Atlante criminale, L'. Vita scriteriata di Cesare Lombroso

30 gennaio 2005

Da qualche tempo s'è diffusa l'abitudine di scrivere biografie che cercano d'essere più romanzi che opere storiche, probabilmente per non sottostare al rigore che un'opera storica richiede.
A tale genere appartiene anche questa biografia di Cesare Lombroso (1835-1909), il creatore in Italia dell'Antropologia criminale, celebre per la sua tesi secondo cui tutti i comportamenti criminali hanno alla base carenze fisico-neurologiche, che si accompagnano ad altre deformazioni che possono quindi essere studiate per prevenire la delinquenza.

C'è un "mistero" nella vita di Lombroso: come mai una persona che ebbe un successo mondialie, i cui libri furono bestellers mondiali tradotti in varie lingue, n Italia influì poi tanto poco nel campo giuridico?

Guarnieri se la cava con una tesi che è al tempo stesso assai intrigante e insoddisfacente: i libri di Lombroso non sono opere scientifiche bensì letterarie (nonostante il loro stile letterario pesante) e come tali furono apprezzate e gustate dal pubblico mondiale, e non tenute in conto dai legislatori italiani. Vanno quindi studiate e capite in base alla letteratura coeva e al clima artistico del momento...

La realtà è assai più complessa, e di tale complessità in questa biografia non si vede traccia, o meglio, le tracce si riconoscono bene se si conosce già il quadro dell'epoca, perché Guarnieri i testi li conosce e li ha letti, solo, ha scelto di mettere in secondo piano tutto ciò che sulla scena non colpisce lo spettatore del suo libro (infatti Guarnieri è uno sceneggiatore, non uno storico).

Risultato? Io il libro l'ho letto con piacere, e senza nessuna noia, nonostante la piatta e banale vita di Lombroso, in sé, non possa certo dirsi ricca di colpi di scena. Guarnieri sa raccontare, non c'è dubbio, ed ha scritto un bel "romanzo" (anche se, per tenerci allegri, forse calca un po' la mano sugli aspetti grotteschi di Lombroso, sia nella vita che nelle teorie).

Però se dovessi dire che da questa lettura ho appreso molte cose nuove, mentirei.

Anche perché l'assenza totale di note a piè di pagina e d'indicazioni precise sulle fonti, impone di credere sulla parola all'autore, e alla sua bizzarra visione "letteraria" della scienza del XIX secolo...

Una visione che è possibile solo a chi non ha più, come noi oggi, un quadro completo del dibattito scientifico dell'epoca, le cui parole-chiave non fanno più risuonare nulla alle nostre orecchie, mentre ne riconosciamo ancora le parole-chiave morali ed artistiche... Anche se il fatto che le ri-conosciamo non implica affatto che poi le conosciamo per davvero.

Infine, sugli studi di Lombroso su "tribadi" (lesbiche) e "pederasti" o "cinedi" (omosessuali) in questo libro si trovano solo cenni sparsi, alle pp. 90, 121-122 e 211.

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