Coda del parroco, La. E la coda di paglia dell'autore

12 febbraio 2005

Raccolta di novelle del 1958.

Il racconto "Amatori d'anime" (pp. 41-80) è scritto in prima persona da un virile eterosessuale che incontra al bar un gruppo d'omosessuali (anzi, "pederasti") della nobiltà romana. Dopo un tot di pettegolezzi e ienate, viene invitato a bere una coppa di champagne nella squisitissima ed opulenta casa d'uno di loro.
Ma ovviamente il "pederasta" di turno cercherà, con infinita petulanza e sfacciataggine di sedurlo, "costringendolo" a picchiarlo per poter essere lasciato in pace e andarsene.

Al povero, virile etero concupito, i nobili e ricchissimi e potenti "pederasti" avevano spiegato d'essere persone superiori, attratte dall'"anima" degli esseri umani, ma Cibotto li dipinge come fin troppo sensibili ai corpi...

L'omofoba caratterizzazione dei personaggi omosessuali oscilla fra il ributtante e il patetico, con puntate nel pericoloso, dato che Cibotto scrive qui una sorta di Protocolli dei Savi di... Sodoma, descrivendo come gli omosessuali, lungi dall'essere perseguitati ovunque (e siamo nel 1958!), in realtà dietro le quinte controllino il mondo, come gli ebrei "durante il primo novecento" (cioè, prima che fossero sterminati nella Shoah).

Mi pare che questa visione non sia né cattolica né fascista, ma proprio brutalmente nazista, come dimostra anche la visione antisemita.

Cito il brano perché se non lo faccio forse qualcuno non mi crederà:

"Guardi che fare parte della nostra parrocchia non significa poi cadere nella bocca del diavolo. Pensi solo all'assistenza spirituale e materiale che possiamo garantire agli amici in virtù della potenza raggiunta dalla nostra organizzazione. E questo senza una scheda o una sede. Nemmeno gli ebrei durante il primo novecento conobbero la solidarietà esistente fra noi. Basterebbe le citassi solo alcuni degli organismi controllati, nei quali abbiamo in mano le leve del comando, dai ministeri economici ad esempio, alle banche più solide, per darle un'idea, sia pure approssimativa e larvata, delle nostre immense possibilità. La tanto decantata massoneria (...) al nostro confronto può essere definita uno scherzo.

Ma la pederastia non è tanto e solamente un affare sul piano sociale", continuò accalorandosi, "ma piuttosto sul piano morale, perché permette finalmente all'uomo di trovare un punto di riferimento, di non sentirsi più isolato in un mondo d'incomprensione" (p. 68).

Peccato che la politica in mano ai "pederasti" sia quella che porta al disastro: "Del resto, guardi anche il nostro tempo. Come definire Lenin, Hitler, Mussolini e Stalin, se non come dei grandi pederasti mentali?" (p. 69, e si noti che questa sarebbe l'apologia dell'omosessualità: figuriamoci se fosse stata un'accusa!).

La cosa che mi rende maggiormente perplesso è che Cibotto ha sempre frequentato molti omosessuali (a iniziare da Giovanni Comisso). Ha dunque scritto questa novella per ostentare una sana e robusta costituzione da eterosessuale, di quelli che pigliano a pugni i froci? E se sì, che bisogno ne aveva? Qualcuno gliel aveva messa in dubbio? Mah!

(A margine: sono convinto che i ritrattini degli anonimi aristocratici "pederasti" romani, ben caratterizzati, fossero all'epoca riconoscibili, con nome e cognome; io però oggi non saprei sciogliere l'indovinello).

La ristampa del 1987 (Bompiani) ha in appendice una relazione sull'ostilità con cui quest'opera fu accolta al suo apparire: il padre di Cibotto era deputato democristiano, e fu anch'egli attaccato per il libro del figlio, che dovette rinunciare a ristampare l'opera dopo la prima edizione.

A quanto si legge (ma Cibotto parla per mezze allusioni) anche "Amatori d'anime" aveva creato scandalo fra i cattolici, e non per il modo indegno in cui parlava degli omosessuali, bensì perché ne parlava tout-court, in un'epoca in cui la Chiesa voleva che il tema fosse censurato nel modo più totale, in quanto intrinsecamente immorale.

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