recensione diGiovanni Dall'Orto
Io, la "Romanina". Parla una dellle prime trans italiane.
Questo libro è il documento, scritto con notevole intelligenza e verve, dell'esperienza di un transessuale che è diventato donna. Il carattere eccezionale dell'autrice, energica ma molto umana, fa sì che gli anni trascorsi non abbiano tolto interesse all'opera, nonostante fosse stata pubblicata come documento di attualità ("scottante"... ovvio).
Si resta colpiti dalla forza di volontà, dall'umanità sempre intatta, dal senso dell'umorismo di questa persona che dagli altri ha avuto solo persecuzioni e, come molti, non ha avuto altra scelta per vivere che la prostituzione. E che nonostante tutto riesce a coronare il suo sogno di cambiare sesso.
Notevole la descrizione della "provincia profonda", quell'italietta culturalmente arretrata che Cecconi conosce quando è inviato al confino dalla polizia per il suo comportamento "scandaloso". Questa è oltre tutto una testimonianza rara, perché di prima mano, dell'invio al confino di persone omosessuali, prassi comune durante il fascismo, ma in vigore ancora per molti decenni dopo la sua caduta.
L'autrice accenna alla fine dell'autobiografia alla sua intenzione di sposarsi. Ebbene: lo fece davvero, con un ragazzo greco di nome Mantakas, suscitando, all'epoca, vasta eco sui giornali.
Da questo libro nel febbraio 2005 è stato anche tratto uno spettacolo teatrale.