recensione diGiovanni Dall'Orto
Pasto nudo, Il
Un romanzo che probabilmente va letto con l'ausilio di qualche droga (possibilmente, più di una: se ne volete il catalogo, c'è, alle pp. 277-293) per essere in grado di apprezzarne la farragine d'immagini e frasi che si accavallano senza alcun filo conduttore (purtroppo per me, io lo posso leggere solo da sobrio...). L'autore stesso ammette: "Non pretendo di imporre né "storia" né "trama" né "continuità"... Fin tanto che riesco nella registrazione diretta di alcune aree del processo psichico posso avere una funzione limitata" (p. 242).
Pur con queste limitazioni, questo libro è stato un cult, anzi la bibbia di un'intera generazione di "scoppiati" (gay e non), probabilmente meglio attrezzati di me, se non proprio dal punto di vista culturale, almeno dal punto di vista chimico.
Non esiste una trama, solo un magma lavico d'immagini allucinate, ambientate nell'Interzona (trasfigurazione di Tangeri) che vertono per lo più sulla droga e su vari tipi assortiti di congiure cosmiche, con spruzzatine di fantascienza, ma anche, ossessivamente, sulla presenza di finocchi, checche e travestiti, per lo più ripugnanti.
Una lunga allucinazione ("La stanza dei giochi di Hassan", pp. 118-126) è una fantasia sadica che mescola sesso e impiccagione di ragazzi, un'altra, "Interzone" (pp. 201-223) descrive un lungo interrogatorio poliziesco che cerca di fare ammettere tendenze omosessuali al personaggio Carl, in bilico tra Kafka e Philip K. Dick.
Ma l'omosessualità e gli omosessuali (e i prostituti, indigeni e non) sono presenti praticamente in ogni pagina.
Nota a margine: "Andrew Keif", che appare nella sezione "Interzone" è un ritrattino al fulmicotone di Paul Bowles.
Si badi al fatto che il film di Cronenberg dallo stesso titolo è in realtà una biografia di Burroughs e non ha praticamente nulla in comune con questo libro, se non l'ambientazione nella stessa "Interzona" e qualche spunto e citazione qua e là.
Questa edizione ha anche, in appendice, un'intervista di Allen Ginsberg a Burroughs.