Noi e gli altri. Riflessioni sullo scrivere gay, è una serie di incontri con scrittori italiani e stranieri avvenuti tra il 1983 e il 2007.
Venti gli autori curati da Gnerre che ha montato le 27 interviste a lui rilasciate in epoche diverse (su Babilonia, Hot-line, Pride); altri quattro sono stati interpellati da Leonardi.
Il tutto accompagnato da due brevi saggi: "Un trentennio di letteratura gay", sulle origini e l'evoluzione della narrativa omosessuale angloamericana, dal romanzo pre-Stonewall al gay novel; e "La letteratura gay in Italia", che indaga la pervicace diffidenza di molti scrittori dello Stivale a dichiararsi, insistendo sulla strategia del silenzio e le censure dei sistemi "universalistici" predominanti nella nostra cultura, per concludere individuando in Tondelli una via italiana alla rappresentazione delle realtà gay.
Gli scrittori gay di tutte le età affrontano nei loro testi le difficoltà del 'dichiararsi', i mille modi di incontrarsi e fare l'amore, lo scontro con lo stigma sociale, il rapporto con la sofferenza, la vecchiaia, la morte: tutti elementi irrinunciabili del loro immaginario. Gli autori che voi avete incontrato nell'arco di venticinque anni hanno spesso insistito sul fatto che noi persone glbt abbiamo un passato, un passato che dobbiamo ricordare se vogliamo procedere nel nostro cammino di liberazione, di piena dignità e parità di diritti...
Sì, questo mi pare un aspetto fondamentale ed è alla base di questo libro. Gli scrittori inventano storie, vedono ciò che gli altri non riescono a vedere, fanno emergere la complessità dei problemi, sono un po' la coscienza critica del loro tempo ed è interessante, secondo me, confrontarci con quello che pensano su questi temi. Per i gay e le lesbiche la letteratura è molto importante. A differenza di altri gruppi marginalizzati, che, fin da piccoli, riescono a farsi una ragione della loro realtà, che sentono raccontare storie in merito alla loro condizione di esclusione e di marginalità, i gay e le lesbiche crescono isolati in ambienti di solito ostili. La cultura, la storia ufficiali ci ignorano e quando, per esempio, si parla di scrittori gay, lo si fa come se si trattasse di eterosessuali, o come se non importasse affatto la loro identità. Il ragazzino gay è ancora terribilmente solo, è come se, per citare una nota studiosa americana, ci si guardasse allo specchio e non si vedesse nulla. Anche da questo, dall'assenza di una storia e di una cultura condivise, dal silenzio colpevole delle istituzioni, nasce la disperazione di tanti ragazzini che si scoprono gay. La scoperta e l'elaborazione di un passato, di una storia e di una memoria sono momenti importanti in ogni percorso di libertà.
Alcuni giovani scrittori gay per non "ghettizzarsi" sembrano voler rinunciare a quello che sono e alla loro cultura (in senso stretto e antropologico) in modo da raggiungere un pubblico più vasto. Non c'è il rischio dell'omologazione, di edulcorare contenuti e stile a scapito della qualità e dell'autenticità della scrittura?
Questo discorso del "ghetto", se debbo dire la verità, lo trovo sbagliato, fuorviante e fastidioso. I ghetti non li crea mai chi ci sta dentro. Nel momento in cui non siamo cittadini come gli altri, siamo in un ghetto e non lo abbiamo certo scelto noi. Se gli altri sanno che sei gay ti mettono automaticamente in un ghetto. Per uscirne non basta far finta che il ghetto non esiste solo perché qualcuno ci dice che non è giusto ghettizzarsi, dobbiamo piuttosto lottare perché scompaiano le premesse del ghetto.
Forse non sempre ce ne rendiamo conto, ma quando facciamo finta di non essere nel ghetto, è perché rinunciamo ad una parte importante di noi per adeguarci alla cultura della maggioranza. Che poi i gay e le lesbiche dagli anni Settanta in poi abbiano cercato di rendere vivibili i ghetti, meno male! Per me "il ghetto gay" che ho scoperto negli anni Settanta a Roma è stato un' importante scuola di vita. Mi ha liberato da tante paure, mi ha fatto capire tante cose e mi ha fatto vivere tante esperienze belle e interessanti. Quanto agli scrittori, ognuno segue la sua ispirazione e racconta il suo mondo. Se lo fa bene, sarà un bravo scrittore. Se cerca di confezionare a tavolino un libro "per tutti" per non apparire troppo gay, rischia di suonare falso e i lettori se ne accorgono.
Edmund White è uno scrittore gay, scrive libri in cui parla quasi esclusivamente di omosessuali e di omosessualità ed è considerato, giustamente, un maestro della letteratura contemporanea da tutti, non solo dai lettori gay.
Sugli scaffali delle Babele (RM, MI) e degli altri punti vendita di settore i libri godono di maggiore 'longevità' rispetto a quanto avviene per le opere non gay nei grandi e piccoli supermarket del libro. Forse perché, in assenza dell'esasperata competività del mercato 'eterosessuale', agli autori gay è lasciato più tempo per 'trovare' i propri lettori?
