recensione diGiovanni Dall'Orto
Atti impuri. Il lesbismo d'una monaca di Pescia nel Seicento
Un libro affascinante, ma non certo perché mantenga quanto promesso nel sottotitolo: "Vita di una monaca
lesbica nell'Italia del Rinascimento".
Tanto per cominciare, non di Rinascimento si tratta (siamo addirittura a metà Seicento: la Renaissance inglese, e non certo il Rinascimento italiano!) né di lesbismo, con le sole eccezioni dell'introduzione (ahimé tutta di seconda mano e senza nulla da aggiungere a quanto già si sapeva), e delle pp. 137-147.
Va peraltro riconosciuta l'intelligenza dell'autrice che, anche grazie a questo escamotage, è riuscita a rendere un best-seller internazionale un libro su un tema non certo popolarissimo come i processi ecclesiastici... Non solo: le va anche riconosciuto che sa scrivere bene, e che il testo non è mai noioso, anzi a tratti si legge quasi come un romanzo, pur essendo un serissimo studio storico.
Il processo di cui parla questo libro si svolse a Pescia nel 1619-1623 contro una monaca, Benedetta Carlini (1590-1658 ca.), che sfruttando opportune "visioni" mistiche aveva conquistato una posizione di preminenza nel convento in cui era stata rinchiusa.
Le autorità ecclesiastiche intervennero con il processo per dimostrare che le sue erano in realtà visioni diaboliche, e le sue affermazioni erano eretiche, riuscendo prevedibilmente a condannarla a incarcerarla per il resto della vita. Per trentacinque anni...
Fra i capi d'imputazione nel processo appare anche quello di avere avuto rapporti sessuali lesbici con una consorella.
Durante l'atto la Carlini era convinta d'essere invasata da un angelo di nome Splendidiello (ciò che salvaguardava il carattere maschile/femminile del rapporto sessuale, palesemente l'unico che Benedetta fosse in grado di concepire).
A mio parere Benedetta Carlini non era lesbica, come dimostra anche il fatto che in un interrogarorio assicurò che il diavolo la tentava, per farla uscire di convento, con visioni in cui apparivano dei giovani
vezzosi, uno almeno dei quali conosciuto di persona.
E fra le accuse rivoltele c'è pure quella di avere amoreggiato al cancello con un prete...
Omosessualità di compensazione, dunque? Io penso di sì, sebbene ciò non tolga che la relazione sessuale fra le due monache fosse stata vissuta con l'intensità di una "vera" passione lesbica, senza escludere pratiche come il cunnilictus (p. 140).
Insomma, chi ama la storia leggerà il libro con interesse (particolarmente vivido è il racconto di come Carlini a soli nove
anni fosse diventata suora, senza vocazione, su pressione della famiglia, nonché il racconto della conseguente infelicità, che la portò a simulare le visioni), ma chi vuole imparare qualcosa di nuovo sull'omosessualità non lo troverà.
Ciononostante, forse perché questo saggio è finora il solo processo con connotazioni lesbiche studiato in tanto dettaglio, questo è un libro molto citato da tutti gli storici non glbt, sebbene, lo ripeto, quanto dice sul lesbismo sia tutto di seconda mano rispetto agli studi apparsi in precedenza.
Questa monografia era stata preceduta da: Judith Brown, Lesbian sexuality in Renaissance Italy: the case of sister Benedetta Carlini, "Signs", IX 1984, n. 4 (summer 1984), pp. 751-758. Poi in: Wayne Dynes e Stephen Donadson (curr.), Homosexuality and religion and philosophy, vol. XII di Studies in homosexuality, Garland, New York & London 1992, pp. 85-92.
La contesta il saggio di Rudolph Bell, Renaissance sexuality and the Florentine archives. The "lesbian nun" of Judith Brown: a different conclusion, "Renaissance Quarterly", XL 1987, pp. 485-503, con risposta della Brown alle pp. 503-511.
Un estratto del processo, tradotto in inglese, è online qui.