Sotto la stella polare dei tanti complici e amanti che hanno incrociato il suo destino, Porpora ci dona una tellurica affabulazione in cui la realtà degli anni '70 riappare per schegge, a/traverso i lampi di un lucido e vibrante amarcord carico di ironia, rabbia, felicità, ma anche di dolore e malinconia.
Ci fu un tempo in cui dreamers e vagabondi, eretici e corsari, in rivolta contro tutto e tutti, si sforzarono di reinventare la realtà, in fuga dal muro di gomma dell''eterocrazia' e dalla schizofrenia capitalistica ("L'Anti-Edipo" e "Mille piani" di Deleuze e Guattari). Ci fu un tempo in cui molti ritennero di dover reagire alla claustrofobia sociale e spazzar via, in un furore iconoclastico, "la ruggine" che li soffocava, di rifiutare "l'educastrazione" e opporsi all'omologazione. L'onda lunga di Stonewall (al World Pride del 2000 il M.I.T. inviterà la trans/vestita Sylvia Rivera, simbolo di quella mitica rivolta), l'assassinio di Pasolini (che spingerà Porpora a venire allo scoperto durante un'agitata assemblea scolastica), il Convegno sulla repressione a Bologna - stretto tra l'area creativa e nonviolenta degli indiani metropolitani e i duri dell'Autonomia Operaia, Roma e il circolo Narciso (l'amicizia amorosa con Marco Sanna, l'autodifesa frocia a Monte Caprino), i campeggi gay: una miriade di incontri, tante memorabili tappe del Movimento. Il tutto rivissuto sotto una lente queer che coglie in pieno lo stravolgimento esistenziale di quegli anni, pur rifuggendo, per scelta stilistica, dall'esaustività o dalla ricostruzione filologica raggiunta da un Rossi Barilli nella sua ricerca sull'attivismo gay in Italia. In fondo questa è solo l'intricata, picaresca vicenda di un@ di noi: non ambisce a proporre verità acclarate, ma (e vi pare poco?) un favoloso coming out, finendo per intrecciarlo con gli splendori e le miserie, le fragole e il sangue di quel periodo, nato dal vulcanico Maggio francese e precocemente gelato della tragedia dell'AIDS (preceduta dal suicidio di Mario Mieli). Questa autobiografia - un po' diario intimo, un po' Storia romanzata - si propone come un piccolo faro: ha l'ambizione di illuminare una memoria collettiva sempre più ingenerosa verso i tanti/e che hanno mostrato la rotta verso la liberazione del corpo e della mente.
1979, spiaggia romana di Castelporziano, I° Festival Internazionale dei poeti. Confuso tra il pubblico accorso in massa, c'ero anch'io non ancora ventenne. Mio fratello Luigi mi favoleggiava dei goduriosi 'misteri' che si officiavano nella 'tenda beduina' animata da un certo Porporino tra dune, miraggi e psichedelici caleidoscopi. Allora, pur morendo dalla curiosità, non ebbi il coraggio di 'bussare al tuo convento': ci ridai ora un frammento di quella lontana estate?
Più che una tenda era un accampamento: non c'era una sola di tenda, ma tutte quelle in cui eri invitata o autoinvitata! Certo che il mare, il sole, la nudità... sono un grande scenario e un buon condimento per miscele e alchimie amorose e sensuali. In quel periodo tutto era legato, compreso il personale e il politico, tutto assumeva una forma fantastica che andava oltre noi, oltre la realtà: ai confini della fantasia!
Movimento, viaggio, transito, passaggio, sconfinamento, nomadismo, meticciato, ibrido, corporeità. Parole che da sempre segnano la tua poetica e rendono il dinamismo degli anni '70, percorsi da tante lotte di emancipazione (donne, operai, studenti...) e dall'assalto al cielo dei valori borghesi e cattolici condotto da voi "altri libertini"...
