Nato a Perugia, dove si diplomò in ragioneria, si trasferì all'età di ventitré anni a Roma, e qui visse quasi ininterrottamente fino alla morte.
Di carattere diffidente, condusse per tutta la vita un'esistenza appartata, preferendo alle occasioni mondane la compagnia dei suoi "fanciulli", e vivendo di lavori disparati (dalla "borsa nera" durante la guerra fino al commercio d'arte).
Frequentò però, con una certa assiduità, scrittori e poeti omosessuali, come Pierpaolo Pasolini, Elio Pecora, Dario Bellezza e altri.
Penna fu "scoperto" da un altro grande poeta italiano (anch'egli omosessuale) del Novecento, Umberto Saba (1883-1957), grazie al cui appoggio riuscì a pubblicare già durante il periodo fascista (il primo libro è del 1939), nonostante il carattere omoerotico e... pedofilo della sua opera.
Alla parsimoniosa produzione poetica (la si veda raccolta in: Poesie, Garzanti, Milano 2000) si affiancò la scrittura di novelle, raccolte in parte come Un po' di febbre (Garzanti, Milano 1973 e 1994).
L'amore per i ragazzi è onnipresente nelle delicate, liriche poesie di Penna. Ai critici che, pur trovando di grande valore artistico la sua opera, giudicavano (e giudicano) "sconveniente" la sua insistenza sul tema dell'amore omosessuale, Penna ribatté con versi beffardi: "Il problema sessuale/ prende tutta la mia vita./ Sarà un bene o sarà un male/ mi domando ad ogni uscita".
"Poeta d'amore" si definì polemicamente, e poeta così orgoglioso del suo eros paidikòs che in un'intervista fece sua la celebre dichiarazione di Satie: "Io non sono omosessuale, sono pederasta".
Nelle sue composizioni (in genere brevissime, di quattro righe o poco più) Penna abbozza con pochi tratti una situazione, un pensiero, un ritratto.
Fonte della sua ispirazione sono i "fanciulli": adolescenti o garzoni; il suo desiderio (anche fisico) è però delineato con straordinaria delicatezza e pudore. Persino le poesie che non volle mai rendere pubbliche perché da lui ritenute "pornografiche", si sono rivelate, dopo la pubblicazione postuma, castissime.
Sandro Penna è annoverato fra i massimi poeti italiani che hanno cantato l'amore omosessuale, e soprattutto fra i più grandi poeti italiani del XX secolo. La sua opera e la sua figura hanno conosciuto negli ultimi anni un ininterrotto processo di rivalutazione critica, peraltro iniziato già prima della sua morte.
Ciononstante la discussione della sua omosessualità continua a suscitare il massimo fastidio nei critici letterari italiani.
L'influenza di Penna sui giovani poeti omosessuali italiani è comunque oggi avvertibile in modo netto, al punto che non è eccessivo parlare di un suo influsso "formatore" sulla poesia gay italiana contemporanea.