recensione diGiovanni Dall'Orto
Diario d'uno sconosciuto [1952]
Petit-riens, ricordi, divagazioni, pagine sparse insomma, ma scritte con una prosa incredibile, nella quale non un solo aggettivo è fuori posto (e il traduttore, Bruno Granozio, sembra aver fatto un ottimo lavoro).
Il tema? Tutto e niente, "il senso della vita", ma soprattutto, e a più riprese, dell'arte e il ruolo dell'Artista. Di continuo balzano all'occhio frasi folgoranti e poetiche come questa: "A chi mi chiede che cosa salverei della mia casa, se bruciasse, rispondo: il fuoco" (p. 84).
Alle pp. 143-154 una lunga riflessione sull'amicizia, con un excursus - espresso con le parole circospettissime che erano d'obbligo a quei tempi (1952) - sull'amicizia "particolare" (pp. 149-151), presentata come legame contro il quale, per puro pregiudizio, si accanisce la società, nonostante esso sia capace di amore e bellezza. Solo la scienza potrà illuminare il mondo su questo errore.
Ed erano parole assai coraggiose per quel tempo, anche se non profetiche (alle fine non fu la scienza, ma assai più prosaicamente la lotta dei diretti interessati a cambiare la mentalità).
Si notino anche i ritratti dei due scrittori omosessuali Maurice Sachs (pp. 80-83) e André Gide (85-88 "Sapeva dimenticare le offese, soprattutto quelle che gli uscivano dalla penna")...