recensione diGiovanni Dall'Orto
Sacrificio dell'istrice, Il
Questo libro si divide in due parti. La prima, pp. 8-74, è la storia di una relazione gay un poco s/m fra due diciannovenni, in forma di sms, o da "messenger". Perfetta, giusta nei ritmi e nei toni, e assolutamente geniale ("Ti ho cercato a casa, ma non ci sei mai.
Oggi, per disperazione, sono andato "a fare due chiacchiere" con l'ortolana.
Lei dice "Beato te che sei giovane!".
Io dico "Eh", ma mi viene un po' da piangere", p. 70).
La seconda, pp. 75-211, "Diario", è il rimuginio delle sofferenze adolescenziali (e molto alcoliche: ma quanto bevono, 'sti ragazzini dei romanzi?) seguite alla fine della relazione, da parte di un gay di provincia che spera di diventare scrittore, e scrive e legge e ascolta e guarda film e vuole farci sapere cosa legge, scrive ascolta e vede... (Oddio che noia!).
A questo punto l'interesse si biforca decisamente. Da un lato lo stile, dall'altro i contenuti.
L'autore scrive bene (pur gaddeggiando un poco, ma senza esagerare) in modo scorrevole e con buon mestiere. Da questo punto di vista, un buon esordio.
Certo, il gusto per il pastiche porta a qualche eccesso di letterarietà non ben digerita, ma questi eccessi sono controbilanciati da momenti azzeccati (come la divertente parodia della "Pioggia nel pineto" dannunziana in versione urbana XXI secolo).
E se la vicenda in sé è magari la solita storia detta e ridetta (lui-lascia-lui, e lui soffre tuuuuutti i Dolori del Giovane Inverter...), è comunque porta con garbo e in modi stilisticamente variegati, e si fa leggere.
Per quanto riguarda i contenuti, invece, Cerchierini ha creato un io narrante di assoluta antipatia. Un esponente della "me generation" tanto più pieno di sé quanto più è in realtà vuoto di tutto, convinto che il mondo ruoti attorno al suo ombelico, certo di avere inventato lui la sofferenza, la cultura e magari anche la letteratura.
Un ragazzetto che scopre che al mondo, oltre agli alcolici e al suo immenso dolore (di stomaco, e di cuore), esistono anche alcuni libri e dischi, e parte con lezioni sul Senso Profondo della Vita. A diciannove anni?
Così, il protagonista ostenta le sue letture da "adulto" (non ha ancora imparato che la cultura, come gli effetti speciali negli spettacoli, funziona solo se non si nota), salvo poi avvitarsi in crisi emotive da adolescente.
A me è sfuggito perché avrebbe dovuto interessarmi un simile personaggio. Forse lo scrittore si rivolgeva solo al mercato degli adolescenti pre-suicidali, quindi io sono fuori dal target (non essendo... ehm, pre-suicidale...)? Resta il fatto che il suo protagonista è banale e presuntuoso. È la banalità incarnata. Spesso, dopo un capitolo con sue Rivelazioni Filosofiche al Mondo, sorge spontanea la chiosa: "Ecchissenefrega?".
Comunque sia, fatte le somme, questo è un buon esordio... anche se forse questa scrittura avrà più sapore quando allo stile maturo si accompagneranno personaggi meno immaturi.