Per me il viaggio, il nomadismo, il transito sono la quintessenza della rivoluzione e della saggezza, l'esatto opposto della staticità. Il movimento significa tante cose, specialmente conoscenza e incontro con il nuovo, con l'altro, il diverso da te. Riuscire a sintonizzarsi con il movimento significa cogliere la natura dell'universo che è trasformazione, viaggio... trip.
Il '68 apre una breccia, il '77 fa saltare le dighe. Trasversalismo, situazionismo, la "via lattea" del femminismo separatista (vi agiva la maggioranza delle lesbiche), i 'militonti' vecchio stampo e gli 'indiani metropolitani', una miriade di slogans fantasiosi - "Astronomia Operaia, Quarta Dimensione, scegliamo le stelle per la rivoluzione", "Gastronomia Operaia, cannibalizzazione, coltello forchetta, mangiamoci il padrone!" - che smontavano la seriosità dell'originale parola d'ordine "Autonomia Operaia, Organizzazione, Lotta armata, Rivoluzione". Finché il piombo dei 'duri e puri' e la repressione dello Stato parvero calare una lastra tombale su quella stagione irripetibile...
In effetti succede spesso che tutto quello che abbiamo buttato dalla porta rientra dalla finestra. E nella nostra ricerca di felicità e di un mondo migliore a volte abbiamo adottato le stesse "armi" di quel sistema. Non voglio essere categorico e penso che in ogni situazione si crei una particolare esperienza: non dimentichiamoci che l'Italia di quel periodo usciva dalla strategia della tensione, dalle infinite stragi fasciste rimaste impunite... Che poi si faccia passare il tutto come "gli anni di piombo" è maledettamente fuorviante, perché di quel periodo si coglie solo una parte senza contestualizzarla.
Volevate divenire soggetti attivi, "produttori e non solo ricettori del sapere", era forte il bisogno di farsi protagonisti della Storia, rifiutavate di restare a guardare gli eventi dalla finestra dell'isolamento piccolo-borghese. Lo Studio Uno Underground, la comune hippy dei Ciclamini, "OMOSESSUALE oppressione liberazione" di D. Altman (per te era come una tessera che attestava la politicizzazione della tua sessualità, confermando il potenziale rivoluzionario dei vostri amori) o gli "Elementi di critica omosessuale" di Mieli, le "Sette meditazioni sul sadomasochismo" del Living Theatre, il Festival del proletariato giovanile al parco Lambro, quando Mieli, dopo aver stigmatizzato l'aggressività dei compagni responsabili della devastazione di uno stand frocialista, pronunciò il grido di battaglia: "D'ora in poi non batteremo solamente ma com/batteremo. Proletari di tutto il mondo, inculiamoci!"... Tutto vi trasmetteva la scossa, vi 'deviava' dai vecchi sentieri della Norma: eravate come girovaghi pronti ad imbarcarvi su zattere improvvisate verso l'Itaca dei vostri desideri...
Siamo tutt* come Ulisse alla ricerca continua e (per fortuna) mai conclusa del nostro approdo. Gli attacchi della destra clericale ci stanno togliendo di nuovo tutto, facendoci allontanare dalla nostra Itaca.
"Si fa ma non si dice": il controllo sociale funziona anche grazie all'autorepressione, che spinge molti a soffocare "la parte di sé che non si accetta distruggendola negli altri". Eppure allora ogni posto e occasione eran buoni per (pan)sessualizzare con i maschietti 'etero' e le altre 'frocie': fienili, scantinati, soffitte, vecchi catorci riverniciati, macchie mediterranee a pochi passi dall'azzurro del mare, greti di laghi, fratte ignoranti. E che dire delle atmosfere dionisiache negli accampamenti al "buco" di Ostia o ai "cento scalini" verso Gaeta, invasi al calar delle tenebre da frotte di guaglioncelli napoletani? O dell'icastica l'orgia con trenta pischelli del Pigneto (la mente va al "Pratone del Casilino" in "Petrolio" di Pasolini)? Nonostante restasse per molti una "pratica innominabile", l'eros omosessuale era diffuso e spesso emergeva in superficie come una lava o un fiume carsico: ovvero, "la via anale contro il Kapitale"! Eppure molti hanno vissuto a lungo una scissione tra personale e politico, senza cogliere i nessi tra ribellione e "désir homosexuel" (Hocquenghem), tra rivolta e "mistificazione eterosessuale" (E. Modugno), tra "corpo e rivoluzione" (Parinetto). Quanto hai dovuto sbatterti per inserire la tua natura frocia nel tuo corredo agit-prop?
