La sua battuta preferita era: “Per favore, non dite che sono principe, ma che faccio il commesso in un negozio di vini”. Lo diceva seriamente, credendoci, e non per far vedere che era “democratico”. Con una semplicità che lo ha accompagnato per tutti i 50 anni della sua vita, Caracciolo, principe di Avellino e Torchiarolo, aveva spiegato a Berenice che non si poteva vivere sugli allori di una nobiltà che non aveva più senso, e che bisognava cercarsi un lavoro qualsiasi.
A lui piaceva fare l’attore, ed aveva trovato in Fellini il primo di una serie infinita di personaggi del mondo dello spettacolo che ne apprezzavano lo humor, l’abilità, l’incredibile candore. L’ultimo era stato Renzo Arbore, che l’aveva voluto come “ragazza coccodé” in Quelli della notte.
All’Ompo’s aveva ballato in una particolarissima e divertentissima versione del “Lago dei Cigni”, mentre la sua imitazione di Sophia Loren nella scena dello stupro nella Ciociara, è diventata un classico.
Era uno dei personaggi più popolari e più amati all’interno della comunità gay romana. “Era impossibile odiare Franco Caracciolo”, ricorda Anselmo Cadelli della Gay House, “qualsiasi cosa facesse, anche la più truce, anche la più diabolica, tutti sapevamo che non ci metteva né malizia né cattiveria. Si faceva amare essendo semplicemente se stesso”.
L'Aids ce lo ha tolto il 3 novembre 1992.