"Mi hanno dato una medaglia per aver ammazzato due uomini, e mi hanno cacciato dall'esercito per averne amato uno".
Questa iscrizione, Matlovich l'aveva voluta nel marzo precedente la sua morte, al Congressional Cemetery di Washington, mentre l'aids se lo stava rapidamente portando via e aveva deciso di dare un senso ad ogni suo gesto, ad ogni sua parola.
Era nato il 6 luglio del 1943, da un sergente maggiore dell'Aviazione, e trascorse la sua intera giovinezza nelle basi militari di mezzo mondo.
A 19 anni seguì il padre nell'Air Force.
Sergente dell'aviazione in Vietnam, Matlovich era stato decorato tre volte, ricevendo la "Stella di Bronzo" per aver coraggiosamente difeso la sua postazione da un attacco dei vietcong, uccidendone due, l'"Air Force Commendation Medal" e l'onorificenza "Purple heart" per le ferite riportate in battaglia.
Tornò in patria nel 1971, diventando istruttore sulle relazioni razziali.
Il 22 ottobre del 1975 era stato congedato dall'esercito per aver confidato la propria omosessualità a un suo superiore, il comandante della base aerea di Hampton, in Virgina, colonnello Charles Ritchie. Non era stato sorpreso in situazioni imbarazzanti e avrebbe potuto benissimo fare a meno di esporsi, ma aveva sentito l'impulso morale di essere finalmente sincero di fronte a se stesso ed all'intera società; così, incoraggiato dall'attivista per i diritti civili gay e presidente della "Mattachine Society" Frank Kameny, decise di "uscir fuori" sfidando la politica discriminante dell'esercito Usa.
Aveva un'anima conservatrice e, nel 1979, si presentò alle elezioni per la carica di supervisor a San Francisco, nelle liste del Partito Repubblicano.
Più tardi, la paranoia sull'aids che colpì gli Stati Uniti lo costrinse a chiudere la pizzeria che aveva aperto a Guerneville, sempre in California.
Partecipò alla campagna lanciata da numerosi gruppi gay per chiudere le saune, visto che cominciava ad essere chiaro che la comunità stava suicidandosi nei bagni di San Francisco e di New York.
Nel 1980 il giudice federale Gerhard Gessell riconobbe che l'Aviazione aveva agito in base ad un insieme di pregiudizi personali dello Stato Maggiore e non applicando una precisa norma giuridica. Di conseguenza, ordinò che il sergente venisse riassunto, promosso di grado e che ricevesse tutti gli stipendi arretrati.
Matlovich si accordò privatamente con l'esercito accettando di chiudere il caso in cambio di 160.000 dollari ed al congedo "con onore".
Immediatamente dopo l'Aviazione intervenne per chiarire una volta per tutte la propria politica sull'argomento e l'anno successivo, 1981, afferrò a chiare lettere il suo diritto di cacciare ogni militare omosessuale, anche se nascosto, velato, represso, vergine o casto, sia uomo che donna.
Dopo che nel 1975 il settimanale "Time" gli dedicò la copertina e il titolo "Io sono un omosessuale" (all'epoca si diceva ancora così!), Matlovich divenne un eroe della comunità gay americana allora nel pieno della sua espansione in seguito ai fatti dello "Stonewall" del 1969.
Lavorò in varie iniziative mirate al raggiungimento dei diritti civili e contribuì alla fondazione della "Never Forget Foundation", un gruppo che si era prefisso lo scopo di erigere monumenti ai leader gay del passato considerato che, purtroppo, spesso cadono nel dimenticatoio vista la mancanza di solide strutture culturali e rituali all'interno della comunità.
La sua storia era già stata oggetto di un programma televisivo parecchi anni prima.
Subito dopo la sua morte, avvenuta in casa di un amico a West Hollywood, all'età di 44 anni, lo scrittore di San Francisco Mike Hippler ci pubblicò un libro.