Non è facile riuscire a coniugare il personale e il politico in chiave frocia: non lo è oggi, persi come siamo tra griffe, discoteche e lustrini, e non lo era allora in una realtà in cui non si era ancora venuti fuori. Dopo anni o secoli di oppressione in cui sei considerato l'anormale, non è facile declinare la propria favolosa 'anormalità' con la cultura. "Rivoluzionare" il sociale, la politica.... Se l'avessimo capito prima, se l'avessero compreso anche i cosiddetti maschietti rivoluzionari... oggi forse il mondo lo avremmo cambiato!
Accenni allo "sguardo a parabola" dei maschi che 'ci stanno'? Com'è che spesso i nostri gaydar ci mettono così tanto a decifrarlo?
No, lo sguardo a parabola appartiene alle frocie! È uno di quei segni di riconoscimento interno, un segno che fa comunicazione, canone... cultura. È lo sguardo di chi non ti osserva direttamente, ma... te lo fa capire.
Nel capitolo "Tra coscienza di classe e coscienza di genere" insisti sul fatto che "un'identità di genere pura e una possibile sessualità ad essa correlata" siano convenzioni culturali destinate ad essere infrante ogni qual volta lo favoriscano le circostanze: "due corpi o più corpi che si incontrano, al di là del loro sesso, possono creare alchimie particolari". Insomma un 'pube angelicale', una sessualità trans/gender che segua le tracce del Desiderio, per sua natura fluido...
Riprendo il concetto di transessuale usato da Mieli. Credo (l'esperienza me lo conferma) che non esistono i monoliti di genere o sessuali, sono semplicemente un prodotto culturale della società veterosessuale che ci ha detto cosa era giusto e cosa sbagliato, rendendo infelice la gran parte dell'umanità.
Poi "il favoloso mosaico gayo" andò in frantumi, tutto sembrò risucchiato dalla tragedia dell'AIDS, divorato dall'indifferenza dell'Occidente, fagocitato dal Nulla (come nella "Storia infinita" di Ende). Paura, confusione, impotenza, sospetto, isolamento, strazio, malinconia. Un grande vuoto, centinaia di migliaia di morti che hanno dimezzato le più grandi comunità glbt del mondo, che hanno impoverito interi continenti: "la nostra felicità, come Itaca per Ulisse, si allontanava nuovamente sotto l'impeto della tempesta"...
Per me la summa del libro è nel finale dove ho cercato di tessere i fili tra un prima e un dopo (il prima favoloso della rivoluzione sessuale e il dopo wojtylano del castigo), di cogliere le intersezioni e recuperare quella parte della nostra storia che con l'AIDS è andata perduta.
Parli amaramente del fatto che ai giorni nostri, nonostante l'abbuffata consumistica ed i nuovi mezzi a disposizione, l'autentica comunicazione sessuale si è drasticamente ridotta, che predominano estraneità e diffidenza (e certo molto incidono la paura e la disinformazione riguardo alle malattie sessualmente trasmissibili), che "non si sa chi si ha davanti, figuriamoci chi si ha di dietro". È proprio vero che allora c'era "una potenzialità in esplosione rispetto ad oggi che c'è un'impotenza in espansione"?
Proprio così, ma credo che la questione andrebbe approfondita perché è molto complessa e chiama in causa la struttura della nostra società, le biopolitiche, i poteri forti, la globalizzazione, l'asservimento totale dei corpi al mercato. Ripeto, il discorso andrebbe meglio articolato: io ho solo offerto degli spunti di riflessione.
