Il cantante Dario Gay si racconta senza veli, dagli inizi della carriera al Pacs day.
Ti sposerò è il suo nuovo singolo dedicato al compagno Marco, con il quale, al momento di scrivere queste righe, stava per pacsarsi simbolicamente, partecipando il 21 maggio al Pacs day a Roma.
Abbiamo intervistato il cantante Dario Gay, due volte protagonista del Pacs day. Infatti, pochi giorni dopo questa intervista, durante il Pacs day del 21 maggio a Roma, si sarebbe unito simbolicamente con il suo compagno, Marco.
Inoltre la sua bellissima e coraggiosa canzone Ti sposerò, dedicata proprio a Marco, era già stata scelta come sigla dell'evento, e a ragione, dato che per le sue qualità è destinata a diventare sicuramente l'inno di tutto il movimento del Pacs.
Il brano, melodico e allegro, è contenuto nella Pride compilation e nel nuovo mini Cd del cantante, in vendita sul sito www.dariogay.it.
Dario, cominciamo dal tuo cognome. è vero, o è un nome d'arte?
Tutti pensano che sia un nome d'arte, invece è il mio cognome autentico, e si pronuncia "gài" (non "ghéi").
Agli inizi della carriera la casa discografica, e i produttori, m'imposero di cambiarlo, e i primi dischi furono pubblicati con il nome di Dario Gai perché non si pensasse che "gay" fosse stato scelto per lasciar sottintendere qualcosa, e per evitare difetti di pronuncia... che in effetti avvengono ancora oggi.
Allora possiamo dire Dario Gay... gay!
Sì: "un nome, una garanzia"; oppure, "un nome, un destino"!
Venti anni fa, quando hai iniziato la tua carriera, eri già gay dichiarato?
No, ero molto giovane e dovevo ancora accettarmi e capirmi. In seguito, quando ho partecipato a Sanremo, convivevo già con un uomo, ma dovevo tenerlo nascosto perché i discografici dicevano di voler puntare alle ragazzine, nonostante poi mi facessero presentare al festival una canzone sui transessuali!
Essere gay ti ha quindi creato problemi, nell'ambiente discografico?
Mi hanno fatto una specie di cortina intorno. "Sapevano" bene, conoscevano anche il mio compagno di allora... però mi hanno impedito di dirlo.
Anche Enrico Ruggeri, con cui collaboravo, non "sapeva": per qualche anno c'è stato un po' un segreto. Lui non capiva perché io non partecipassi ad alcune cose tipicamente eterosessuali, credeva che fossi uno molto riservato ma gran figaiolo... In realtà pensavo ad altro!
Hai partecipato due volte al festival di Sanremo, nel 1990 con Noi non diciamo mai mai e nel 1991 con Sorelle d'Italia, una canzone dedicata ai trans. Che cosa ricordi di quell'esperienza?
Sono stati momenti molto importanti ed emozionanti, che mi hanno permesso di vendere qualche disco. Però li ho vissuti in maniera strana.
Erano gli anni in cui il festival si svolgeva al Palafiori, con la gestione di Aragozzini, ed era stata reintrodotta l'orchestra dopo tanti anni ed in più c'erano gli stranieri che facevano le cover in accoppiata con gli italiani, quindi ero molto distratto da queste presenze magiche, da Tina Turner a Grace Jones.
Sorelle d'Italia lo avevo nel cassetto da un anno: in realtà io avevo proposto un'altra canzone più melodica e sanremese, invece i discografici, stranamente, vollero andare con una cosa più provocatoria.
A quel punto sposai la causa, anche se era una canzone difficile.
Mi ha creato persino dei problemi, sul Corriere della Sera uscì un articolo in cui si leggeva che io e la Parietti eravamo stati denunciati. Io dagli autotrasportatori, perché si offesero per il testo della canzone, in cui parlavo dei camionisti che andavano con i viados.
Alba invece perché diede del "bifolco" ad Aragozzini, e l'associazione degli agricoltori la denunciò per diffamazione....
Che riscontro hai avuto dai travestiti e dai viados?
Bellissimo! Dopo un mese feci un servizio con un giornalista che mi portò in giro nei luoghi in cui battevano. Lui mostrava il mio Cd ai viados chiedendo se lo conoscevano.
A un certo punto una si avvicinò, mi salutò e mi disse di aspettare un attimo, andò alla sua macchina e prese il mio Cd per farmelo vedere e mi disse: "Tu hai scritto una cosa bellissima!". Poi chiamò tutte le sue colleghe, ci fermammo ad un baracchino, mi offrirono da bere e passammo un po' di tempo insieme. Erano molto contente che qualcuno avesse parlato di loro in maniera allegra e prendendo le loro parti.
La canzone mi nacque vedendo un gruppo di donne, di fronte al locale La nuova idea, di Milano, che manifestavano con alcuni cartelli con scritto: "Le vostre mogli sanno che venite qua?", riferendosi agli uomini che vanno con i viados. La trovai una cosa talmente antipatica che mi venne la voglia di scrivere un inno per loro.
Con la canzone "Basta con le favole", nel 1995, hai collaborato con Renato Zero. Molti pensano che Zero abbia un atteggiamento ipocrita nei confronti del movimento gay: tu che ne pensi?
