Ho incontrato Richard Avedon una sola volta, nel gennaio 1995, a Milano durante l’inaugurazione di una sua retrospettiva sponsorizzata da Versace a Palazzo Reale. C’era pure Santo Versace, all’epoca con un accento calabrese talmente imbarazzante che ci sarebbe stato bisogno d’una sottotitolazione simultanea.
Avedon, ormai invecchiato, fu molto gentile e mi firmò alcune sue foto di Marilyn Monroe che m’ero portato all'uopo. Lui mi guardava e mi chiedeva: “Ma sei sicuro che l’abbia fatta davvero io questa? Ma che bella…”. Quando vide una copertina di Life con una Marilyn tutta glitter, nel 1959, chiamò la sua segretaria e gli disse: ”Guarda qui! Te ne ho sempre parlato di questa copertina. Non è bellissima Marilyn? Guarda che belle foto le ho fatto!”. Infantilmente stupito. Io ero sorpreso dei suoi commenti, lui delle sue stesse foto.
Capii che era una persona che viveva nel presente. Non riapriva quasi mai i suoi cassetti del passato. Non per paura della nostalgia, ma perché portato dalla sua innata curiosità ad una ricerca infaticabile verso il mondo che scorreva davanti ai suoi occhi. Non aveva perso un solo negativo o un solo ricordo del suo lavoro, ma li aveva meticolosamente ripiegati e schedati per bene in naftalina, messi da parte per non fare confusione.
Il bianco totale, delle pareti e del mobilio del suo studio a New York, rispecchiava fino in fondo questa sua mania per l’ordine e la pulizia.
Avedon mi disse che la foto più bella di Marilyn la possedeva lui e che non l’avrebbe pubblicata mai. Ma non era proprio “sua”: se l’era fatta da sola la Monroe con una macchinetta per fototessere che lui per un breve periodo si divertì a tenere nel suo studio. Una idea che poi il suo amico Andy Warhol gli copiò alla Factory.
Avedon fu uno dei fotografi che più di tutti ebbe una salda collaborazione artistica con Marilyn nel periodo newyorkese del suo matrimonio con Arthur Miller. Malgrado ciò, fuori dal set Avedon non la frequentava mai. Al di là del lavoro era asettico pure nei rapporti interpersonali.
In tutto la fotografò quattro volte, dal 1954 al 1959. Compreso un servizio per Life, nel 1958 (con Marilyn che interpretava i più grandi sex-symbol del passato, come Marlene Dietrich, Jean Harlow, Theda Bara e Clara Bow) ottenuto con molti faticosi giorni di lavoro in studio al quale lei aveva dato la stessa importanza ed impegno d’un intero film.
Fu l’apice della notorietà mondiale per entrambi.
Avedon era in quel momento famosissimo e immensamente ricco, tanto che al suo confronto il nobiluomo collega Cecil Beaton sembrava un eccentrico bohémien. Gay anch’esso... ma Avedon si distingueva per la seriosa facciata dottorale, accentuata da un paio d’occhiali, spessi e dalla montatura a farfalla. Lustrato, ordinatino e sbarbato sempre. Tanto perfettino da imporsi ben due matrimoni.
Sul lavoro, però, era una vera iena: le sue modelle le massacrava.
Con le donne in generale era acidissimo. Giusto con Marilyn, altra stacanovista della perfezione lavorativa, andò d’accordo. Lui le scattò di nascosto una delle immagini più belle dell’universo intero: stanca e allibita sul set, come fuori posto e con un volto stupito da bambina, truccata per gioco da adulta un po’ puttana.
Lì c’era il segreto di Marilyn, lì c’era la pura essenza dell’arte di Avedon. La sensibilità delle loro affini anime infantili s’era incontrata per sempre.
