recensione diGiovanni Dall'Orto
Mio amato, Il [1979]. L'altra Israele
Romanzo breve israeliano, ambientato nella comunità degli ebrei ultra-ortodossi chassidim.
Protagonista e narratore uno scriba specializzato nel copiare testi sacri e pergamene cerimoniali, che ha perso la fede nel Dio d'Israele, ma continua lo stesso a rispettare esteriormente tutti i precetti religiosi, ciò che gli permette d'essere un membro rispettato e di successo nella sua comunità.
Verso la fine del racconto, però, egli s'innamora d'improvviso del cognato quindicenne Channa e scopre l'attrazione omosessuale.
Un individuo come lui, che ha costruito l'intera esistenza sul conformismo esteriore, e per di più all'interno d'un gruppo sociale follemente omofobo e maschilista, non può imparare ad accettare tale sentimento. Se per qualche tempo inseguirà di nascosto i ragazzi per le strade di Gerusalemme, il suo primo tentativo di dar sfogo alle sue tendenze con un viaggio a Tel Aviv alla ricerca d'un prostituto lo metterà di fronte a un vecchio insegnante ridotto a un patetico e ributtante rottame umano per aver ceduto ai propri impulsi (seducendo degli studenti).
L'io narrante tornerà quindi senza aver "consumato" alla sua comunità, alla sua ipocrisia senza speranze, al suo mondo chiuso senza aperture sulla realtà, giungendo nel discorso conclusivo a maledire quei libri che, avendogli svegliato la ragione e il senso critico, gli impediscono di credere ottusamente e ciecamente a quel Dio che potrebbe salvarlo da se stesso.
Involontariamente questo romanzo ci dà così ragione del perché, in tutt'altro contesto, tanti omosessuali repressi scelgano di farsi prete, e come mai tanti preti siano omosessuali e pedofili.
Questo è un romanzo che magistralmente restituisce al lettore tutta la claustrofobia e la disperazione di vite serrate nella morsa dell'ipocrisia e della bigotteria religiosa.
Una lettura che non può lasciare indifferenti: o la sia odia, o la si ama. Io l'ho amata.