il Leone d'oro a Venezia, dove il presidente Marcel Carné lottò strenuamente per la sua vittoria, è stato censurato in Italia ed è uscito (con un Brest in più nel titolo...) tagliato di centocinque secondi, quelli in cui Querelle è sodomizzato da Nono dopo aver finto di aver perso a dadi.
Fassbinder ha letto il film in una chiave religiosa, come un cammino rituale di passione verso la purificazione. Lettura in effetti possibile (si pensi alla "via crucis" del film): Querelle è un "angelo della solitudine" che uccide in preda ad una sensuale follia omicida, ma anche come estremo atto d'amore - un chant d'amour che vive nell'esaltazione della carne e in assenza di sentimenti - e che poi cerca di espiare l'omicidio facendosi prima sodomizzare da Nono e da Mario e poi consegnando Gil alla polizia.
Al di là di questa lettura, Querelle comunque è un personaggio tipicamente genetiano, "un allegro suicida morale", schiavo di quell'eccitazione e di quell'aura particolare che dà l'omicidio (vuole conoscere Gil perché è affascinato da un altro colpevole): ladro, contrabbandiere, attaccabrighe, bugiardo, ma soprattutto di una bellezza bruciante che fa diventare schiavi gli altri. A cominciare dal tenente Seblon, un carismatico Franco Nero, che sfoga le sue pulsioni inespresse sfogliando nudi d'arte, confidandosi al registratore e battendo nei cessi.
Non c'è bisogno di accettare tutte le azioni di Querelle per rimanere colpiti dalla sua figura e da questo film, girato in pochi giorni in studio a Berlino, dove tutto è elegantissimo: le scenografie di uno spazio fortemente simbolico, dai moltissimi elementi fallici e dalle luci aranciate e violette, le recitazioni sincopate e ieratiche, le frasi tratte da Genet, le canzoni di struggente malinconia (Si uccide ciò che si ama, canta Jeanne Moreau). Ma soprattutto un Brad Davis al massimo della forma, che uccide l'oggetto di desiderio per proporsi egli stesso come tale allo spettatore, punto d'arrivo al di là di ogni concezione morale, in cui la discesa negli abissi del Male sembra dissolversi in un abbagliante alone.