Ma Avedon fu l’unico dei suoi fotografi che non le dedicò mai un libro monografico. Né su di lei né su altre celebrità. Centellinava l’uso delle foto del suo archivio, a conti fatti uno dei più mastodontici del suo genere, pieno zeppo di tesori inediti. Si parla di vari milioni di scatti accumulati in sessant’anni di carriera. Tutti grandi capolavori.
Come sempre accade in questi casi ora ci toccherà assistere allo scempio e allo sfruttamento da parte degli eredi. Se i parenti sono serpenti, spesso si rivelano veri e propri cannibali sin da quando si è ancora vivi. La lista è lunga.
Nel caso di Avedon i guai incominciarono alla fine dell’ottobre 1993, quando tutti i telegiornali e la stampa portarono alla ribalta un caso squallido che lo riguardava. Una gigantesca macchia d’inchiostro che ne insozzava pubblicamente l'immagine di candido pudore. Tutto a per colpa della sua notoria, sebbene riservatissima, omosessualità.
A 70 anni appena compiuti, Avedon veniva trascinato in un’aula della Corte Suprema di Manhattan per difendersi dalle pesanti accuse della sua ex-nuora Elizabeth, divorziata nell’88 da John Avedon, figlio del fotografo: abuso di droga e pedofilia ai danni dei propri nipotini William, 13 anni, e Matthew, di 10.
Com'era accaduto in quei giorni a Woody Allen per colpa della ex-moglie Mia Farrow, pure per Avedon i documenti legali citavano a giudizio con dovizia di particolari scabrosi:
Dopo una gita a Disneyland nel 1991 uno dei miei figlioli si lamentò che il nonno entrava in continuazione nella stanza da bagno mentre faceva i bisognini o era immerso nella vasca.
Il vizietto sarebbe riemerso l’anno seguente. Durante un’allegra vacanza familiare a Venezia, i due ragazzini si lamentarono col padre John perché il nonno Richard entrava in cabina sulla spiaggia ogni volta che si spogliavano.
Quando William e Matthew gli chiesero di uscire - proseguì nel suo racconto la ricca signora – Avedon rispose loro “Che c’è di male? siamo tutti ragazzi, no?
Alcuni giorni dopo, a Parigi il fotografo si sarebbe precipitato nel bagno dell’esclusivo albergo dove risiedevano, per:
Insaponare la parte alta della coscia del nipote, tra le vivaci proteste del ragazzo che insisteva d’essere abbastanza grande da lavarsi da solo .
E poi la ex-nuora aggiunse:
Sia io che il mio ex-marito eravamo imbarazzati dal ben noto stile di vita omosessuale di Richard e certamente non ci fidavamo a lasciarlo solo con i bambini.
Che l’eccentrico e geniale Avedon non fosse il nonnetto tradizionale tutto favole e balocchi si sapeva già, ma da lì ad accusarlo di pedofilia e incesto ce ne corre.
La giornalista Alessandra Farkas sul Corriere della Sera scrisse intelligentemente in quei giorni:
A rendere perlomeno sospette le improvvise accuse della nuora – oltre alla loro tardività rispetto alla data delle presunte molestie – è anche la presenza di un preciso movente, simile a quello di Mia Farrow.
La ex-signora Avedon si trova infatti nel bel mezzo di una vetriolica disputa legale con l’ex-marito per strappargli la custodia, ora congiunta, dei due figli. Che pare preferirebbero stare col padre. La Avedon esige dal suocero anche 5 milioni di dollari per danni psicologici, oltre a un’ingiunzione del giudice per vietare ad Avedon di vendere o esporre foto di lei e dei due figli. Alcune di queste sono apparse nel patinato e recente librone “An Autography by Richard Avedon”.
“Ne esistono altre, tutti nudi, scattate quando i miei figli erano molto piccoli”- incalza Elizabeth- “Le rivoglio indietro, insieme ai negativi”.
Avedon negò ogni addebito. E suo figlio John lo difese: "Soltanto una donna profondamente vendicativa e schizzata può sfruttare i propri figli in pubblico e mentire così apertamente su mio padre per fini di lucro".