Sul personale di Renato non so cosa dirti: io l'ho conosciuto molto bene e poi, soprattutto in quel periodo, ci vedevamo spesso.
Della sua vita privata però non so niente: posso solo dire che nei miei confronti è sempre stato molto carino. Sul suo privato in realtà non sa niente nessuno: sappiamo solo che ha adottato un figlio.
Non credo comunque che debba esserci un obbligo al coming out. Lui ha sempre giocato con l'ambiguità, non si è mai nascosto: è come se avesse interpretato un personaggio.
La nostra collaborazione fu molto bella, lui seguì la lavorazione del disco che uscì per l'etichetta Fonopoli, e abbiamo fatto molte serate con altri artisti, Loredana Bertè, Rita Pavone, Biagio Antonacci. Avevo scritto anche una canzone ispirata al romanzo Prima che sia notte di Arenas, che parla degli omosessuali cubani, che a Renato piacque molto.
Poi provinò anche una mia canzone, che purtroppo è ancora inedita. Ma ho avuto il brivido di sentirla cantata da lui.
La tua canzone Domani è primavera è stato l'inno del gay pride 2001. Vuoi raccontarci com' è stata scelta?
Tutto è nato da un incontro con Paolo Ferigo, presidente dell'Arcigay di Milano, che mi chiese di collaborare. Io accettai partecipando alla manifestazione e a tutte le iniziative possibili.
In quel momento sentivo molto il desiderio di scrivere canzoni molto dirette, non avevo più voglia di scrivere cose asessuate. Se io parlo di un amore verso un uomo voglio farlo apertamente, e in quel periodo mi sentivo pronto.
Nel 2002 invece hai partecipato al Gay song contest di Colonia...
Sì, con il brano Le nuvole in duetto con L.A. Cristiana, che in quell'anno fece a sua volta la sigla del pride nazionale.
Portammo l'Italia al terzo posto, in questo festival molto bello e molto ben organizzato, con un pubblico che non ci conosceva e che ci ha accolti benissimo: fu molto emozionante.
Io ero in un periodo di crisi, e questo fatto mi dette un sacco di carica.
Parliamo allora di questo tuo nuovo singolo, Ti sposerò e della decisione di pacsarti con il tuo compagno.
Anche qui è stato tutto molto strano: una serie di combinazioni casuali...
Se credi nel caso...
No, non ci credo perché sono buddista.
La canzone però c'era già, poi ho avuto un incontro con l'organizzazione del Pacs day e qui anch'io ed il mio compagno abbiamo deciso di celebrare la nostra unione.
Quindi, oltre a portare questa canzone, che parla proprio di ciò che chiediamo, abbiamo deciso di unirci con il simbolico patto civile di solidarietà, per sollevare una piccola voce. Se una canzone può servire a dare un piccolo contributo, io sono qui.
Ti sposerò è stata poi inserita anche nella nuova Pride compilation e sono molto contento di aver partecipato all'iniziativa.
Il mio nuovo mini Cd è in uscita proprio negli stessi giorni del Pacs, e contiene anche un duetto con Rosario Di Bella (produttore del disco) che s'intitola Il muro, ed è la storia dell'abbattimento di una barriera di silenzi tra due persone, un etero ed un omosessuale. In questo dialogo a cuore aperto, si scoprono, si mettono a nudo.
È un po' la storia tra me e Rosario, che siamo amici da tanti anni, ma di certe cose abbiamo parlato più di recente.
Abbiamo un rapporto molto fraterno e complice, anche se molti pensano che non sia possibile; invece è molto bello che ci siano amicizie così profonde tra persone con un'indole differente.
In più c'è anche la versione remix di Ti sposerò che è molto trans!
Infine, uscirà anche un videoclip e, insomma, parteciperò a molte iniziative...
Credi che le radio ti trasmetteranno senza problemi o ci sarà una sorta di boicottaggio?
Credo che succederanno entrambe le cose: ci sarà chi boicotterà, ci sarà probabilmente anche una parte del pubblico gay che mi criticherà. Come invece ci sarà una parte, spero la più grande, che si riconoscerà in quello che dico.
Quando ho scritto questa canzone, non pensavo neanche di pubblicarla, avevo solo voglia di dedicare qualcosa al mio compagno, era una dichiarazione d'amore. Poi Rosario, che è un artista dotato di gran coraggio, ha deciso prendere in mano tutto il lavoro, e spero sia l'inizio di un qualcosa molto più grande.
Io non mi preoccupo delle reazioni, esprimo me stesso profondamente anche attraverso la musica, e questa è la cosa che più mi fa piacere.
Spero che la verità passi, perché quando qualcosa è costruita al tavolino si sente, mentre questo lavoro nasce dal cuore.
È da molto che hai una relazione con il tuo compagno?
Cinque anni di convivenza e venti di conoscenza. Una storia davvero strana: abbiamo avuto una love story quando avevamo diciotto anni, poi ci siamo ripescati dopo anni, e dopo una settimana già convivevamo.
Quindi già avete un ménage familiare?
Sì, con tutti gli alti e bassi...
Ci "sposiamo", ma spero esista anche la possibilità del divorzio! (ride).