recensione diGiovanni Dall'Orto
Innocenza, L' [1970]. Storia di una corruzione di minorenne
Un quindicenne orfano, Nino, è mantenuto agli studi da tre misteriose zie di Roma.
Finito il ginnasio le va a cercare, ma la loro casa è vuota, sprangata. Disperato, chiede aiuto ai frati d'un convento adiacente, che lo violentano e lo "corrompono" al punto di fare di lui una perfida marchetta.
Uscito dal convento, Nino troverà una donna che afferma d'essere sua madre (vera? presunta?) ma che lui trova sgradevole, anzi "diabolica", così come trova soffocante la pur tanto sognata "vita di famiglia" che lei gli offre. Conclusione: preferirà tornare a vendersi al miglior offerente sotto i ponti di Roma.
A questo punto, colpo di scena, Nino scoprirà per caso che le zie esistono davvero, ma sono ricoverate in un manicomio.
E qui preferirà il ricovero in manicomio alla vita maledetta che gli offre la società "normale", "rifiutando così nella scelta del luogo della vera follia, la mistificata sanità del mondo borghese, che è il mondo dell'alienazione corrotta e mascherata" (così "spiega" la quarta di copertina).
E s'insinua alla fin fine il sospetto: la vicenda potrebbe essere solo una fantasmagoria, un'allucinazione, da parte d'un adolescente ricoverato in un manicomio... Ma l'autore conclude senza sciogliere il dubbio.
Condisce il tutto l'atmosfera cupa e disperata, così tipica di Dario Bellezza.
Tema dichiarato di questo breve romanzo sarebbe la "perdita dell'innocenza", quindi un certo necessario (!) monito letterario sul fatto che, una volta perduto questo prezioso bene, non lo si riacquista più.
Sarà! Il compiacimento con cui è descritta la concupiscenza dei libidinosi monaci rivela un atteggiamento tutt'altro che favorevole alla salvaguardia dell'innocenza della gioventù italica: l'autore sta dalla parte dei frati, non di Nino!
Più banalmente, quindi, questa "caduta agli ìnferi" del protagonista nasconde semmai la nevrosi di Bellezza, che visse la sua "caduta" nell'omosessualità come un inferno personale - fra marchette, delinquenti e drogati - che non si stancò di descrivere nei suoi mediocri romanzi e nelle sue folgoranti poesie.
L'aspetto disturbante di questa vicenda è che Bellezza fu un masochista (peraltro conscio d'essere tale, almeno questo) alla ricerca deliberata di situazioni che lo facessero soffrire.
In questa opera d'esordio non osa ancora presentarsi come tale, e preferisce attribuire all'esterno, alla società, oppure alla natura intrinseca dell'omosessualità (come avrebbe fatto anche nel francamente omofobo Lettere da Sodoma) le cause dell'eterno soffrire che a suo dire ci colpisce tutti.
La spiegazione alternativa alla mia, ossia la pretesa "politica" che egli avesse scelto l'inferno, ovvero l'omosessualità, in spregio al conformismo borghese, oggi ci appare apertamente risibile.
Conclusione: per me Bellezza resta un grande poeta e un miserabile prosatore. A me quest'opera (che è stata pure riedita, con il titolo: Storia di Nino) non è piaciuta, e non ne consiglio la lettura.
Nota: un saggio sulle opere a tema omosessuale di Dario Bellezza appare ne L'eroe negato di Francesco Gnerre, alle pp. 369-381.
Una serie di diligenti "temini" critici sui libri di Bellezza è inoltre alle pp. 155-164 di Ernesto e gli altri, di Claudio Gargano.