recensione diGiovanni Dall'Orto
Sapore della menta, Il [1963]
Un romanzo in parte descrittivo, e in parte introspettivo, che narra le vicende, gli amori, le speranze e disperazioni di Marco, omosessuale che inizia a sentire il peso degli anni che passano (e alter ego di Piero Santi), e dei suoi amici, fra i quali appare "Bonetti", anch'egli omosessuale, che è un ritrattino malizioso di Carlo Emilio Gadda.
Gadda, che fu amico e compagno d'amori di Santi, fu omosessuale non solo "velato", ma addirittura terrorizzato dall'idea che "lo" si venisse a sapere. E Santi, orgoglioso e "dichiarato" prima di chiunque altro (o quasi) in Italia, presta qui a Bonetti alcuni aneddoti che a voce mi ha detto riferirsi proprio a Gadda, prendendolo garbatamente in giro per la sua condizione di doppia vita.
Piero Santi (1912-1990) è senza dubbio il più grande degli scrittori gay italiani considerati "minori". E secondo me egli non fu un "minore" bensì un grande scrittore, anche se poi lui, legato a concezioni estetiche crociane della scrittura, rifiutava l'etichetta di "scrittore gay", com'è evidente nell'intervista che gli feci nel 1986, pubblicata in: La pagina strappata, Gruppo Abele, Torino 1987, pp. 49-65.
Il sapore della menta è il libro che egli mi disse di ritenere la sua opera più compiuta, più vicina a ciò che aspirava a scrivere. Ma a mio parere il Santi migliore non si trova affatto qui (questo è un libro in cui lo sforzo lambiccato di "fare letteratura nobile" si vede troppo), bensì nei suoi scritti autobiografici e/o in quelli brevi, ma intensissimi, quasi poesie in prosa.
Il sapore della menta, proponendosi come opera più "seria" e compiuta delle altre, manca poi proprio per questo del dono aureo di Santi: la leggerezza, la levità, l'immediatezza che era in realtà costruitissima capacità di scrittura, e in parte la meravigliosa (auto)ironia.
Ciononostante non posso non ricordare che nel 1963 si contavano sulle dita di una mano gli scrittori italiani che parlassero d'omosessualità in modo altrettanto franco e privo di tragedie a sfondo religioso o psichiatrico.
E del resto nemmeno in questo libro mancano i brani da antologia, e sono quelli in cui il "fare letteratura" viene meno e spunta fuori il Santi intimo che è il Santi grande:
"Sarebbe l'ora che in questo diario parlassi di Gianni. Da qualche anno è il mio grande affetto. (...)
È un puro; in mezzo all'infuriare dei giorni, deve resistere: ai compagni sciocchi, al limo che si aggruma in ognuno di noi e perciò anche in lui; a quelle ore ardenti e insieme spente nelle quali si mormorano tante cose amate e sciocche, quando la donna ti insidia in ogni modo perché ti vuole vinto.
Non è come gli amici che ti vorrebbero, al più, vittorioso con loro; no, ti vuole ai suoi piedi, ti dà tutto per questo fine, ti porta in automobile, ti paga, e si offre; il sesso è il galeotto, Gianni è troppo spesso sconvolto dalla furia sessuale" (p. 174).
Nota: un saggio sulle opere a tema omosessuale di Santi appare ne L'eroe negato di Francesco Gnerre, alle pp. 189-212.