recensione diGiovanni Dall'Orto
Ermellini neri, Gli. Un incesto pedofilo e gay come simbolo del Male
Questo romanzo di Michele Prisco (1920-2003), descritto nel risguardo come una Riflessione Filosofica sul Problema del Male, presenta lo svolgimento della vicenda d'una seduzione e d'una relazione attraverso il punto di vista di due diari, o memoriali: uno è quello del protagonista, l'altro quello d'un osservatore esterno, che fa da controcanto.
In un "momento di debolezza" il protagonista, il giovane ex seminarista Alvaro Surace, seduce Simone, il figlio adolescente della sua amante, Stella.
Simone s'innamora d'Alvaro, ma non ne è ricambiato:
"Devo aggiungere che la curiosità di quell'insolito rapporto in me s'era presto esaurita, e una rabbia sterile e soffocata e non la passione alimentava il mio comportamento nei suoi confronti, ma non si conosce mai interamente il cuore umano; non che sentirsi umiliato o ferito dalla mia sgarbatezza, Simone pareva trarne motivi di maggiore attaccamento. Era dolce, docile, devoto. Non dirò che non m'ispirasse, in certi momenti, un senso d'indulgenza, o di simpatia, e allora alla mia volta cercavo di ricambiare il suo bisogno di carezze con un atteggiamento più espansivo, ma in genere evitavo di mostrarmi eccessivamente affettuoso o acquiescente perché s'illudesse della verità dei miei sentimenti.
Insomma mi trovavo in un vicolo cieco, senza vie d'uscita" (p. 211).
Per scrollarsi di dosso il ragazzo, che cerca in lui l'affetto che non trova altrove, Alvaro gli spiega quanto "contronatura" sia ciò che hanno fatto (e che Simone vorrebbe rifare!) e cerca di spingerlo a rapporti con donne (che però al ragazzo interessano poco o punto).
Addirittura, diabolico fino in fondo, vagheggia l'idea d'usare la madre come giocattolo sessuale del figlio!
Alla vicenda porrà fine una denuncia per plagio da parte del moralistico - ma tutto sommato ragionevole, vista la situazione - autore del secondo diario/memoriale.
Questo romanzo è discusso nella prima edizione (ma non nella seconda) de L'eroe negato di Francesco Gnerre.