Questo tuo diario di bordo è accompagnato da una colonna sonora che riunisce il meglio del pop, rock e punk di quegli anni. Che importanza ha avuto la musica nei tuoi trip?
Per me la musica era brivido, celebrazione, evento, partecipazione. Del resto quella che ascoltavi e ballavi era una musica nuova, mai creata prima sia per il ritmo, per gli strumenti, per l'uso della voce, per i contenuti che per l'ascolto: era anche essa creazione di senso, il senso della nostra felicità.
Su Ciro Cascina (sua "La Madonna di Pompei", una satira della sessuofobia e del bigottismo cattolico), che vive e lotta insieme a noi (sarà al circolo Mieli per una sua performance in occasione del Pride nazionale Roma 2007), ci dai un bellissimo ritratto: "artista nomade, mezzo stregone mezzo santone, un po' guitto un po' ruffiano, dai modi interscambiabili da nobildonna e da popolana. Ciro non aveva nulla che gli apparteneva e nulla a cui apparteneva, la sua anarchia era reale più che teorica... Viveva così in giro per l'Italia in una delirante e infinita tournèe teatrale"...
Ciro era l'incarnazione di quella fase: nulla avere, a nulla appartenere.. se non a se stessi... in cerca di un'isola che non....abbiamo ancora trovato!
Dilatare l'area della coscienza: è l'invito pressante dei maestri della Beat Generation (Burroughs, Corso, Ginsberg, Kerouac). Questo allargamento di orizzonti era facilitato anche da tutta una serie di allucinogeni che, in un'epoca proibizionista e salutista come la nostra, sembrano...
...sembrano assurdi! Le droghe sono state svuotate completamente del loro senso culturale, mistico, di ricerca, di identità. Se pensiamo che tutti i popoli del mondo hanno la loro droga da usare per la festa, le cerimonie..., mentre noi con il nostro uso spregiudicato e consumista abbiamo distrutto anche la loro cultura, il loro rapporto con la spiritualità e ora anche le loro piantaggioni e coltivazioni, solo ed esclusivamente per i capricci di un ingordo Nord. Allora spesso nell'uso degli allucinogeni c'era un profondo senso e significato che con gli anni è stato stravolto e riassorbito dal sistema.
"Milioni di frocie in tutto il mondo, se non diventano una fetta di mercato, potrebbero essere destrutturanti e pericolose per il sistema: per questo devono essere neutralizzate". Oltre che la tua trentennale esperienza nel movimento, quanto ha inciso su questi tuoi convincimenti l'analisi di Mario Mieli?
Di Mieli, che pure incontrai personalmente, ignoravo buona parte del pensiero. Mi ci sono imbattuta più tardi e l'ho trovato molto congeniale al mio. Del resto provenivamo entrambe dalla stessa scena politica e culturale: i suoi "Elementi" rappresentano "Il Capitale" del movimento GLbT.
A distanza di più di trent'anni da allora, il sistema "veterosessuale" torna a minacciarci. Per te che sei impegnata anche in Facciamo breccia, cosa deve significare oggi la consegna di un "orgoglio laico"?
Oggi come ieri, durante l'Inquisizione o le dittature del '900, emerge la stessa identica logica che vorrebbe annullarci. Prima ci bruciavano vive, poi ci hanno sterminato a Bergen Belsen (Anna Frank fu una delle 70.000 persone trucidate solo in quel campo), oggi armano la mano dei nostri tanti assassini: cosa è cambiato?
"La fantasia al potere", "Una risata vi seppellirà", "Vivi come se sognassi, ma non limitarti a sognare di vivere", "Se si ignora la propria storia, è impossibile costruire il proprio futuro": sono parole d'ordine del '68 che, nei momenti chiave del tuo libro, non ti stanchi di rilanciare...
Sì, solo la felicità e l'autoironia che hanno sempre cercato di toglierci possono restituirci la liberazione. Dobbiamo sforzarci di ridere, fragorosamente, alla faccia della loro mortale serietà!