Il mercato odierno è terribile. Un libro sta nelle grandi librerie pochissimo tempo e subito viene soppiantato da altra carta stampata. Un libro dello scorso anno già non lo trovi più e non c'è più nemmeno molta differenza tra libri importanti e libri inutili. Editori e librai non sono più interessati alla qualità e per i lettori un po' ingenui è sempre più difficile orientarsi. Per questo la funzione delle librerie gay secondo me è importantissima e dobbiamo fare attenzione a che non vengano soppiantate dai grandi supermarket. Nelle librerie gay è ancora possibile avere l'idea di una storia e di una memoria di cui parlavamo prima.
Le antologie di racconti gay e lesbici godono di grande popolarità: penso alle serie "Men on Men" (a cura di D. Scalise) e "Principesse azzurre" (a cura di D. Vaccarello), ma anche alle raccolte di singoli autori, come le struggenti novelle di "Prendere o lasciare" di Fabio Bo (Edizioni del Cardo). Non sarà che noi lettori siamo consapevoli del fatto che l'esperienza omosessuale è troppo variegata per poter essere narrata da una sola voce o costretta in un'unica trama romanzesca, e che stare ad ascoltare questa diversità ci piace un sacco? Raccontarci le nostre storie non ti pare il passatempo più diffuso nella comunità glbt?
Anche io credo che in genere gay e lesbiche leggano di più. La costruzione della propria identità non avviene solo confrontandoci con la realtà, ma anche con l'immaginario e per molti giovani il confronto con l'immaginario letterario ha ancora un ruolo importantissimo. Forse è anche vero che le nuove generazioni amano leggere racconti brevi piuttosto che Proust o Thomas Mann. È una realtà, ne prendo atto, ma non mi fa fare salti di gioia. Amo i racconti, ho trovato straordinari quelli di Fabio Bo, ma mi piace anche immergermi in un grande romanzo e vivere per più giorni in compagnia di quei personaggi, in quel mondo che mi diventa sempre più familiare. Spero che la lettura, certo più agevole e veloce dei racconti, non metta in secondo piano le 350 pagine dell'ultimo straordinario libro di Edmund White "My Lives", o le quasi 400 pagine di "The Master" di Toibin, per citare alcuni dei libri voluminosi che recentemente ho amato.
12 maggio 1977: a Roma Giorgiana Masi viene assassinata dalla polizia (in) borghese durante una manifestazione che festeggia la vittoria sul referendum clericale che quattro anni prima voleva cancellare il divorzio. Ai funerali uno dei quattro che regge la bara è il radicale Rutelli che, divenuto nel 1994 sindaco di Roma col sostegno della comunità glbt, accompagnerà il primo grande Pride nella capitale. 12 maggio 2007: in risposta all'happening delle famiglie anti-divorzio, anti-aborto, anti-DiCo e anti-omosessuali, "Orgoglio laico" dà appuntamento a Piazza Navona. Sono trascorsi trent'anni e Rutelli ora si limita a commentare che, se non avesse occupato delicati incarichi di governo, si sarebbe senz'altro unito al picnic cattolico di San Giovanni. A molti altri politici e scrittori "gay friendly" è occorso assai meno tempo per rinnegare il loro elettorato/pubblico. Si tratta di una individuale 'maturazione' (= rincoglionimento?) legata all'età, di delirante febbre da successo, o siamo ancora una volta alle prese col solito, vecchio trasformismo italiano?
Cosa dire? Rincoglionimento, delirante febbre di successo e vecchio trasformismo italiano a volte coesistono nella stessa persona e forse, come dici tu, la figura di Francesco Rutelli è emblematica di questa realtà. In una delle ultime interviste del nostro libro, Gianni Farinetti rievoca "un giovanissimo Rutelli pariolino" che frequentava, al seguito di Marco Pannella, la Torino degli anni Settanta, di Angelo Pezzana e del FUORI. Poi cosa è successo? Bisogna chiederlo a loro. Sinceramente a me in questo momento personaggi come Rutelli sembrano poco interessanti. Posso dire però che la realtà che vedo non è così drammatica e non è fatta solo di Rutelli & C. Il 31 maggio abbiamo assistito in televisione alla trasmissione di Santoro sui preti pedofili, un esempio per tutti di informazione corretta, e abbiamo visto come anche l'arroganza di certi personaggi di fronte alla verità dei fatti e dei documenti, può vacillare. Tanti scrittori, anche italiani, la realtà gay e lesbica la rappresentano in tutte le sue sfaccettature e le sue complessità, al di là delle banalizzazioni e delle semplificazioni che si vorrebbero imporre. Una cultura sempre più attenta esiste. Le ultime ricerche di Barbagli e Colombo sugli "Omosessuali moderni" mi sembrano confortanti e anche nelle Università qualcosa di positivo comincia a muoversi. Certo è un momento molto difficile e i nostri nemici ormai non vanno molto per il sottile, procedono come carri armati, ma mi pare che stiamo imparando a difenderci e se riusciamo a far capire, cosa che sta avvenendo, che il tema del riconoscimento dei gay è un tema di democrazia che riguarda assolutamente tutti, forse possiamo contribuire anche noi a migliorare un po' questo mondo.